Istruzioni per l’uso. Nelle fabbriche metalmeccaniche si stanno svolgendo in questi giorni e fino al 10 ottobre le assemblee per valutare la piattaforma che le tre organizzazioni sindacali FIM-FIOM-UILM presenteranno alla Federmeccanica-Assital per il rinnovo del contratto nazionale 2020-2022.
Quelle che seguono sono delle istruzioni per chiarire agli operai che parteciperanno a queste assemblee quanto questa piattaforma sia una palla senza fine, identica a se stessa da anni, e senza precisi e reali obiettivi di difesa e miglioramento della condizione operaia.
Prima osservazione, non si capisce bene cosa concretamente il sindacato chieda agli industriali. Questo linguaggio usato dai burocrati sindacali va superato. È fatto apposta per poter sostenere che c’è di tutto mentre non c’è niente di concreto, è frutto di mediazioni fra gruppi dirigenti, limando e impastando ogni cosa per non scontentare nessuno ma sacrificare i bisogni operai.
Sfidiamo chiunque a capire cosa chiedono sull’informazione, sulla riduzione dell’orario di lavoro, sulla sicurezza… Solo frasi fatte, riconoscono anche loro che alcuni impegni del precedente contratto sono rimasti lettera morta, ma ripetono le identiche richieste senza un minimo di bilancio. Nove pagine pieni di luoghi comuni sindacali.
Seconda
osservazione su 9 pagine solo 23 righe sulla questione degli
infortuni, eppure muoiono su lavoro in media quattro operai al
giorno. Solo per questo i sindacalisti seduti ai tavoli delle
assemblee andrebbero “accompagnati fuori”. Una piattaforma in
questa situazione di emergenza doveva affrontare la gestione della
sicurezza in fabbrica rivendicando misure chiare di prevenzione.
Nelle 23 righe si parla di formazione, di informazione sui rischi, di
ruolo delle RLS ma senza mai definire la possibilità di intervento
diretto e immediato per fermare lavori non svolti in sicurezza, senza
rivendicare, oggi, la possibilità che qualunque operaio possa
sospendere lo svolgimento di un’attività che ritiene pericolosa e
sottoporla alla valutazione dell’RLS senza rischiare provvedimenti
disciplinari di qualunque tipo. Puntando sull’obiettivo della
formazione, quell’oretta di spiegazione all’anno, si sposta il
problema dal conflitto oggettivo di interessi fra operai e padroni –
fra profitti e costi della sicurezza- alla mistificazione che gli
operai muoiono perché non sono “informati”. Ma forse, in realtà,
non sono informati
sui rischi che corrono a
lavorare su macchine che
non hanno adeguate
misure di sicurezza, sui pezzi da spostare in tempi contingentati,
sulla pericolosità delle sostanze che
maneggiano, poiché
richiedono
al gestore dell’impresa costi e tempo
per essere messe
in condizioni di non nuocere.
Terza osservazione, i salari operai sono bloccati sostanzialmente da 17 anni, lo dice il Censis. I profitti invece aumentano di anno in anno e gli azionisti si dividono gli utili prodotti dal lavoro operaio aumentando la loro ricchezza. In una situazione del genere la richiesta dell’aumento dell’8% sul TEM e cioè sul trattamento economico minimo che corrisponde ai minimi tabellari è veramente misera. Siamo a circa 127 euro di aumento al mese per un operaio di terzo livello, lordi. Ma siccome non si compra con il lordo ma con il netto dobbiamo ridurre di circa il 25% la cifra, 96 euro. E questa è la richiesta che verrà ridimensionata sicuramente nel corso della trattativa. Per noi i dirigenti sindacali, nelle loro richieste, si basano soprattutto sui piagnistei degli industriali, sui centri studi di Confindustria. Questi piangono miseria sempre e comunque. Un sindacato che si rispetti sa leggere altri dati, il rapporto fra salari e costo della vita reale, sa confrontare il salario in Italia e quello negli altri paesi europei, sa da quanto tempo non viene fatta un recupero salariale consistente. Dei sindacalisti dalla parte degli operai, e non è il caso dei dirigenti di FIM-FIOM-UILM, avrebbero dovuto porre come rivendicazione un aumento di almeno il 12%. Due anni trascorsi e due futuri fanno in tutto un’inflazione da recuperare, approssimandoci alla realtà di un aumento del costo della vita del 3% ogni anno, del 12%, circa 190 euro al mese. Senza questo recupero, anche se Federmeccanica accettasse di sottoscrivere gli aumenti richiesti nella piattaforma, saremmo alla fine del biennio sicuramente più poveri di prima. Non parliamo dei benefits, dei buoni spesa con i quali dobbiamo comprare dove e come vuole il padrone, scelta che penalizza di conseguenza l’aumento sui minimi contrattuali.
Quarta ed ultima
osservazione, la piattaforma prosegue sulla scia del contratto del
2016 che è stato un fallimento. Tutti riconoscono che gli operai
sono diventati più poveri e le condizioni di lavoro più pesanti.
Ma per i capi sindacali ciò non conta niente, ciò che conta è lo
stato dei profitti delle imprese non la condizione economica degli
operai. Da questa scelta, che li contraddistingue da anni, escono
fuori piattaforme rivendicative da quattro soldi, per questo bisogna
votare NO. Non c’è bisogno del nostro consenso per chiedere
un’elemosina, ma ci sarà bisogno invece dei nostri scioperi.
E.A.
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