Con la vicenda dello sciopero alla tintoria Superlativa e le sanzioni elevate dalla questura di Prato viene in luce un lato dei decreti sicurezza che a nessuno interessa denunciare, quello contro gli operai.
Il
Testo del decreto legge n. 113 del
4 ottobre 2018, “Disposizioni
urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione,
sicurezza pubblica…”, voluto
fortemente dall’allora ministro dell’interno Salvini e approvato dal
primo governo Conte, oltreché dettare norme repressive al limite
della vera e propria tirannia nei confronti dei migranti e sopratutto
nei confronti dei permessi di soggiorno rilasciati per motivi
umanitari, contiene
una
serie di articoli con cui si colpiscono tutte le possibili proteste
che gli operai potrebbero mettere in atto come mezzo di difesa del
proprio posto di lavoro od in occasioni di scioperi particolarmente
conflittuali.
Il decreto, specificatamente negli articoli 23, 30
e 31ter del capo III, fa riferimento ad articoli del codice penale
già
limitativi della libertà d’azione nelle proteste e ne aggrava il
peso, stabilisce infatti la condanna a multe esorbitanti nei
confronti di coloro che occupano una strada. In soldoni, gli operai
che per proprie ragioni conflittuali contro il padrone di turno
organizzino un presidio, un blocco stradale o un invasione di sede
stradale, vengono puniti con pene pecuniarie che arrivano fino a 4000
euro. Immaginiamoci come queste multe possano influire sulla vita di
un operaio che a fatica raggiunge un salario al limite del
sostentamento economico. Una sola di queste multe può comportare il
collasso immediato della sua sopravvivenza.
L’articolo 1-bis
del
decreto in questione sancisce infatti il pagamento di salatissime
multe a chi semplicemente occupa anche momentaneamente una sede
stradale: «1.
Chiunque impedisce la libera circolazione su strada ordinaria,
ostruendo la stessa con il proprio corpo, è
punito con la sanzione amministrativa del pagamento di un somma da
euro mille a euro quattromila. La medesima sanzione si applica ai
promotori ed agli organizzatori».
Il
primo caso di questo provvedimento è stato quello caduto sulla testa
degli operai della tintoria Superlativa di Prato. Ventuno multe da
quattromila euro notificate ad altrettanti operai, per un totale di
84 mila euro. Multe che hanno colpito questi operai scesi in strada,
nel mese di ottobre del 2018, durante uno sciopero per protestare
contro il fatto che il padrone non pagava loro lo stipendio da ben
sette mesi. Ma questo non sarà solo un caso isolato, all’orizzonte
si profilano decine di questi provvedimenti, sopratutto verso i
combattivi operai della logistica. Operai che costantemente, per
difendersi dalla prepotenza dei padroni, sono costretti a picchettare
le portinerie degli stabilimenti dove lavorano arrivando anche a
bloccare la sede stradale per affermare i loro diritti.
Il
secondo articolo che riguarda da vicino le lotte operaie e che può
colpire direttamente la risposta collettiva che gli operai possono
mettere in atto occupando la fabbrica è quello dell’articolo 30
sempre del capo III, che riscrive in peggio l’art. 633 del codice
penale: «Art.
633 (Invasione di terreni o edifici). – Chiunque invade
arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine
di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è
punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a
tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1032. Si applica la pena
della reclusione da due a quattro anni e della multa da euro 206 a
euro 2064 e si procede d’ufficio se il fatto è
commesso da più di cinque persone o se il fatto è
commesso da persona palesemente armata. Se il fatto è
commesso da due o più persone, la pena per i promotori o gli
organizzatori è
aumentata».
Immaginiamoci
una fabbrica in cui il padrone ha deciso di chiudere i battenti e di
licenziare gli operai. La risposta operaia alla chiusura potrebbe
anche essere quella di occupare la fabbrica per protesta o
addirittura per continuare la produzione, a questo punto la
Prefettura, al posto di avviare la consueta trattativa nel tentativo
di addivenire ad un accordo tra le parti, può, in forza della legge,
applicare l’articolo del decreto che prevede, oltre alla
determinazione di una multa consistente, comminare agli operai
occupanti il massimo della pena prevista; addirittura sino a tre
anni di reclusione.
Di fronte a questo decreto gli operai
dell’industria che intendono far valere i propri diritti e vogliano
contrastare l’ondata di chiusure delle fabbriche, che la crisi di
sovrapproduzione da capitale produce, devono obbligatoriamente
ricorrere ad una protesta concreta contro il decreto Salvini sulla
Sicurezza. Di fronte a questo decreto repressivo una riflessione da
parte degli operai è assolutamente necessaria. Arrivati a questo
punto non si può più pensare che il decreto sicurezza colpisca solo
ed esclusivamente i migranti. Questo decreto è stato pensato non
solo contro i poveri cristi al margine della società, ma è stato
sopratutto pensato per colpire il proposito degli operai
intenzionati in tutti i modi a difendere i propri interessi in prima
persona. La voglia di dimostrarsi agguerriti, sia per difendere il
proprio salario che contro i piani dei padroni che vogliono chiudere
le fabbriche, trova un deterrente enorme in questo decreto. Decreto
costruito appositamente dall’ex ministro dell’interno per fermare le
possibili lotte future. Un decreto antioperaio che apre una strada
fatta di denunce, minacce di galera e di multe stratosferiche a
carico di chi lotta seriamente.
D.C.
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