Chapeau, tanto di cappello agli operai e lavoratori in Francia. 38 giorni di sciopero costringono il governo ad una prima retromarcia. Non basta, la riforma delle pensioni deve essere ritirata.
Il
funzionamento del sistema pensionistico in Francia è abbastanza
complicato. Partendo dal dato di fatto che l’età pensionabile in
Francia risulta essere di 62 anni (ricordiamo che in Italia l’età
pensionabile è fissata per legge a 67 anni o 43 anni di contributi),
nella realtà varia, e di molto, per le diverse categorie di
lavoratori. Accordi sindacali di miglior favore per alcune categorie,
frutto per altro di scioperi e di guerre sindacali negli anni
passati, hanno creato condizioni di miglior favore per intere
categorie. Ad esempio i macchinisti delle ferrovie statali (Sncf)
possono andare in pensione a 50 anni, mentre i dipendenti della
metropolitana (Ratp) vanno a 55 anni ed i dipendenti delle società
pubbliche che forniscono gas ed elettricità possono andare in
pensione a 57 anni.
Un sistema diversificato che ha permesso di
gestire i fondi pensionistici direttamente ed autonomamente da parte
delle categorie di lavoratori interessati fissando, tra l’altro, la
pensione di riferimento con un ricalcolo che tiene conto dei migliori
anni degli ultimi 25.
Macron ed il suo governo hanno
deciso di mettere mano con una drastica modifica al sistema delle
pensioni, pensando di avviare una riforma che sostanzialmente innalzi
l’età della pensione, portandola per tutti a 64 anni, con la scusa
diminuire la spesa pubblica complessiva, ma nella realtà aumentando
solo ed immediatamente l’età pensionabile, abbassando la rendita
delle pensioni.
Già in passato ai presidenti che tentarono di
mettere mano alle pensioni andò male, Alain Juppé dovette fare i
conti contro il muro di operai e lavoratori che scioperando per ben
22 giorni batterono la sua riforma. Ora tocca al presidente Macron
misurarsi contro il nuovo fronte messo in campo da operai e
lavoratori francesi, che, con ben 36 giorni consecutivi di scioperi
(lo sciopero più lungo mai avvenuto in francia dal 1968), con
furiose manifestazioni di piazza ed addirittura ricorrendo ai
sabotaggi delle centraline di distribuzione dell’energia elettrica,
hanno costretto Jean Paul Delevoye (colui che ha redatto il rapporto
su cui è fondata la proposta governativa) a dimettersi ed a far fare
una mezza marcia indietro al governo di Edouard Philippe.
Il
primo ministro Edouard Philippe, costretto dagli scioperi, dai
tumulti di piazza e dal pieno sostegno agli scioperanti di oltre il
60% del “popolo francese”, che hanno sopportato in silenzio
le lunghe trasferte a piedi per raggiungere il proprio posto di
lavoro e le chilometriche code autostradali provocate dagli scioperi,
ha inviato una lettera sia ai sindacati che alla confindustria
francese in cui scrive: “Per
dimostrare la mia fiducia nei confronti dei partner sociali e non
pregiudicare il risultato dei loro lavori sulle misure da adottare
per raggiungere l’equilibrio 2027, sono disposto a ritirare dal
progetto di legge la misura di breve termine che avevo proposto,
consistente a convergere gradualmente a partire dal 2022 verso un’età
di equilibrio di 64 anni nel 2027”. Di
fatto un vero e proprio arretramento dalle spavalde condizioni con
cui aveva sostenuto la riforma, anche se per ora si tratta solo di
una momentanea sospensione.
La CGT al momento ha respinto al
mittente la lettera di Edouard Philippe sostenendo che “il
progetto di legge resta com’è, e altrettanto rimane forte la
determinazione del sindacato volta ad ottenere il ritiro del testo e
il miglioramento dell’attuale sistema”.
É pur vero che la CGT, spinta anch’essa dalla combattività messa in
campo dagli operai e dai lavoratori francesi, ha
dovuto per necessità prendere questa posizione ma è altrettanto
vero che mentre in Francia la CGT prende questa decisione,
l’equivalente italiano, la CGIL, negli ultimi anni, con i governi
amici, è solo stata capace di balbettare contro le varie riforme
delle pensioni che si sono succedute. Parliamo della CGIL che si
presenta come sindacato di sinistra, della CISL e UIL non trattiamo
nemmeno, da sempre apertamente compromessi con padroni e governo.
Dalla riforma Amato del 1992 sino all’attuale riforma Fornero le
mobilitazioni ed i ridicoli scioperi di poche ore, messi in campo
dalle Confederazioni, non hanno mai pesato minimamente nei confronti
delle misure prese dai governi che di fatto hanno portato i requisiti
per andare in pensione dai 35 anni del 1992 agli attuali 43 anni e ai
67 anni per quella di anzianità.
Per i nostri capi sindacali
ogni confronto con i francesi è del tutto impietoso. Figuriamoci se
i governi a fronte di timidi farfugliamenti e di poche ore di
sciopero abbiano mai avuto l’intenzione di pensare anche
momentaneamente di sospendere qualsiasi decreto. Ma i dirigenti della
CGIL, oltre a dimostrare la propria naturale incapacità di
organizzare scioperi pesanti viceversa si sono subito arrogati il
diritto di criticare gli scioperanti francesi sparlando a vanvera di
come il governo nella realtà non abbia fatto marcia indietro,
nemmeno momentaneamente. I commenti più vigliacchi, a questo
proposito si possono leggere anche sulle pagine dei più “cattivi”
oppositori interni della CGIL. Dall’ultimo funzionario al primo
segretario, per salvare la propria manifesta incapacità e il proprio
posticino, sono in un continuo minimizzare il risultato ottenuto
dalle lotte degli operai e lavoratori francesi. Quello che interessa
al sindacalismo nostrano è solo la conquista di un tavolo di
trattativa con il governo per poter concedere ai padroni qualsiasi
cosa a loro vantaggio purché questo li faccia passare per l’ennesima
volta per i salvatori della patria. Salvatori del sistema dei
padroni, a cui gli stessi padroni saranno eternamente grati.
É
inutile dire che le conclusioni e le critiche ed il bilancio delle
lotte degli operai e lavoratori in Francia spetterà solo a loro
stessi, di fronte a cui gli operai in Italia devono solo togliersi il
cappello.
D.C.
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