dal CORRIERE DELLA SERA
TORINO – Meno di tre mesi, senza pause ne’ a Natale ne’ nei weekend, per chiudere la prima fase dell[k]inchiesta sull[k]incendio che nella notte tra il 5 e il 6 dicembre costo’ la vita a sette operai della ThyssenKrupp. E un[k]ipotesi di reato che si annuncia pesantissima, normalmente estranea ai processi per gli incidenti sul lavoro: quella di omicidio volontario, contestata solo a uno degli indagati, l[k]amministratore delegato del gruppo in Italia, Harald Espenhahn, mentre per gli altri (Gerald Priegnitz e Marco Pucci, ai quali si sono aggiunti due dirigenti dello stabilimento torinese) resta in piedi il [k]classico[k] omicidio colposo. I tre pubblici ministeri, l[k]aggiunto Raffaele Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso, sono giunti in queste ore a depositare gli atti: oltre 40.000 pagine. Un centinaio di testimonianze raccolte durante un[k]inchiesta che ha rappresentato una priorita’ assoluta.
Troppo forte lo sdegno della citta’ e del Paese, le proteste dei sindacati, le immagini di sopravvissuti e parenti che ai funerali chiedevano, gridando, giustizia. L[k]inchiesta di Guariniello e’ iniziata gia’ nella notte del rogo, quando i pm sono arrivati all[k]acciaieria dove la linea 5 fumava ancora. Fin dall[k]inizio e’ stato chiaro che la decisione, presa un anno prima, di abbandonare lo stabilimento torinese per trasferire a Terni l[k]intera produzione italiana aveva comportato una sorta di [k]distrazione[k] nei confronti di quella fabbrica: niente lavori per installare nuovi impianti di sicurezza, scarsa attenzione alla manutenzione. La Procura ha ascoltato gli operai superstiti, come Antonio Boccuzzi e Giovanni Pignalosa, i dirigenti locali, come Arturo Ferrucci e Cosimo Cafueri, i pompieri (tra i quali il comandante Giorgio Mazzini, morto per un malore il 3 gennaio proprio mentre testimoniava a Torino), e il procuratore capo Marcello Maddalena si e’ impegnato davanti ai sindacati: [k]Questa inchiesta avra’ tempi rapidi, nulla verra’ trascurato, il processo arrivera’ al piu’ presto[k]. Il 13 dicembre, in Duomo, la citta’ si e’ stretta intorno ai primi quattro morti, ai quali ne sono seguiti altri tre: Antonio Schiavone, il primo a morire, come testimonia il piu’ drammatico dei filmati, poi Roberto Scola, Angelo Laurino, Bruno Santino, Rocco Marzo, Rosario Rodino’ e Giuseppe De Masi, che ha lottato fino al 30 dicembre. Un mese piu’ tardi, il 12 gennaio, da una perquisizione negli stabilimenti di Terni emerge, trovato nella valigetta di Espenhahn, un documento che aggiunge nuovo sdegno: in una memoria interna realizzata dopo l[k]incendio si informa la casa madre in Germania che [k]gli operai fanno gli eroi in tv[k], si sottolinea l[k]intransigenza della Procura torinese e si rievocano perfino gli anni di piombo, per spiegare che il clima in Italia e’ assai ostile nei confronti dell[k]azienda.
Dalle testimonianze dei dirigenti dell[k]Asl si apprende che alla Thyssen di Torino erano state contestate ben 116 violazioni alle norme di sicurezza, tutte negli atti che ora vengono depositati. Ma i punti-chiave dell[k]inchiesta sono altri: i due incendi nelle fabbriche del gruppo, uno a Torino nel 2003, l[k]altro in Germania, che pur senza fare vittime avrebbero dovuto allarmare i vertici della multinazionale. E che invece allarmarono soltanto le compagnie assicurative, che elevarono da 30 a 100 milioni la franchigia, proprio perche’ Torino non si era ancora dotata dei dispositivi di sicurezza gia’ in uso a Terni, come lo spegnimento automatico degli incendi. Ora la fabbrica maledetta chiudera’ per sempre, la notizia ufficiale arrivera’ entro febbraio. Poi, per circa due mesi, si consumeranno gli atti conclusivi dell[k]inchiesta, e gli indagati [k] che finora non hanno mai deposto in Procura [k] potranno chiedere di raccontare la loro versione dei fatti. Se la [k]buona giustizia[k] continuera’ a funzionare, l[k]udienza davanti al Gup e la richiesta di rinvio a giudizio arriveranno prima dell[k]estate.
Vera Schiavazzi
22 febbraio 2008(ultima modifica: 23 febbraio 2008)
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