da peacelink.it
Per chi brucia la Campania?
dopo essere stata per gli ultimi vent’anni almeno la “pattumiera dei rifiuti industriali di Italia” ora, per chi dovra’ bruciare la Campania?
8 giugno 2008 – Antonio Marfella
Considerato che:
1. Il recente Decreto Legge emanato dal Consiglio dei Ministri il 24 maggio 2008 prevede in Campania la installazione di 4 inceneritori per rifiuti indicando la portata di uno solo dei 4 (Acerra = 600.000 tonnellate/anno) . Dati ufficiosi sulla portata degli altri tre prevedono :
a) Salerno : 600.000 tonnellate/anno
b) S.Maria La Fossa : 400.000 tonnellate/anno
c) Napoli (est o ovest) : 400.000 tonnellate/anno
Per un totale quindi di 2 milioni di tonnellate/anno di portata per rifiuti solidi urbani.
2. il PIANO PASER 2007 (evidentemente non a conoscenza del Governo……) di sviluppo regionale della Regione Campania prevede altresi lo sviluppo di una serie di impianti di cosiddetto incerimento di biomasse sulla base di una stima di biomasse disponibili in Campania pari ad oltre 3,4 milioni di tonnellate/anno di biomasse disponibili, elaborata nel marzo del 2007. La disponibilita’ di biomasse stimata dalla stessa regione Campania nell’ottobre del 2006 si aggirava invece su 1.5 milioni di tonnellate di biomasse/anno rispetto ad una realta’ disponibile che, su stima della comunita’ di agronomi della Provincia di Benevento, non supera invece le 600.000 tonnellate/anno complessive reali. Si ricorda infatti che la stima di 3.4 milioni di tonnellate/anno di biomasse disponibili e’ pari a quanto stimato per la Regione Baviera (la Regione piu’ boscosa di Europa) e all’incirca pari al 50% di quanto stimato disponibile in Germania!
Sulla base di questa palese quanto falsa sovrastima di biomasse quindi sono in fase di avanzata progettazione/costruzione una serie di sovradimensionati impianti a biomasse distribuiti per la intera Regione Campania ma con maggiore concentrazione sempre nelle Province di Napoli e Caserta (Pignataro Maggiore, S. Vitaliano, S. Salvatore Telesino, Reino, Postiglione, Atena Lucana, ecc. ecc.) con portate variabili da un minimo di 40.000 tonnellate/anno ad un massimo di 150.000 tonnellate/anno (Pignataro Maggiore, Atena Lucana), per una “potenza di fuoco” complessiva non inferiore a 1.5 milioni di tonnellate/anno complessive.
La somma totale a regime di tutta questa serie di impiantistica “inceneritoristica” porta quindi ad una portata complessiva, in un Regione come la Campania (che sinora non ha visto la costruzione di un solo inceneritore a norma), pari a non meno di 3.5 milioni di tonnellate/anno di materiale da incenerire tra rifiuti e biomasse e si ricorda che in base a un decreto legge anche le cosiddette “ecoballe” sono potenzialmente in grado di essere riconducibili a biomasse da incenerire per termovalorizzazione.
3. La Campania produce circa 2.800.000 tonnellate/anno di rifiuti urbani cui si vanno ad aggiungere circa 6 milioni di tonnellate di cosiddette “ecoballe” attualmente depositate senza altra precauzione in vari siti dispersi per il territorio ( in particolare Taverna del Re nel Casertano definita dalla Magistratura “discarica a cielo aperto non a norma”) per un totale quindi di circa 9 milioni di rifiuti da smaltire ( non necessariamente tramite incenerimento). Una volta smaltita questa quantita’ di rifiuti , sulla base delle vigenti norme di legge europee ed italiane , la quota da smaltire, escluso la frazione da riciclare e compostare, non supera pero’ la quota di 600.000 tonnellate/anno come confermato dall’assessore all’Ambiente in carica Walter Ganapini!
Ammessa quindi la necessita’, non obbligatoria per legge, di smaltire per incenerimento anche i 6 milioni di ecoballe, ne consegue che:
la attuale portata degli impianti previsti e’ ampiamente in grado di raggiungere e completare lo smaltimento per incenerimento entro due, massimo tre anni dalla realizzazione di tali impianti, (come infatti dichiarato in piu’ occasioni anche dal Presidente del Consiglio) ma che quindi, per contratti non inferiori ai venti anni di esercizio, la Campania , in totale contrasto con tutte le normative di legge vigenti, sia italiane che europee, e in piena e totale violazione di qualunque trattato internazionale di riduzione di CO2, si avvia a disporre di una impiantistica di incenerimento complessiva pari a pressocche’ il 100% della sua reale disponibilita’ di produzione annua di materiale da incenerire ( 2.800.000 tonnellate di rifiuti piu’ circa 600.000 tonnellate reali di biomasse = circa 3.4 milioni di tonnellate/anno!) .
Ammettendo nel contempo la partenza e la realizzazione di congruo numero di impianti di compostaggio e di un minimo di raccolta differenziata, stimabile al 35% l’una (900.000 tonnellate/anno) e almeno al 20% l’altra (600.000 tonnellate/anno) ne consegue un evidente sovradimensionamento di tutta la impiantistica prevista di circa almeno 1.5 milioni di tonnellate/anno per non meno di 17 – 18 anni di esercizio per impianti che funzionano ininterrottamente sulle 24 ore senza possibilita’ di sospensioni di attivita’.
Appare quindi logica e matematica deduzione che e’ in atto la realizzazione di impianti di incenerimento sovradimensionati nel complesso per non meno di 1.5 milioni di tonnellate/anno di materiale che non potra’ essere in nessun caso prodotto all’interno della Regione Campania.
La conferma della sovrastima delle biomasse disponibili proviene dalle stesse ditte che in vari casi (Postiglione, S. Vitaliano) sinora esplicitamente dichiarano che la biomassa necessaria sara’ comprata e trasportata dall’estero (olio di girasole dalla Romania, ecc)
Tale cifra complessiva e’ purtroppo terribilmente e spaventosamente vicina a quanto stimato dalle indagini della Magistratura come movimento complessivo di smaltimento di rifiuti industriali provenienti da altre Regioni di Italia (prevalentemente dal Nord industriale) e sinora destinate a discariche illegali ma anche legali ( vedi Pianura) cioe’ non inferiore al milione di tonnellate/anno per gli anni considerati dalle indagini.
Non esiste Nazione, Stato o Regione al mondo che realizzi sul proprio territorio impianti di incenerimento sovradimensionati alle proprie esigenze, sulla base del principio di legge europeo di incentivare la riduzione e il riciclo e non l’inverso, ed evitare soprattutto di incenerire indifferenziatamente anche rifiuti tossici e/o pericolosi.
Si precisa altresi che, di sola acqua necessaria per il raffreddamento e la manutenzione di una impiantistica di tale portata, sara’ necessaria una portata di acqua pari a non meno il 10% del fabbisogno idrico di una citta’ come Napoli in una Regione che tende alla desertificazione di una percentuale del proprio territorio regionale non inferiore al 7%.
Come beffa finale, si precisa ancora che l’unico impianto non previsto di incenerimento sul territorio campano e’ invece quello per rifiuti speciali ospedalieri per una necessita’ non superiore alle 20.000 tonnellate/anno, cio’ che impone alle vuote casse regionali ulteriori e gravose spese per smaltimento extraregionale di tali rifiuti (all’incirca non meno di 250 milioni di euro/anno). In questi giorni, abbiamo visto presente anche all’interno dei treni di rifiuti urbani semplici inviati all’estero (caso treni radioattivi ad Amburgo) tale categoria di rifiuti alimentando ulteriori e concreti dubbi sulle loro modalita’ di smaltimento intraregionale in presenza di impianti di incenerimento indifferenziato cosi enormemente sovradimensionati o di discariche non strettamente controllate.
Tali considerazioni, in ogni caso perfettamente logiche, lanciano una luce sinistra quanto tragica sulle motivazioni di questa palesemente realizzata ad arte “emergenza rifiuti” che vive anche oggi la Regione Campania.
In conclusione, questo palese, tossico, gravissimo e fuorilegge “GIGANTISMO” impiantistico della Regione Campania con una previsione per la sola Napoli di inceneritori per tremila tonnellate/giorno rispetto alle 1.500 di RSU prodotti (inceneritori di Barcellona + Vienna = 500mila tonnellate/anno per due milioni di persone ciascuno; Acerra + Napoli est = 1 milione di tonnellate/anno per 1 milione di persone complessivo!), impone una ultima, atroce e terribile, domanda:
dopo essere stata per gli ultimi vent’anni almeno la “pattumiera dei rifiuti industriali di Italia” (Magistrato Aldo De Chiara) ora, per chi dovra’ bruciare la Campania?
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