Grecia. La potente metafora di un vero funerale
10 aprile 2012
Nel clima di profonda incertezza sociale e politica che attraversa la Grecia, sabato 7 aprile si sono tenuti i funerali civili di Dimitris Christoulas, l[k]uomo che, la mattina del 4 aprile, si era tolto la vita, sparandosi in piazza Syntagma.
Al funerale, erano molte centinaia le persone che, tra familiari, amici, compagni e semplici ateniesi sono stati richiamati da una morte che, in poche ore, si era gia’ trasformata nel simbolo di un sacrificio politico volto al risveglio della societa’ greca. Un j[k]accuse feroce, il rifiuto alla rassegnazione alla fine di un percorso di frustrazione durato tanto quanto la crisi.
Christoulas, infatti, aveva 77 anni ma non aveva trovato pace: farmacista in pensione, nella vita aveva dato tutte le battaglie cui lo spingevano ideali politici prepotenti come il sogno di liberta’ e giustizia. Senonche’, alla fine, qualcosa ha avuto la meglio e le ragioni vanno ricercate nella delusione per una societa’ che non ha ancora trovato il modo di reagire alla ferocia imposta dall[k]austerita’ di due anni di crisi e nemmeno alla gestione, spesso in odor di incostituzionalita’, delle istituzioni democratiche elleniche.
Morendo, infatti, Dimitris Christoulas aveva lasciato una nota che ha colpito profondamente moltissimi greci, riuscendo, in poche righe, a esprimere nuove debolezze e antichi rancori. Dopo aver equiparato il governo greco attuale a quello collaborazionista del 1941, Christoulas aveva scritto:
[k]Il governo [k] ha azzerato, letteralmente, la possibilita’ che io sopravviva, la quale si basava su una pensione dignitosa [k] Siccome ho un[k]eta’ che non mi consente di reagire dinamicamente (anche se non escludo che qualora un greco si armasse di kalashnikov, io non sarei il secondo), non trovo altra soluzione che una morte dignitosa, prima che cominci a cercare fra la spazzatura di che nutrirmi. Credo che i giovani, senza futuro, un giorno imbracceranno le armi e impiccheranno, a testa in giu’, i traditori della nazione, come hanno fatto gli italiani [k] con Mussolini [k][k].
Fedeli allo spirito della nota, i funerali sono stati un addio ma anche, e soprattutto, la promessa dei presenti di continuare sulla strada della lotta. Questo, nonostante la delusione, la piu’ drammatica, espressa dal suicida ma anche dalle parole addolorate di Mikis Theodorakis: [k]molte sono le scintille ma si spengono subito[k]. Ed e’ stato con il grande cantautore che i termini resistenza e rivoluzione sono stati centrali nel corso della cerimonia funebre.
Sennonche’, Theodorakis e Christoulas esprimono il riaffiorare generalizzato di ferite mai veramente chiuse, quelle della guerra e dell[k]occupazione; il paragone del governo attuale con quello del 1941, la divisione della societa’ greca in collaborazionisti o meno come metafora di una dualita’, a tratti semplicistica, fra chi si oppone alle politiche economiche e chi, invece, le sostiene, rischiano di sviare l[k]attenzione sulla vera natura della tragedia greca attuale.
Con la morte di Christoulas, infatti, si delinea molto bene la nuova realta’ psicologica ellenica, per cui l[k]Europa e’ nemica e i greci si sentono soli, arrabbiati e impotenti.
Allora, forse, e’ bene ascoltare con attenzione i versi della canzone di Theodorakis cantata in coro alla fine del funerale: [k]chi sta braccando la mia vita per isolarla nella notte? [k] Per qualcuno al mondo e’ troppo tardi[k].
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