dal settimanale l’Espresso
E la Fiat ignora il giudice
di Federico Formica
Cinque operai della Sevel di Atessa, joint venture tra il gruppo di Torino e la Psa, hanno ottenuto di essere riammessi alla catena di montaggio dopo il mancato rinnovo del contratto. Ma l’azienda italiana li ha lasciati a casa senza stipendio(26 aprile 2012)Non c’e’ pace per gli operai Fiat. Il nuovo fronte e’ nella Val di Sangro, una delle fabbriche piu’ importanti d’Italia anche se poco conosciuta fuori dall’Abruzzo: la Sevel di Atessa. Qui, con oltre 6.000 lavoratori, Fiat produce in joint venture con il gruppo francese Psa i veicoli commerciali Ducato, Citroen Jumper e Peugeot Boxer.
Stavolta, diversamente da Melfi, il sindacato c’entra poco o niente. La vicenda e’ puramente giudiziaria: dopo quattro rinnovi a tempo determinato oltre 150 ex operai hanno fatto causa all’azienda. E a cinque di loro il giudice ha gia’ riconosciuto il diritto ad essere riammessi in catena di montaggio a tempo indeterminato. Il verdetto e’ chiaro: ritenendo ingiustificato l’ultimo rinnovo a tempo il giudice di Lanciano Flavia Grilli ha chiesto a Fiat di stabilizzare quegli operai. Una sentenza che spiana la strada agli altri 150 ricorsi.
Sevel ha ignorato a meta’ la sentenza: ha lasciato i lavoratori a casa senza stipendio, ma ha pagato le sei mensilita’ di risarcimento. La testa di ponte e’ Costantino Manes: la prima causa, che anche Fiat ritiene “inedita” e’ stata vinta proprio da lui, operaio di Termoli. La giustizia gli ha dato ragione ma i fatti raccontano una realta’ piu’ amara: oggi Costantino e’ a casa disoccupato e l’unico stipendio che entra a fine mese e’ quello della moglie. “Dopo due anni di contratti interinali piu’ uno con Sevel, la dirigenza aveva promesso di stabilizzarci. Cosa che ha fatto, ma per i colleghi che erano entrati in fabbrica dopo di me. Quando e’ arrivato il turno mio e di altri 300, le promesse sono crollate e l’azienda ha lasciato scadere il contratto. Li abbiamo deciso di fare causa. Ma Fiat ha scatenato una guerra santa contro noi lavoratori. Ma e’ come se gli Stati Uniti dichiarassero guerra a San Marino. Perche’ loro possono permettersi di aspettare tutti i gradi di giudizio mentre noi, senza stipendio, abbiamo il fiato corto”.
Interpellata dall’Espresso, Fiat si difende con un cavillo: “Il giudice non ci ha ordinato il reintegro ma la riammissione. Secondo i nostri legali, questa formula non ci obbliga a fare nulla. Quando arrivera’ un decreto ingiuntivo, allora lo eseguiremo. Qui non c’e’ alcun licenziamento: quei lavoratori sono stati con noi fino alla scadenza naturale del contratto”. Quanto al mancato rinnovo, dal Lingotto rispondono che “nessuno si diverte a lasciare lavoratori a casa. Nel frattemo il mercato e’ cambiato: a noi quelle persone non servono piu’. Sarebbe singolare se il giudice ci costringesse a riprendere 150 persone di cui non abbiamo bisogno”.
In realta’, il decreto ingiuntivo chiesto da Fiat per riammettere gli operai e’ in arrivo. L’ha gia’ annunciato l’avvocato Nicola Del Re, che ha seguito la causa di Costantino: “Fino ad ora non l’abbiamo presentato”, spiega, “pensando che Sevel applicasse il volere del giudice. Di solito in questi casi l’azienda presenta ricorso ma nel frattempo riammette il lavoratore. Sevel ha scelto semplicemente di ignorare la sentenza”. Resta da capire se, decreto alla mano, Fiat continuera’ a seguire la linea dura con gli operai “dissidenti” o se si pieghera’ al volere del giudice.
“Ancora una volta la Fiat si pone al di sopra della legge italiana” attacca Massimo Donadi, capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera. Proprio l’Idv ha denunciato ai media nazionali la vicenda Sevel, invitando Costantino Manes e il suo avvocato in una conferenza stampa a Montecitorio. “La vicenda Sevel e’ peggio di quella di Melfi ?[k][k] continua Donadi ?[k][k] perche’ in quel caso Fiat pagava gli operai senza farli lavorare, stavolta li lascia senza stipendio ignorando una sentenza. Se non e’ far-west questo…”.
Tra Melfi e la Val di Sangro c’e’ un’altra differenza. Perche’ dalla vicenda Sevel c’e’ un grande assente: il sindacato. Costantino Manes, il capofila dei 150 operai che stanno dando battaglia alla Fiat, non e’ iscritto ad alcuna sigla. Lui ha scelto la strada della vertenza, lui ha convinto altri 150 colleghi a fare altrettanto. Comunicati stampa, convegni e incontri: tutto e’ stato organizzato dal basso.
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