dal fatto quotidiano
di Giuseppe Pipitone
A qualche centinaio di chilometri dall[k]Ilva di Taranto esistono altri centri in cui l[k]esigenza di un lavoro si paga con conseguenze gravissime per l[k]ambiente e per la salute. In Sicilia e’ cosi, specie dove l[k]isola ha cercato il suo sviluppo. Erano gli anni [k]60 e le coste migliori furono messe a disposizione dei colossi energetici del tempo, l[k]Esso e l[k]Eni. L[k]obiettivo era estrarre e raffinare il petrolio di cui l[k]isola e’ ricca. E impiantare vicino al mare i laboratori che avrebbero dovuto fare da traino per la nuova chimica made in Italy. In cambio, la Sicilia chiedeva lavoro. E cosi e stato. Quasi come a Taranto. Ma progetto di sviluppo ha un prezzo altissimo in termini di vite umane e malattie. Anche se non ci sono sentenze che dimostrino la diretta correlazione, i cittadini e molti medici non hanno dubbi.
Il viaggio dei veleni comincia nel litorale di Siracusa, un litorale che alla fine degli anni [k]50 venne immolato nel nome dello sviluppo. Qui il cavaliere Angelo Moratti venne a costruire la Rasiom, in grado di raffinare 8 milioni di tonnellate di greggio all[k]anno. In seguito arriveranno la Esso, l[k]Eni e l[k]Enel. E la costa tra i comuni di Priolo, Augusta e Melilli verra’ ribattezzata [k]triangolo della morte[k]. Le industrie petrolifere e quelle chimiche hanno dato lavoro negli anni a circa 10 mila persone. Oggi pero’, a parte la Erg, stanno tutti trasferendo altrove i cicli produttivi. Dello sviluppo economico qui e’ rimasto ben poco.
A certificare 50 anni di industria rimangono pero’ le statistiche sulla percentuali di decessi. A Priolo e Augusta i morti di tumore sono il 10 per cento in piu’ rispetto al resto della Sicilia, e superano il 20 per cento quelli per tumore al polmone. Dal 1990 e’ scattato anche l[k]allarme malformazioni genetiche. Nel 2000 a Priolo il 5 per cento dei bambini e’ nato con malformazioni, cinque volte in piu’ della media nazionale. Diffusissima l[k]ipospadia, una malformazione congenita dell[k]apparato genitale, che ad Augusta colpisce il 132 per mille dei nati. Numeri che ad oggi non hanno ancora trovato una causa specifica per la legge. Manca il nesso causale, ovvero la dimostrazione che i tumori e le malformazioni genetiche derivino dall[k]inquinamento delle industrie. Nel 2006 pero’ la Syndial, societa’ del gruppo Eni, ha deciso di risarcire alcune famiglie di Priolo: 11 milioni di euro per 101 casi di bambini nati con malformazioni genetiche.
Il nesso causale manca anche a Gela, settantamila abitanti sulla costa meridionale della Sicilia, dove da cinquant[k]anni la parola lavoro e’ sinonimo di Eni. Oggi a lavorare per l[k]azienda del cane a sei zampe ci sono meno di duemila persone. E in futuro saranno ancora meno. Fino agli anni [k]90, pero’, dai cancelli del Petrolchimico voluto da Enrico Mattei sono passati interi nuclei familiari: migliaia di operai che raffinavano carburante e producevano concimi chimici e materie plastiche. Quattro celle affacciate sulla tangenziale costituivano fino al 1994 il reparto Clorosoda, il fiore all[k]occhiello della nuova chimica made in Italy. Attivo dal 19 marzo 1971, Clorosoda era conosciuto da queste parti come il reparto killer. Su 75 operai che ci hanno lavorato negli ultimi anni di attivita’ piu’ della meta’ si sono ammalati di tumore: una ventina sono gia’ morti, gli altri lottano contro un sistema immunitario distrutto dai veleni. Per anni, infatti, hanno lavorato respirando mercurio, che dentro Clorosoda era trattato senza alcuna precauzione.
Il problema vero pero’ e’ nella matrice ambientale: a Gela sono inquinati anche gli ortaggi coltivati nella zona. Il risultato e’ che nel 2002, 520 bambini nati a Gela sono venuti alla luce con malformazioni genetiche. Anche qui e’ diffusissima l[k]ipospadia ma non mancano anche i casi di bambini nati microcefali, soprattutto tra le famiglie di ex operai del petrolchimico. [k]Quando io e mio fratello siamo nati senza alcun tipo di malformazione in famiglia si e’ quasi gridato al miracolo per una cosa che dovrebbe essere normale[k] racconta il giornalista Andrea Turco, figlio di un operaio dell[k]indotto petrolchimico. Nel 2006 un centinaio di famiglie di ex operai Clorosoda hanno deciso di mettersi insieme per fare causa all[k]Eni e costringere i vertici dell[k]azienda a prendersi le proprie responsabilita’. [k]Siamo pronti ad aiutare anche le vittime del petrolchimico di Gela[k] dice Andrea Armaro, responsabile relazioni esterne del cane a sei zampe. Dal 2008 la procura di Gela ha aperto un[k]inchiesta sulla vicenda. E in attesa che le indagini facciano il loro corso, il genetista Sebastiano Bianca mette tutti in guardia: [k]In trent[k]anni non e’ cambiato nulla: pur avendo in parte dismesso gran parte degli impianti le percentuali di malformazioni sono rimasti stabili. Quindi il vero problema di questa citta’ non sono le generazioni presenti ma quelle che verranno[k].
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