RIVA COMANDA, MONTI E NAPOLITANO OBBEDISCONO
E se i magistrati una volta tanto non sono ossequiosi, vengono messi da parte
e’ il potere economico a dettare legge, e non e’ un modo di dire. E il potere economico (costituito dai padroni dei mezzi di produzione, in primo luogo dai proprietari delle industrie), per dettare legge, cioe’ essere libero di organizzare a piacimento, secondo le proprie regole, lo sfruttamento degli operai, si allea con il potere politico e quello giuridico o, all[k]occorrenza, semplicemente li sottomette ai suoi ordini. Questo e’ il ben oliato meccanismo del capitalismo che si perpetua da secoli e generazioni. A oliarlo adeguatamente concorre una vastissima schiera di mercenari, dai professionisti della disinformazione a quelli del sindacalismo filopadronale a quelli della corruzione della mente con fandonie pseudoculturali e religiose e cosi via. Eppure qualche volta questo meccanismo si inceppa. Come e’ accaduto per i padroni Riva dell[k]Ilva di Taranto, poiche’ fra le ruote del loro personale meccanismo di accumulazione di profitto hanno infilato un duro bastone alcuni magistrati che, facendosi in qualche modo interpreti del risentimento di un[k]intera comunita’ stanca dei soprusi di pochi a danno della collettivita’, li hanno accusati di produrre al di fuori della stessa legge formale.
Per alcuni mesi questi magistrati sono stati mal sopportati e blanditi nell[k]attesa di qualche evento che li mettesse fuori gioco. Quando pero’ hanno alzato il tiro, ribadendo il blocco della produzione, impedendo la fuoriuscita dallo stabilimento dell[k]acciaio prodotto da luglio in poi e disponendo una nuova raffica di arresti, i Riva hanno agito su due versanti. Prima col ricatto di mettere fuori dalla fabbrica 5.000 operai. Poi con la minaccia di chiudere e vendere tutto, facendo pressione sul potere politico per mettere a tacere il potere giuridico.
e’ cosi e’ prontamente accaduto. Monti, Napolitano, il consiglio dei ministri, sono stati tutti d[k]accordo nello sconfessare l[k]azione della magistratura della Procura di Taranto e nel defenestrarne le decisioni con un decreto governativo che dissequestra l[k]Ilva e la riconsegna agli assassini della famiglia Riva per continuare indisturbati la produzione e l[k]accumulazione di profitti.
Val la pena riflettere su questo [k]conflitto[k]. Per i padroni la magistratura e’ un importante strumento di repressione giuridica, una delle armi del loro stato nella guerra di classe contro gli operai in primo luogo e chiunque altro si opponga a essi. Lo sanno bene proprio quegli operai che nelle cause di lavoro o in quelle per il riconoscimento dell[k]esposizione all[k]amianto si trovano di fronte a squallidi giudici, servi corrotti dei padroni. Ebbene, una volta tanto, dei magistrati non girano la testa dall[k]altra parte, non sono ossequiosi. Non vogliono la rivoluzione degli operai, chiedono solo che il padrone produca, si, accumuli profitti, si, ma lo faccia dentro il recinto della legge formale.
E allora, per il magistrato che di fatto si [k]insubordina[k] al potere costituito, non esistono sconti. Per i padroni e per i loro accoliti politicanti le decisioni di tale magistrato sono solo carta straccia. Prima un decreto del governo che toglie ogni efficacia a cio’ che egli ha stabilito. Poi la demolizione mass-mediatica e magari ancora il tentativo di blandirlo e portarlo ad accettare quanto deciso da padroni e politici. Infine, se non si piega, la sua messa a tacere, il probabile trasferimento. La vicenda dell[k]Ilva illustra in maniera quanto mai chiara come i padroni usino la magistratura finche’ fa loro comodo e come poi, con la complicita’ del loro governo, se ne disfino se diventa inutile o si rivolge contro.
Se la magistratura non obbedisce piu’, allora i padroni ricorrono ad altri strumenti ancora piu’ direttamente repressivi. Ora che l[k]Ilva e’ stata dichiarata di fatto una fabbrica di interesse nazionale, se gli operai non si piegano a produrre profitti e a morire di cancro con i propri figli, potra’ arrivare anche l[k]esercito. Di che meravigliarsi? Il decreto legge del governo Monti considera gli interessi degli operai tanto quanto li consideravano le leggi di Mussolini, Hitler, Pinochet e Videla. Percio’, per contrastare i disegni dei nemici, cioe’ i padroni Riva, i politici e i sindacalisti venduti, gli operai dell[k]Ilva non devono abbandonare la fabbrica o chinare la testa, anzi se occorre devono occuparla e contrapporre il proprio esercito a quello dei padroni.
SALUTI OPERAI DALLA PUGLIA
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