Nell’articolo pubblicato il 17 marzo (vedi) ho analizzato i riflessi ambientali del nostro sistema produttivo, facendo, alla fine dell’articolo, solo un accenno al modo di produzione lineare e dei suoi effetti anche sulla distribuzione delle risorse. Innanzi tutto vorrei iniziare con una precisazione: tutta l’economia classica è una mistificazione, non meno della religione o della “politica”, i principi su cui si basa la teoria economica sono falsi perché scollegate dalla realtà fisica. La prima mistificazione sta nel ritenere l’economia, una scienza: le scoperte scientifiche si basano sulle verifiche sperimentali dei suoi enunciati, quando qualche ipotesi non è convalidata dalla costatazione dei fatti, è rigettata, non esiste una verità assoluta, tutto può essere rivisitato in qualsiasi momento. Succede qualcosa del genere tra gli economisti, c’è stato mai qualcuno che ha detto: “Va bene, ci siamo sbagliati, queste teorie non sono valide alla prova dei fatti”; c’è ancora una qualche teoria economica classica che, sulla base dei fatti, può ritenersi ancora valida? Chiaramente non ci sono studiosi che hanno la benché minima onestà intellettuale di rispondere a queste domande (non possono rinunciare al lauto compenso elargito loro), essi fanno parte integrale di una classe sociale che è sostenuta per fare il lavaggio del cervello al popolo.
Quali sono le basi dell’economia classica? La PRODUZIONE della RICCHEZZA è operata da figure magiche, gli imprenditori, ottenuta dalla PRODUZIONE di BENI, venduti nel LIBERO MERCATO; da qui si origina tutto il benessere dell’attuale società moderna. E qui si comprendono gli inganni e l’assoluto scollegamento con la realtà fisica! Nella realtà fisica: “Nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”, è una legge fondamentale della fisica, non si capisce per quale ragione nell’economia questa non vale e l’uomo diventa capace di creare dal nulla qualcosa e in questo si avvicina a Dio, della quale, tra l’altro, ha preso le sembianze! Chiaramente questo è impossibile, anche la ricchezza non si crea dal nulla ma si può solo trasferire, cosi le merci non si producono ma derivano dalla trasformazione dei beni naturali con l’aggiunta del lavoro umano e delle macchine. Queste verità, però, sono volutamente taciute e c’è un’ampia schiera di economisti che in modo ossessivo parla di “Produzione di ricchezza e di beni ”, “Incremento del benessere, ” così la gente si convince che i soldi si generano dal nulla ed esseri poveri o ricchi sono delle questioni di fortuna o sfortuna. Inoltre, gli intellettuali ben pagati, convincono l’opinione pubblica che gli unici in grado di produrre qualcosa sono gli imprenditori, tutti gli altri godono dalla ricchezza prodotta da loro! In realtà, come ben sappiamo, l’unico atto creativo è dovuto al lavoro dell’operaio che trasforma le merci e immette il proprio tempo, le sue energie nel prodotto finito; è da qui che proviene la ricchezza che mantiene l’intera società. La borghesia, però, questo lo sa e per questo ha organizzato il sistema economico per perpetuare i processi produttivi e rendere il percorso, dalla natura al consumo, il più possibile lungo e tortuoso, il sistema lineare. Questo modo di organizzare la produzione è quello che garantisce il maggior profitto, la massima polarizzazione delle risorse e il più elevato trasferimento di ricchezza dalla collettività verso chi detiene i mezzi di produzione. Il sistema di produzione lineare si basa sulla specializzazione delle varie fasi del processo produttivo, sulle economie di scala e, soprattutto, sul trasferimento dei danni connessi con le attività umane sulla collettività. In questo modo i bilanci delle imprese possono essere più “leggeri”ed è possibile spuntare prezzi più bassi, per vendere più merci, intanto l’onere dello smaltimento dei rifiuti e del risanamento delle industrie dismesse ricade sulla collettività! Così i meccanismi di trasferimento della ricchezza, nell’attuale sistema economico, sono molteplici e hanno portato, nel tempo, a due risultati: bilanci pubblici disastrosi ed estrema polarizzazione della ricchezza, sia a livello di nazioni sia globali. Non c’è Stato al mondo che non sia indebitato, ma il debito pubblico non è stato generato per creare qualcosa di utile, ma quasi esclusivamente per sostenere il profitto e correggere le storture del sistema e allontanare le crisi economiche. Senza lo stato sociale e senza tutte le forme di sostegno del reddito tutta questa struttura economica sarebbe implosa già da molto tempo, in questo modo si sono trasferiti i problemi alle generazioni future. Di questi aspetti, però, la gente comune non è consapevole, grazie al lavaggio del cervello che subisce quotidianamente, ma come reagirebbe se prendesse coscienza che il debito è stato generato principalmente per sostenere il profitto? Sarebbe disposta a subire sacrifici? Ecco allora l’enorme dispiegamento di risorse che i borghesi riservano per formare l’opinione pubblica ed evitare che le analisi oggettive della realtà emergano su larga scala. Che cosa succederà, però, quando gli stati incominceranno a essere insolventi e non saranno più in grado di fornire i servizi minimi ai cittadini? Non è un’ipotesi remota: gli USA hanno evitato il fallimento gli ultimi giorni dello scorso anno rifinanziando il debito pubblico che ha raggiunto livelli stratosferici, ma il fallimento è sempre dietro l’angolo. Che cosa succederebbe all’economia mondiale se lo stato federale degli USA fallisse? Nessuno è in grado di prevederlo! In realtà la crisi economica attuale è molto più profonda e strutturale, non ha soluzioni all’interno di questo quadro economico. Sono venute meno, infatti, le basi del sistema di produzione lineare, connesse al capitalismo. Le risorse primarie si stanno sempre più esaurendo. Il progresso tecnico permette di produrre sempre più merci con meno impiego di manodopera, ma ciò provoca l’aumento della disoccupazione (disoccupazione tecnologica). La sovrapproduzione determina un incremento dei rifiuti e l’aumento di spese di smaltimento. Il petrolio, su cui si basa tutta l’economia, è in via di esaurimento e costi di estrazione sono diventati proibitivi. L’acqua potabile sarà sempre meno disponibile e ciò sarà motivo di conflitti locali. I terreni coltivabili, per la prima volta dalla storia dell’umanità, sono insufficienti per sfamare la popolazione mondiale, perché gli alimenti vengono destinati alla alimentazione del bestiame e ai biocarburanti. In questa situazione neanche una guerra globale potrebbe risolvere la crisi perché mancano le risorse per ripartire, dopo la distruzione globale, com’è avvenuto in passato, forse per questo non è ancora scoppiata! Come venirne fuori? Vi rimando ad un altro articolo (così avete un buon motivo per visitare il sito!).
PIERO DEMARCO
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