LA BREVE STAGIONE DEL GRILLO E LA NASCITA DEL GOVERNO BERLUSCONI – BERSANI

  Alle elezioni di febbraio, il Movimento 5 Stelle salvò la faccia e la pelle alla democrazia parlamentare italiana, altrimenti destinata a naufragare nel mare delle astensioni. Ma il diavolo democratico fece le pentole ma non i coperchi. Nella geografia parlamentare gli equilibri politici risultarono assai problematici. Il Pd, partito di maggioranza relativa, si trovò in mezzo al guado, di fronte alla necessità di costruire la maggioranza governo. E proprio qui stava il problema. Il Movimento 5 Stelle, con un prevedibile successo, diventava il secondo partito parlamentare e formalmente sarebbe stato il partner ideale del Pd, che aveva fatto […]
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Alle elezioni di febbraio, il Movimento 5 Stelle salvò la faccia e la pelle alla democrazia parlamentare italiana, altrimenti destinata a naufragare nel mare delle astensioni. Ma il diavolo democratico fece le pentole ma non i coperchi. Nella geografia parlamentare gli equilibri politici risultarono assai problematici. Il Pd, partito di maggioranza relativa, si trovò in mezzo al guado, di fronte alla necessità di costruire la maggioranza governo. E proprio qui stava il problema.

Il Movimento 5 Stelle, con un prevedibile successo, diventava il secondo partito parlamentare e formalmente sarebbe stato il partner ideale del Pd, che aveva fatto una campagna elettorale all’insegna del più becero antiberlusconismo, una scelta infelice che, nella realtà, ebbe le gambe corte, nell’inseguire una vittoria a portata di mano. Però, nelle circostanze che si sono così definite, l’M5S sarebbe stato un partner assolutamente inaffidabile e, visto il suo peso parlamentare, poco disposto a farsi mettere i piedi sopra la testa, accettando decisioni impopolari. Al tempo stesso, i compromessi, almeno per ora, sono pressoché impossibili per l’M5S, il cui elettorato è estremamente eterogeneo, composto com’è da padroncini del Nord-Est e No-TAV della Val Susa, da commercianti ex leghisti e operai ex rifondaroli.

Furbo come una volpe, lo smacchia giaguari di Bettola cercò di superare l’impasse, tentando di far firmare ai grilli una cambiale in bianco, con l’invito a votare il vecchio boiardo democristiano, alias Romano Prodi (il nuovo che avanza). Di fronte al prevedibile smacco, lo smacchiatore fece il saltò della quaglia e ri-divenne amico del giaguaro, dando il via a una campagna diffamatoria contro i grilli. Ebbe il pieno appoggio dal pregiudicato di Arcore, che fu poi ben contento di rieleggere il vecchio marpione del Quirinale, sempre con lui assai indulgente.

La campagna di Pd-Pdl contro i grilli è stata sostenuta dai principali media e ha visto in prima fila i pennivendoli della sinistra. È stata una campagna veramente schifosa, poiché ha potuto dar spazio solo a subdole insinuazioni, nella mancanza di reali motivi per menar scandalo contro l’M5S. Mentre, politicanti, affaristi e faccendieri, che fino a poco tempo fa erano giustamente oggetto di scandalo, grazie al Pd, hanno avuto occasione per irridere le sciocchezze dei poveri dilettanti allo sbaraglio, quali sono in realtà i grilli, nonostante i «grandi vecchi» che si dice li maneggino.

E Napolitano partorì un mostro

I frutti marci si son visti subito, alle elezioni della Regione Friuli-Venezia Giulia, da cui l’M5S è uscito molto ridimensionato, a causa di un’inevitabile crescita delle astensioni (con schede nulle e bianche raggiungono il 52,75%). Mentre il Pd vinceva di misura. Risultato che ha aperto la strada al governo Berlusconi-Bersani. Un vero mostro politico, capeggiato da un giovane-vecchio ex democristiano e formato da un’accozzaglia di figuri, in cui i vari interessi della classe dominante italiana dovrebbero conciliarsi. Non solo gli interessi economici e finanziari, ma anche quelli giudiziari, visto che all’Interno c’è Angelino Alfano e alla Giustizia Anna Maria Cancellieri, entrambi assai indulgenti con affaristi e faccendieri d’alto bordo.

Così come si è delineato, l’attuale asseto politico parlamentare si regge su equilibri assai precari, esclude tuttavia soluzioni autoritarie, il colpo di Stato. Per ora. L’attuale emergenza ha spinto alla riconciliazione le diverse frazioni della classe dominante italiana, favorendo una soluzione che consente a ciascuna di esse di tirar la coperta a proprio vantaggio. Cosa che sarebbe molto più difficile con un direttorio o con un governo tecnico alla Monti.

La riconciliazione è stata possibile soprattutto perché Pd e Pdl, con le loro appendici, ottengono ancora un significativo consenso da parte dei «cittadini», come si è visto alle elezioni del Friuli-Venezia Giulia, dove Pd e Pdl hanno avuto l’80% dei voti (neppure ai tempi d’oro di Dc e Pci). Ancorché in forte calo, il consenso è sempre consistente, vi contribuiscono non solo i ceti medi che, malgrado tutto, in questa società ci stanno ancora bene, avendo santi in paradiso, tutt’ora disposti a elargir prebende; ma vi contribuiscono anche molti operai, che sperano sempre in qualche santo protettore, al quale affidare le proprie sorti, anche se ormai son più le promesse che i fatti. Ma fino a quando sarà possibile vivere di speranza?

Come sappiamo, sul tavolo di lavoro del governo ci sono impegni assolutamente indigesti, le cosiddette «riforme», che dovranno ridefinire la ripartizione del reddito, scardinando rapporti di lavoro e stato sociale. Saranno dolori, e non solo per i proletari, anche se saranno loro a subire le stangate più pesanti. Comunque sia, gli attuali assetti governativi saranno messi a dura prova, poiché dovranno combinare il crescente malcontento popolare con i prevedibili ricatti di padroni e padroncini. È già nell’aria il tentativo di ricomporre il consenso sociale con il ventilato «patto dei produttori», tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil. Ma anche se questa ipotesi andasse in porto, coinvolgendo una parte dei lavoratori salariati, restano sempre in sospeso i nodi irrisolti della crisi, che colpiscono la maggior parte dei proletari con licenziamenti e disoccupazione, fonte di scottanti problemi per le Confederazioni sindacali, che già sono alle prese con emorragie e contestazioni. Mentre nel fronte padronale, la fame di plusvalore non è mai sazia.

Infine, gli equilibri politici nazionali devono pur sempre fare i conti con gli equilibri politici dell’Unione europea, anch’essi assai volubili, e sui quali incombe lo spettro di un possibile crash finanziario, che rimescolerebbe nuovamente le carte. Anzi, le farebbe volare lontano, rimettendo all’ordine del giorno il mai sopito girone infernale delle speculazioni, con la solita scia di banche da ri-salvare e conti pubblici da ri-sanare. E allora non ci saranno i grilli a cantare…

Dino Erba, Milano, 28 aprile 2013.

 

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