Cara redazione,
giusto ieri la lettera di un lettore, evidenziava i leccaculo del giornalismo, indignati per “le nuove azioni giudiziarie sull’Ilva”. Segnatamente, lamenta oggi D. Di Vico sul Corriere, “la decisione della Magistratura locale, di far intervenire la Guardia di Finanza per sequestrare 8 miliardi di euro”.
Questo dice Di Vico, “riaccende i timori sull’ineluttabilità della chiusura di Taranto”, a cui seguirebbe “il rischio di decrescita industriale della siderurgia in Italia”.
Nella mente e nel portafogli filopadronali di Di Vico, le condizioni di lavoro degli operai dell’Ilva e l’inquinamento di Taranto, sono un male necessario, per non disturbare il padrone con il risanamento e la messa in sicurezza degli impianti. Tuttalpiù la fabbrica può funzionare un po’ a singhiozzo per assecondare il passo rallentato della siderurgia in Europa, alle prese nella crisi, con una potenziale sovracapacità produttiva degli impianti.
C’è poi la truffa allo Stato alla base dell’ultima azione giudiziaria contro i Riva, Di Vico furbescamente dice che “il provvedimento è sicuramente legittimo, ma che ha delle pesanti ricadute di carattere industriale”.
Come dire, assolvere i padroni dell’Ilva, dissequestrare i denari requisiti, se no il padrone licenzia gli operai.
Ma le fabbriche possono funzionare solo ce c’è il padrone?
Saluti da un lettore
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