In queste ore 200.000 minatori artigianali in diciotto dipartimenti della Colombia sono scesi per le strade del paese contro la politica neoliberista del governo, che consegna le collettive risorse minerarie a grandi gruppi multinazionali mediante concessioni per lo sfruttamento di aree strategiche. Parallelamente, vengono impiegati polizia antisommossa ed esercito per “liberare” la strada della locomotiva minerario-energetica, asse portante della politica economica filoimperialista del governo, dalle “ingombranti”comunità locali. |
Vengono implementate una serie di norme legislative repressive che rendono formalmente illegali le tradizionali pratiche estrattive. La legislazione nega la possibilità di sostentamento dei piccoli minatori artigianali, dichiarandoli fuori legge e per questa via tratta i lavoratori come sovversivi, aprendo la strada all’impiego di mezzi militari nella soluzione delle contraddizioni sociali.
La mobilitazione del settore minerario si va a sommare alla lotta mantenuta dalle comunità del Catatumbo (altra regione già svenduta sotto banco alle multinazionali), a cui il governo continua a negare il diritto alla costruzione della propria Zona di Riserva Contadina.
Come sempre, in piena continuità con il narco-paramilitare Uribe e coerentemente con il discorso fascista del governo Santos, la mobilitazione popolare è stata nuovamente indicata come infiltrata o diretta dalla guerriglia. Sembra un disco rotto, il governo sa impiegare sempre e solo le stesse quattro parole in tutte le situazioni in cui la sua stessa politica si scontra con la propria insostenibilità e si trova costretto a fare i conti con la rabbia popolare.
Le politiche del governo aprono fronti di lotta sociopolitica praticamente in ogni settore della società colombiana e se questi fossero invariabilmente orientati dalla guerriglia, la logica conseguenza sarebbe che il movimento guerrigliero è egemone presso la stragrande maggioranza della popolazione colombiana. Cadrebbe così, sotto il peso delle sue stesse contraddizioni, un altro dei miti governativi spacciato per anni in Colombia e all’estero nel tentativo di ingannare l’opinione pubblica intorno alla realtà del conflitto: che la guerriglia sia decimata e isolata dal popolo.
Nella misura in cui la ricerca di una soluzione politica e dialogata al conflitto sociale e armato colombiano passa per la soluzione delle cause che lo hanno generato, le politiche del governo devono cambiare e muoversi in modo coerente e concorde con il supremo obiettivo della costruzione della Pace. La militarizzazione del territorio, la repressione poliziesca dei movimenti sociali e politici, la svendita delle risorse strategiche del paese a interessi esteri per attrarre “investimenti” a detrimento della vita dei colombiani e della sovranità e indipendenza del paese, non fanno altro che muoversi nella direzione opposta a quella della Pace e manifestano l’inadeguatezza di Santos di fronte all’opportunità storica rappresentata dai dialoghi dell’Avana.
nuovacolombia.net
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