PER IL DIBATTITO
Come è noto, l’esperienza dei Soviet degli operai e dei contadini è finita male, ma Lenin ha fatto il suo “dovere” nelle condizioni storiche oggettive in cui era costretto ad agire, sebbene abbia commesso qualche errore politico, più o meno grave. La degenerazione in senso burocratico ed oppressivo dello stato sovietico ebbe inizio, seppure in minima parte, già con Lenin, ma si realizzò pienamente sotto Stalin, che fece strage di comunisti, anarchici e rivoluzionari vari, attuando una vera e propria controrivoluzione.
Un movimento di proletari auto-organizzati, non etero diretto da un manipolo di rivoluzionari di professione, o che dir si voglia, agisce sempre meglio di un nucleo di militanti o, peggio ancora, di funzionari e burocrati di partito. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che senza uno “stato maggiore” la guerra non si vince. In linea teorica è così: almeno in guerra. Con gli eserciti e, appunto, gli stati maggiori. Ma la lotta di classe non è una guerra intesa in senso militaresco, o militarista, bensì un movimento di massa di un popolo che lotta per emanciparsi rispetto al giogo imposto dai dominanti. Che debba servire uno stato maggiore o un gruppo dirigente alla guida di una rivoluzione, nutro dei seri dubbi visto che tutte le esperienze storiche etero dirette, ovvero gestite dall’alto, sono finite puntualmente male. E’ l’idea (di origine giacobina e poi leninista) del Partito demiurgo che surroga il proletariato, cioè che pretende di sostituirsi alle masse popolari nella gestione dello Stato e, quindi, della società, che va messa radicalmente in discussione, poiché è la storia che ha dimostrato, nei fatti, il suo carattere fallimentare.
Insisto che la rivoluzione russa fu il prodotto di una visione giacobina che ancora permaneva nella struttura del partito bolscevico inteso come manipolo di “professionisti della rivoluzione”. Senza dubbio questo nucleo di rivoluzionari seppe inserirsi nelle dinamiche reali del movimento proletario russo e seppe conquistare un ruolo egemonico al suo interno fino alla conquista del potere. Ma, al di là dell’isolamento internazionale della Russia post-rivoluzionaria e della mancata estensione del successo rivoluzionario altrove, non solo in Germania, il punto cruciale è quella scissione che si verificò ad un certo punto tra il partito-stato ed il proletariato russo, portando alla degenerazione burocratica dello stato operaio ed infine alla controrivoluzione operata dallo stalinismo.
Il modello organizzativo da seguire è, invece, quello della Comune parigina del 1870. La nozione di un partito concepito in termini di “trascendenza politica”, che si incarna nel partito, è un’idea di origine giacobina nella misura in cui, come la trascendenza divina è un ente superiore, scisso ed esterno rispetto al mondo naturale, così il partito è un soggetto politico trascendente, quindi separato ed esterno rispetto alla classe operaia ed alle masse popolari. E’, insomma, il concetto del partito “demiurgo”, del partito inteso come “Dio in terra” legittimato a sostituire la classe stessa. A tale proposito Stalin usava la formula “dittatura del proletariato” per indicare la “dittatura del partito”. Sia chiaro che la funzione dei comunisti è indispensabile, talora decisiva, per indicare al movimento proletario la prospettiva di un mondo possibile oltre il capitalismo, ma un compito simile non richiede caporali, né ufficiali, né stato maggiore.
Il senso del mio ragionamento mi sembra evidente: un partito concepito come un “ente trascendente” finisce per degenerare in una tirannide. E’ accaduto in Francia dopo la rivoluzione del 1789, una rivoluzione senza dubbio borghese, ma è accaduto anche in Russia dopo la rivoluzione del 1917, una rivoluzione di tipo proletario, che poi è degenerata nella sua esatta negazione. Sia chiaro che io ammiro quelle rivoluzioni, senza le quali l’umanità sarebbe ancora imprigionata sotto il giogo aristocratico-feudale.
Nel contempo conviene prendere atto dei limiti e delle contraddizioni che ne hanno causato il fallimento. Per “ente trascendente” intendo un soggetto (che sia Dio per quanto concerne la religione, ovvero il “partito-demiurgo” in ambito politico) che è nettamente scisso ed esterno rispetto alla realtà, scisso ed esterno rispetto al mondo naturale per quanto riguarda il rapporto religioso, o rispetto al proletariato per quanto riguarda il discorso politico. Mi pare abbastanza chiaro il concetto che tento di esporre.
Quando parliamo di stato maggiore, oppure di un partito centralizzato, è opportuno chiarire che si intende di norma un gruppo dirigente separato dalle masse che agisce in modo autonomo dal volere del popolo. Anzi, spesso agisce apertamente contro di esso.
Probabilmente, all’inizio i capi della rivoluzione non sono separati nettamente dalle masse che li hanno scelti ed acclamati come leader. Ma dopo la conquista del potere, puntualmente (direi quasi “ineluttabilmente”) si verifica la scissione tra Stato e popolo.
La storia dell’umanità è zeppa di esempi chiari ed illuminanti in tal senso. Basterebbe solo studiarli. Ma come diceva Antonio Gramsci: “la storia insegna, ma non ha scolari”.
Lucio Garofalo
bisogna comprendere le ragioni del fallimento delle rivoluzioni, è vero, e condivido la tua analisi, ma bisogna anche che sono le sovrastrurre a determinare il modo di essere delle persone. Purtroppo il potere si è sempre fondato sulla convinzione che il popolo non è in grado di autodeterminarsi. E’ necessario comprendere che le analisi teoriche e tattiche devono partire da una presa di coscienzà della quotidianità, comprendere che, se il marxismo è una scienza, non può essere dogmatico e DEVE basarsi sul confronto.
Signor Lucio Garofalo: che paroloni uomini o caporali, povero Totò. Mi chiamo Antonio, soldato semplice. In attesa di farsi strumentalizzare da un nucleo di militanti, ancora meglio da un burocrate di partito. Spero che quel nucleo di militanti diventi un partito, e che i burocrati siano come gli operai della INNES e che agiscano come il CLUB DEI BRETONI NELLA RIVOLUZIONE FRANCESE; IN QUESTO CASO SARANNO LE FABBRICHE E GLI OPERAI A ORGANIZZARE IL PARTITO PER LIBERARCI DALLA SCHIAVITU’ DEL LAVORO SALARIATO. UN MOVIMENTO AUTO-ORGANIZZATO, NON LO RITENGO IN GRADO DI DISTRUGGERE LO STATO DI COSE PRESENTE . AL MASSIMO PUO’ CREARE MOMENTI DI RESISTENZA ANCHE FORTE SE VUOI; ILLUDERSI DI AVERE CREATO ZONE LIBERATE SU SINGOLI OBIETTIVI MA SICURAMENTE DESTINATE ALLA SCONFITTA. LEI DICE CHE ” LA LOTTA DI CLASSE NON E’ UNA GUERRA, BENSI’ UN MOVIMENTO DI MASSA DI UN POPOLO CHE LOTTA PER EMANCIPARSI RISPETTO AL GIOCO IMPOSTO DAI DOMINANTI”. HA RAGIONE: IN QUESTO MOMENTO MORTI,FERITI E MISERIA SONO A SENSO UNICO SOLO NELLE FILE DEGLI SFRUTTATI E PER NOI NON E’ UN “GIOCO” MA UNA GUERRA DICHIARATA DAI PADRONI E ALLA GUERRA SI RISPONDE CON LA GUERRA. SIGNOR LUCIO, IN QUESTO CASO NON E’ POSSIBILE UN CONFRONTO DIALETTICO, CONTANO I RAPPORTI DI FORZZA , I PADRONI HANNO TUTTO, APPARATO REPRESSIVO, MILITARE, POLITICANTI E SINDACATI ASSERVITI. NOI ABBIAMO QUELLO CHE LEI CHIAMA POPOLO MASSA, E NON VOGLIAMO PORTARLO AL MASSACRO COME UN’ARMATA BRANCALEONE. ROBESPIERRE E SOPRATTUTO LENIN CI HANNO DIMOSTRATO CHE GLI SFRUTTATI POSSONO LIBERARSI DAL DOMINIO CAPITALISTA E VISTO CHE LA CRISI ATTUALE E’ UNA CRISI STORICA E MONDIALE VOGLIAMO ORGANIZZARCI COME OPERAI IN UN PARTITO PER DARE UNA SPALLATA DEFINITIVA AI NOSTRI SFRUTTATORI . FRA GIRONDINI E CLUB DEI BRETONI NOI STIAMO CON I BRETONI, FRA MENSCEVICHI E BOLSCEVICHI, NOI STIAMO CON I BOLSCEVICHI. LA PICCOLA BORGHESIA ROVINATA DALLA CRISI ORGANIZZA IL PROPRIO MOVIMENTO, POI VEDREMO COME VA A FINIRE.