Per il 27 si preannuncia un’intera notte di mobilitazione fuori ai cancelli della FIAT di Pomigliano. L’evento è organizzato dal Comitato Cassintegrati e Licenziati FIAT di Pomigliano, SI COBAS, Iskra e Coordinamento per il salario garantito. Gli organizzatori prevedono una grande affluenza. La FIAT non esprime posizione. Il solito Giannone sbraita contro questi “estranei” che vogliono bloccare il “percorso democratico avviato tre mesi fa per il rientro di tutti”. Sicuramente non è isolato. La FIAT sta già iniziando la campagna contro questi “provocatori”, “estranei” allo stabilimento. L’obiettivo è creare ulteriore distanza tra gli operai interni e chi parteciperà ai presidi.
La FIAT ha buon gioco su questo. Le ultime esperienze fuori ai cancelli di Pomigliano per bloccare gli straordinari sono fallite. Gli operai interni non hanno forzato i blocchi, ma non si sono neanche uniti ai picchetti. Una posizione di “estraneità” che alla FIAT sicuramente non ha fatto piacere, tanto da indurla a tirar fuori subito i 500 euro di premio per recuperare. Però, anche se con lo stomaco in mano, gli operai sono andati a lavorare.
Vengono da anni di compromessi a perdere, da batoste e ricatti incredibili. Non hanno una rappresentanza degna di questo nome. La maggior parte dei sindacati se li è venduti. Gli altri li hanno tenuti fermi per anni, o li hanno illusi con le cause legali, e ora non sono più capaci di mobilitarli. In questa situazione gli operai non si mobilitano.
E allora? E’ giusto forzare la mano dall’esterno come stanno facendo gli organizzatori della manifestazione del 27?
La questione è complicata. Gli operai interni non riescono a difendersi neanche sulle questioni minime. Hanno tempi di lavoro impossibili, un controllo ferreo dei capi, pause ridottissime e una marea di divieti. Perfino bere o andare al cesso è diventata un’impresa.
Quelli che stanno organizzando la mobilitazione all’esterno, parlano di “lavorare meno lavorare tutti”, di “salario garantito”. Per gli operai interni sono illusioni irrealizzabili. Anche lo slogan “reintegro di tutti i cassintegrati a salario pieno” suona come una favola in queste condizioni.
Si può organizzare una reazione degli operai al peggioramento delle loro condizioni nella crisi su queste parole d’ordine? Con la mobilitazione esterna di minoranze operaie di altre fabbriche all’interno delle quali sono minoranze? E con la partecipazione di militanti esterni non operai?
Come sanno quelli che camminano in montagna, le scorciatoie spesso appaiono invitanti, ma in salita ti spompano subito e non arrivi più.
Bisogna ancora lavorare con pazienza. Gli operai interni saranno costretti alla ribellione. Non è un fatto di volontà. E’ la crisi che li spinge verso quella strada. Ma la loro ribellione maturerà all’interno degli stabilimenti e non all’esterno. Gli operai che hanno già aperto gli occhi devono concentrarsi sugli operai interni. Far fare loro un percorso che li porti alla convinzione che sono una forza tremenda se si organizzano. Che dalla crisi si esce solo in due modi: o immiseriti e ridotti di numero mentre i padroni ingrassano ancora di più, o con le fabbriche in mano agli operai e i padroni espropriati delle loro proprietà.
Questo percorso non si fa con accelerazioni all’esterno delle fabbriche. Gli operai più coscienti e combattivi devono stare un palmo davanti agli altri non di più, altrimenti scappano avanti, ma da soli.
Sezione AsLO di Napoli
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