RASSEGNA STAMPA
Usa, economia
Boston Consulting Group agosto 2011
Di nuovo made in America
http://www.bcg.it/documents/file84471.pdf
[Made in America Again]
Harold R. Sirkin, Micheal Zinser, Douglas Hohner
+ Citi GPS 130118
* Citi è una delle maggiori istituzioni finanziarie del mando, opera in tutti i maggiori paesi e in quelli emergenti
È in corso una rinascita del manifatturiero Usa?
Deane M Dray, CFA
– Le previsioni della fine del manifatturiero americano si dimostrano ancora una volta errate:
– la produzione è 2 ½ quella del 1972 in $ costanti, l’occupazione è invece calata del 33%.
– Nel 1997-2008, nonostante la recente ondata di delocalizzazione in Cina, il valore della produzione manifatturiera Usa è aumentato di 1/3, a $1,65 trilioni, grazie al fortissimo aumento di produttività del settore industriale.
Nel 2010, la Cina contava per il 19,8% del valore aggiunto della manifattura mondiale, gli Usa per il 19,4%, quota calata solo leggermente negli scorsi 3 decenni. L’analisi prevede che fra 5 anni il costo complessivo di produzione per molti prodotti sarà inferiore solo del 10-15% nelle città cinesi della costa rispetto ad alcune aree sindacalmente più deboli nel Sud degli Usa, dove verranno facilmente costruite fabbriche.
Il forte vantaggio della Cina nel manifatturiero sta diminuendo velocemente a causa di: crescita dei salari cinesi, aumento della produttività negli Usa, dollaro più debole, e una serie di altri fattori, che sta riducendo il divario dei costi di produzione tra Cina e Usa, per diverse merci consumate in Nord America. Entro il 2015 per molte merci la produzione in alcune aree Usa sarà economica come in Cina.
– 1. i salari medi cinesi sono aumentati del 150% nel 1999-2006, nel 2000-2005 salari e benefit sono aumentati mediamente del 10% l’anno, e nel 2005-2010 del 19% l’anno, mentre il costo complessivo dei salariati Usa è aumentato solo del 4%, anche grazie a sindacati accomodanti (Citi).
Nel 2010 Foxconn International, 920 000 salariati solo in Cina, dopo forti scioperi e un’ondata di suicidi, ha raddoppiato i salari nell’enorme sito di Shenzen; in una fabbrica che rifornisce Honda con la lotta i lavoratori hanno ottenuto un aumento salariale del 47%. I salari minimi sono aumentati più del 20% in 20 regioni, e del 30% nel Sichuan.
In aumento del 15-20% annuo di salari e benefit nelle fabbriche cinesi, aggiustato con la maggiore produttività dei salariati Usa, faranno diminuire il vantaggio cinese sui salari Usa dal 55% attuale al 39% nel 2015. (anche se il costo del lavoro americano è tra i maggiori del mondo).
Nel delta dello Yangtze, che comprende Shanghai, e che ha la maggiore produzione industriale della Cina e con industrie altamente qualificate, BCC calcola un aumento del 18% medio annuo del costo salariale complessivo.
[grafici su produttività, automazione, salari in Cina; grafico sull’andamento dell’occupazione nel manifatturiero negli Usa]
Produttività cinese rispetto alla produttività Usa, in %
2. Produttività Con un aumento di circa il 10% l’anno, la produttività cinese potrebbe raggiungere il 40% della produttività Usa nel 2015.
– 3. svalutazione del $ rispetto allo yuan rende gli Usa un’area competitiva per l’industria di esportazione; la forza dello yen giapponese spinge i gruppi giapponesi a spostare le fabbri che dal mercato cinese.
– 4. prospettive positive dal punto di vista energetico, il gas e petrolio da scisti, sfruttabile con le tecniche di fracking; il gas naturale costa ora 3-4 volte di più in Europa che negli Usa.
– 5. Utilizzo delle capacità produttive, in minimo è stato raggiunto nel giugno 2009 con il 67%; nel novembre 2012 è risalita al 785, inferiore alla media dell’80% prima della crisi finanziaria.
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Limes 131021
Manifattura, il ritorno del Made in Usa
Dal 2000 a oggi, la manifattura statunitense ha perso il 30% dei posti di lavoro e il 23% (fino al 2011) del valore aggiunto, valori che si iscrivono all’interno di un trend negativo del settore che risale a molto prima;
la quota della manifattura nel valore aggiunto prodotto dal settore privato è passata dal 33% della metà degli anni Sessanta a circa il 15% attuale.(dati diversi su Citi, vedi sopra 19,4%)
– Ma la fine del manifatturiero Made in Usa appare ancora lontana. Si comincia a tracciare un’inversione di tendenza; vi contribuiscono elementi diversi.
– possibile rientro in patria di numerose aziende, che dieci anni fa avevano iniziato a investire massicciamente in Cina; fattore centrale è il costo del lavoro:
– nel 2000 il salario medio cinese era pari a 0,72$ l’ora, 22 volte inferiore rispetto a quello americano;
– nell’ultimo decennio, è salito rapidamente ed è previsto che arrivi nel 2015 a circa 6,31$/h (quello americano a 24,81$/h).
– un costo può sembrare ancora un valore conveniente, ma la produttività cinese nel 2000 era nettamente inferiore a quella statunitense;
– nel 2015 resterà comunque al di sotto del corrispettivo americano (cresciuta a un ritmo maggiore che in precedenza negli ultimi dieci anni – Citi 2013
– Nel 2000 lo scarto salariale giustificava maggiori assunzioni a compensare la differenza di produttività;
– una volta che i salari cominciano a salire, i benefici di mantenere la produzione a livello locale diventano sempre più importanti e l’ago della bilancia pende meno verso l’espansione a est.
– Delle oltre 200 aziende intervistate, il 54% – il 3% in più rispetto al 2012 – di quelle con un fatturato superiore a 1 miliardo di dollari starebbe pianificando di riportare la produzione negli Stati Uniti.
– 7 settori per i quali, a partire dai prossimi anni, potrebbe essere conveniente produrre in America: computer ed elettronica, componenti elettriche, macchinari, mobili, metalli, prodotti di plastica e di gomma, produzione legata al settore dei trasporti.
– La dimensione globale rimane però essenziale; la Cina resta un punto di partenza interessante, sia in termini di investimenti in ricerca e sviluppo, sia per la vicinanza con gli utenti finali di un mercato destinato a ospitare un numero sempre maggiore di clienti.
[r+t]
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