Redazione di Operai Contro,
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T’invio un articolo di Serena Danna
Se scrivi «The Jungle, Silicon Valley» su Google – il nome del più grande accampamento per homeless della zona – il primo risultato è un parco giochi. Non è uno scherzo: per il motore di ricerca di Mountain View The Jungle è il luogo dove bambini e adulti di San Jose vanno a divertirsi. Proprio di fronte al parco-divertimenti – giusto il tempo di attraversare una strada a quattro corsie molto trafficata -, in un pezzo di terra di 700 ettari, ha sede il più grande campo per senzatetto della California.
Leggenda vuole che il nome provenga dalla quantità di alberi presenti, diventati di volta in volta case, nascondigli, orinatoi o muri dove incidere pensieri. Ci sono due accessi al campo. Il primo sbuca dallo stretto marciapiede che costeggia Camden Avenue, dove tra anime perse che camminano con i carrelli della spesa usati come valigie, c’è una fermata dell’autobus per il personale degli adiacenti grandi magazzini, molti dei quali lavorano a salario minimo: 7,25 dollari all’ora. L’altro accesso è una piazzola di sosta, contesa tra i volontari che fanno assistenza agli homeless e i delinquenti alla ricerca di disperati da usare per gli affari. A volte è difficile distinguerli, spesso è tutta una questione di fortuna. La stessa che ci fa incontrare Jose nel parcheggio con il suo cane, maschio, che lui continua a chiamare Babe. Jose è un ex idraulico di origini messicane. È arrivato alla «Giungla» due anni fa, prendendo il posto di un amico. Prima alternava le mansioni da idraulico all’assistenza a un anziano di San Jose: «Quando è morto, ho dovuto lasciare l’appartamento in cui vivevo con lui – racconta . Ero stato qui diverse volte a trovare un amico, un giorno ho deciso di fermarmi. Sono passati due anni». La sua «casa» è la più grande di tutto il campo, ha costruito anche un muro con le piante, e diviso la zona-notte da quella giorno con cartoni di compensato. Da qualche mese ha cominciato a scavare sottoterra e ha creato un tunnel sotterraneo di dieci metri: «Ci posso già dormire ma ho intenzione di renderlo abitabile. Magari posso organizzare pranzi!», dice sorridendo.
A novembre tre clochard sono morti per il freddo a The Jungle. Le baracche di fortuna costruite con i cartoni non sono sufficienti per ripararsi, come non lo sono le tende. Eppure Jose continua a parlare di libero arbitrio: «Non mi hanno obbligato a stare qui, l’ho scelto. È come vivere in campeggio all’aria aperta». L’ex idraulico ha 45 anni e ne dimostra almeno 10 di più. Ha il viso segnato dalla fatica e dalla sporcizia. A volte sembra su di giri, ma ha solo voglia di parlare con persone che non siano i suoi vicini. I «matti» ci sono nel campo. Mentre lo attraversiamo, ne incontriamo due: uno è sdraiato a terra e parla con una busta di patatine, un altro ci ferma perché ha paura di essere seguito. Il 48% dei senzatetto della California soffre di disturbi psichiatrici, spesso causati da abuso di sostanze stupefacenti. Eppure lo Stato ha tagliato del 21% la spesa per la malattia mentale negli ultimi tre anni. Alla Giungla ci sono 75 persone al momento della nostra visita. Jose racconta che il numero è raddoppiato nell’ultimo anno. La sua testimonianza sembra trovare conferma nei dati ufficiali: a fronte di una diminuzione dei senzatetto negli Stati Uniti, nella zona della Silicon Valley il numero è cresciuto quasi del 10% in due anni. A Palo Alto, città dove ha sede la prestigiosa Stanford University e, tra i vari colossi, ci sono Linkedin e Hewlett-Packard, per far fronte alla crescente «invasione» di vagabondi, l’amministrazione comunale ha approvato ad agosto un regolamento che vieta alle persone di dormire nelle proprie automobili. Un’altra legge ha bandito la possibilità di sostare per più del tempo necessario nella zona adiacente al Cubberley Community Center, l’unico posto in città dove ci sono le docce pubbliche.
Tra i nuovi ospiti di The Jungle c’è Chantelle, un travestito di colore che cammina su trampoli rosa senza dare confidenza agli altri. Ha alcune macchie bianche sulle mani, forse è solo psoriasi. Jose racconta che l’aspetto più sgradevole è rappresentato proprio dal turnover del campo: nuovi inquilini significano spesso nuovi problemi. «Raramente abbiamo guai però tocca stare attenti: a volte arriva gente violenta, disposta a picchiarti per un carrello», spiega. Al campo ci sono anche residenti di vecchia data: tra loro, Mama Red, che ci vive da 17 anni, da quando è stata costretta a chiudere il suo negozio di fiori e a usare gli ultimi soldi per assicurare sopravvivenza a un marito alcolizzato pieno di debiti. È riuscita a fuggire ma la sua fuga si è fermata a Camden Avenue. Come Jose, Mama Red sorride spesso. Non le danno fastidio «gli estranei» e racconta storie più che volentieri. Quella di Kristina, per esempio: una bella donna sulla cinquantina che – durante la bolla della internet economy – era impiegata in una delle centinaia di tech company della zona. La sua ha bruciato tutto in 8 mesi, e Kristina, che dopo il fallimento dell’azienda ha avuto una depressione, non è riuscita a rialzarsi: qualche mese da cameriera in un bar a servire ex colleghi; un anno in alloggi di fortuna (il costo di un bilocale in Silicon Valley va da 1800 a 4800 dollari), una terribile serata con un ospite violento e, infine, la scelta drastica di vivere di stenti in una tenda tra immondizia e pezzi di ricambio di automobili. «La polizia si fa vedere poco da queste parti, vengono solo per prendere informazioni su furti e omicidi, vogliono sapere se abbiamo visto qualcosa o qualcuno. Se collaboriamo ci lasciano in pace», spiega Mama Red.
Il confine tra tolleranza e indifferenza è sottile in Silicon Valley. Come quando chiediamo alla proprietaria di un appartamento in vendita a pochi metri da The Jungle se la presenza del campo rappresenti un ostacolo per gli eventuali acquirenti: «Il giardino non confina – spiega -, il problema può essere l’immondizia ma non si vede». È la povertà che, a volte, non si vede. Soprattutto nella Valle del Silicio, dove si concentra in pochi chilometri parte della ricchezza del mondo.
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