Redazione di Operai Contro,
i partiti sono peggiori della mafia, chiedono il pizzo su tutto.
Mentre la Guardia di Finanza passa le carte sulle «spese pazze» dell’assemblea regionale Siciliana alla Corte di conti per capire se nel pasticcio dei 10 milioni di euro spesi da 97 deputati in borse e cravatte, gioielli, vini e caffè, si configuri un danno erariale, fra le pieghe della Finanziaria appena approvata, emerge uno «scandalo» denunciato dai grillini che, in tempi di spending review, accusano tutti i partiti di avere appena aumentato lo stipendio ai capigruppo di 1.160 euro lordi al mese.
E in effetti questo è accaduto nell’assemblea da qualche giorno in prima pagina per il mutuo casa alle coppie gay e per la cresta sui fondi degli stessi gruppi. Echeggia ancora fra gli austeri saloni di Palazzo dei Normanni un acido battibecco fra i grillini e il loro capogruppo Giancarlo Cancellieri, da una parte, e, dall’altra, un loro ex paladino, Antonio Venturino, sganciatosi dai 5 Stelle e rimasto in sella da solo come vicepresidente dell’assemblea, senza restituire al movimento di Grillo e Casaleggio né una parte dello stipendio né la cosiddetta «indennità di funzione» da 1.800 euro al mese.
LE INDENNITA’ DI FUNZIONE – Ed è questa voce a creare nuove polemiche. Ce l’ha da sempre, ovviamente, anche il presidente Giovanni Ardizzone, più robusta, 2.700 euro. E ce l’hanno i presidenti delle commissioni parlamentari, 1.159 euro al mese, mentre i loro vice si fermano a 290 euro e i segretari non superano i 145 al mese. Un cadeau per tutti, chi più chi meno. Fatta eccezione per i capigruppo, finora a secco. Ma non più perché, dopo avere recepito il decreto Monti e ridotto sensibilmente tutti gli appannaggi a una media di circa 8 mila euro netti al mese, si è deciso per loro un «regalino» da 1.160 euro lordi al mese, giusto per addolcire la pillola. Fuoco alle polveri e via con i tuoni di Cancelleri contro la casta: «Una decisione assurda da noi respinta al mittente perché le indennità di funzione non hanno motivo di esistere». Ma con il contrattacco di Venturino contro questi suoi ex compagni d’avventura che «gettano fumo negli occhi e fanno disinformazione per fomentare l’opinione pubblica anche contro questo ufficio di presidenza». Poi, la spiegazione ripetuta durante il dibattito in aula con riferimento a quanto accadeva prima della spending review del decreto Monti: «Tutti i capigruppo, compreso Cancellieri, disponevano direttamente del 10 per cento di quanto veniva assegnato ad ogni gruppo, per le spese necessarie. Eseguiti i drastici tagli del decreto Monti e diminuite tutte le indennità di carica, a partire dal presidente sino ad arrivare ai segretari, per garantire comunque ai capigruppo la possibilità di espletare le proprie funzioni, in sintonia con quanto adottato in diversi consigli regionali, l’assemblea ha deciso di attribuire quei 1.160 euro lordi…».
SPESE DA DIMOSTRARE – Venturino non ci vede niente di male. Come quasi tutti i deputati dell’assemblea da martedì sera concentrati sullo scandalo delle «spese pazze». In qualche caso «per niente pazze», come ripete il presidente dell’assemblea Giovanni Ardizzone, ieri di buon’ora a colloquio con il procuratore della Repubblica Francesco Messineo e con l’aggiunto Leonardo Agueci, a sua volta cosciente delle difficoltà: «Siamo alla fase iniziale, complicato accertare il reato, dato che la zona grigia tra lecito e illecito è ampia…». Una visita per confermare la piena disponibilità della presidenza e «la necessità di accelerare per chiarire…». Un modo per ribadire che occorrerà distinguere caso per caso. Come chiedono tutti. Anche l’ex capogruppo del Pd Antonello Cracolici. E un altro indagato eccellente, Davide Faraone, da Matteo Renzi arruolato nella segreteria nazionale del partito, certo di potere provare che i 3 mila euro contestati sono stati utilizzati solo per attività politica. Come forse non tutti potranno dimostrare.
Comments Closed