FIAT, LA MEMORIA DI UN OPERAIO

Redazione di Operai Contro, MEMORIA: vi invio alcune osservazioni dopo aver visto la pessima fiction della Rai1”anni spezzati” – parte “l’ingegnere”. Inutile ripetere che la storia la raccontano i padroni, temporaneamente vincitori e alle prese con una lotta di classe contro i lavoratori.   Il licenziamento dei 61 lavoratori Fiat  nell’area di Torino del 1979 era il primo passo per un salto nella ristrutturazione tecnica e politica in fabbrica. Il pretesto iniziale fu la lotta al terrorismo. Ines Arciuolo faceva parte dei 61, ha scritto un libro autobiografico da cui è disponibile un capitolo: alla Fiat – pdf -estratto da ‘A […]
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Redazione di Operai Contro,

MEMORIA: vi invio alcune osservazioni dopo aver visto la pessima fiction della Rai1”anni spezzati” – parte “l’ingegnere”. Inutile ripetere che la storia la raccontano i padroni, temporaneamente vincitori e alle prese con una lotta di classe contro i lavoratori.

 

Il licenziamento dei 61 lavoratori Fiat  nell’area di Torino del 1979 era il primo passo per un salto nella ristrutturazione tecnica e politica in fabbrica. Il pretesto iniziale fu la lotta al terrorismo.

Ines Arciuolo faceva parte dei 61, ha scritto un libro autobiografico da cui è disponibile un capitolo: alla Fiat – pdf -estratto da ‘A casa non ci torno’- Ines Arciuolo- Stampa Alternativa 2007http://www.pinographic.altervista.org/ALLA%20FIAT.pdf

Così scrive Ines Arciuolo: “Di fronte al gravissimo avvenimento, il sindacato e la sinistra ufficiale osservarono un atteggiamento schizofrenico: la Flm organizzò scioperi e assemblee; il Pci, i cui quadri avevano partecipato a stilare la lista dei “violenti” da far fuori, invitato da Romiti a osservare «un atteggiamento responsabile», si defilò.
La risposta dei lavoratori fu contraddittoria: gli scioperi di solidarietà riuscirono solo in alcune sezioni, ma molti operai rabbiosi denunciarono l’atteggiamento ambiguo di alcuni delegati. «Sono passati nelle squadre a dirci di non fare sciopero perché la situazione è pericolosa» mi raccontò, affranta, un’operaia della mia squadra. Nell’autunno 2000, in occasione delle celebrazioni per ilventennale, non sarà più un mistero per nessuno che i dirigenti del Pci e alcuni delegati dello stesso partito avevano partecipato alla scelta dei nomi degli “elementi” da allontanare.”

Dopo il licenziamento dei 61 la direzione Fiat fece il blocco delle assunzioni, l’attacco all’assenteismo e si dedicò ai grandi numeri nel 1980.

Quella che viene definita la tappa decisiva nella grande fabbrica della “sconfitta operaia” era stata sancita a livello di massa con il ‘referendum’ della marcia dei 20.000 capi, quadri, impiegati… (definiti i ‘ 40mila’).

Chi mette in evidenza questo passaggio, sovente non ammette quanto a lungo fosse stato preparato nell’opinione pubblica, nei quadri e con adeguati investimenti che cambiavano progressivamente faccia all’officina.

Questi cambiamenti erano stati sovente ‘sollecitati’ dalla sinistra ‘riformista’ che aspettava di poter accedere al comando tecnico della fabbrica, dopo aver ricevuto la delega nelle amministrazioni locali.

Il nuovo operaio che sarebbe venuto fuori dalla ristrutturazione, sedato, ricattato e in parte rimotivato coi ‘circoli di qualità’ e nuove mansioni, stava meglio dentro la visione parziale del sindacato che da anni si batteva sul recupero e la valorizzazione della ‘professionalità’.

Poi arrivarono il contratto di formazione lavoro e tutte le decine di lavoro precario giunte fino ad oggi…

Oggi la Fiat è diventata FCA con la Chrysler e non ci sono molte speranze per le sue fabbriche italiane: i ’40mila’ non si aspettavano certo questo esito (molti di loro furono colpiti dai licenziamenti), ma nemmeno la maggioranza degli operai….

Piero Baral –  FIAT61_2012

                                vedi:  http://www.pinographic.altervista.org/FIAT61_2012.

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