Ho girato il documento a Compagne e Compagni attenti e militanti, sperando in un loro contributo sul nostro telematico.
Tante volte si trovano persone che condividono le nostre posizioni, ma ancora non ci conoscono o non approfondiscono il rapporto con l’AsLO.
Come spesso ribadito da tanti qui, è tempo di allargare i nostri discorsi. Probabilmente siamo già in ritardo, o forse no.
In ogni caso, per gli Operai non esiste scelta, se non MACELLATI o INSURGENTI.
alanza53
Posted Marzo 14, 2014 at 8:46 PM
I fatti e la testa: Il mio vissuto, a volte, prende il sopravvento sul razionale. Non devo fare nessuno sforzo per immaginarmi la quotidianità che vivono gli operai, quelli licenziati o quelli con salari da fame. Ho 61 anni, sono figlio di uno schiavo salariato morto sul lavoro in Francia nel 1957 quando io avevo solo 4 anni. Ultimo di 5 figli, le privazione e gli stenti vissuti avevano fatto di me un ribelle. Ribelle e basta. La mia fortuna è stata quella di incontrare schiavi coscienti che mi hanno aiutato nel percorso di crescita e che mi hanno aperto gli occhi sul tipo di vita che questa società mi riservava; la fabbrica, le piazze, ma soprattutto i compagni sono stati una scuola insostituibile nella mia evoluzione verso il comunismo. Quarantasei anni di militanza comunista non sono serviti a fare del sottoscritto un compagno razionale. La proposta del partito informale la condivido. I cinque punti per il partito operaio chiariscono ulteriormente l’importanza, la necessità e la modalità della costruzione del partito operaio. La mia autocritica: la dirompente crisi del sistema capitalista, che provoca miseria ed emarginazione nelle file degli operai, faceva sì che, nonostante il fatto che condividessi la proposta del partito operaio informale, la ritenevo troppo lunga da realizzare avendo anche la convinzione che questa crisi storica del capitalismo, provocherà, oltre a miseria generalizzata, una guerra fra sfruttati di tutto il mondo. Cosa che è nel DNA del sistema capitalista, e nel fatto che non tutti gli operai hanno la coscienza degli schiavi della INNSE. I cinque punti mi hanno messo con i piedi per terra: gli operai e solo gli operai saranno artefici del loro destino, senza delegare nessuno a rappresentarli. Oltre i cinque punti mi è stato di grande aiuto uno scambio di opinioni con un giovane operaio della IRISBUS; l’impatto con la realtà per il giovane è stato fondamentale: ha individuato i nemici nei padroni, non si sente rappresentato ne’ dai partiti politici, ne’ dai sindacati asserviti, che hanno firmato per la chiusura della fabbrica; si lamentava anche dell’atteggiamento poco combattivo degli altri operai. Questa realtà gli ha creato sconforto e delusione; gli ho fatto notare che in pochi anni da schiavo salariato aveva fatto passi da gigante nel prendere coscienza della situazione e che bisogna lavorare per fare in modo che anche gli altri operai arrivino alle sue conclusioni. (grazie A. A.) Operai, non ci sono alternative, lo scontro con i nostri sfruttatori è inevitabile e solo organizzati abbiamo la certezza di vincere. PS. COMPAGNI, RITENGO IMPORTANTE RISTAMPARE IL LIBRO “OPERAI E TEORIA” E IL DOCUMENTO DEL 1991 “OPERAI NELLA CRISI” .
Ercole2
Posted Marzo 14, 2014 at 10:54 PM
Io suggerirei ( se le risorse economiche lo permettono ) di pubblicare una rivista teorica anche semestrale in cui si trattano argomenti teorici è di attualità come forma di autofinanziometo è soprattutto essere visibili dove è possibile per contribuire alla crescita di una coscienza di appartenenza di classe.
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Ho girato il documento a Compagne e Compagni attenti e militanti, sperando in un loro contributo sul nostro telematico.
Tante volte si trovano persone che condividono le nostre posizioni, ma ancora non ci conoscono o non approfondiscono il rapporto con l’AsLO.
Come spesso ribadito da tanti qui, è tempo di allargare i nostri discorsi. Probabilmente siamo già in ritardo, o forse no.
In ogni caso, per gli Operai non esiste scelta, se non MACELLATI o INSURGENTI.
I fatti e la testa: Il mio vissuto, a volte, prende il sopravvento sul razionale. Non devo fare nessuno sforzo per immaginarmi la quotidianità che vivono gli operai, quelli licenziati o quelli con salari da fame. Ho 61 anni, sono figlio di uno schiavo salariato morto sul lavoro in Francia nel 1957 quando io avevo solo 4 anni. Ultimo di 5 figli, le privazione e gli stenti vissuti avevano fatto di me un ribelle. Ribelle e basta. La mia fortuna è stata quella di incontrare schiavi coscienti che mi hanno aiutato nel percorso di crescita e che mi hanno aperto gli occhi sul tipo di vita che questa società mi riservava; la fabbrica, le piazze, ma soprattutto i compagni sono stati una scuola insostituibile nella mia evoluzione verso il comunismo. Quarantasei anni di militanza comunista non sono serviti a fare del sottoscritto un compagno razionale. La proposta del partito informale la condivido. I cinque punti per il partito operaio chiariscono ulteriormente l’importanza, la necessità e la modalità della costruzione del partito operaio. La mia autocritica: la dirompente crisi del sistema capitalista, che provoca miseria ed emarginazione nelle file degli operai, faceva sì che, nonostante il fatto che condividessi la proposta del partito operaio informale, la ritenevo troppo lunga da realizzare avendo anche la convinzione che questa crisi storica del capitalismo, provocherà, oltre a miseria generalizzata, una guerra fra sfruttati di tutto il mondo. Cosa che è nel DNA del sistema capitalista, e nel fatto che non tutti gli operai hanno la coscienza degli schiavi della INNSE. I cinque punti mi hanno messo con i piedi per terra: gli operai e solo gli operai saranno artefici del loro destino, senza delegare nessuno a rappresentarli. Oltre i cinque punti mi è stato di grande aiuto uno scambio di opinioni con un giovane operaio della IRISBUS; l’impatto con la realtà per il giovane è stato fondamentale: ha individuato i nemici nei padroni, non si sente rappresentato ne’ dai partiti politici, ne’ dai sindacati asserviti, che hanno firmato per la chiusura della fabbrica; si lamentava anche dell’atteggiamento poco combattivo degli altri operai. Questa realtà gli ha creato sconforto e delusione; gli ho fatto notare che in pochi anni da schiavo salariato aveva fatto passi da gigante nel prendere coscienza della situazione e che bisogna lavorare per fare in modo che anche gli altri operai arrivino alle sue conclusioni. (grazie A. A.) Operai, non ci sono alternative, lo scontro con i nostri sfruttatori è inevitabile e solo organizzati abbiamo la certezza di vincere. PS. COMPAGNI, RITENGO IMPORTANTE RISTAMPARE IL LIBRO “OPERAI E TEORIA” E IL DOCUMENTO DEL 1991 “OPERAI NELLA CRISI” .
Io suggerirei ( se le risorse economiche lo permettono ) di pubblicare una rivista teorica anche semestrale in cui si trattano argomenti teorici è di attualità come forma di autofinanziometo è soprattutto essere visibili dove è possibile per contribuire alla crescita di una coscienza di appartenenza di classe.