Om Carrelli elevatori di Modugno (Ba), Franzoni Filati di Trani, Nuova Adelchi di Tricase (Le), Miroglio di Ginosa (Ta) e Castellaneta (Ta), Marcegaglia Buildtech e Vestas di Taranto, e così via.
È lungo l’elenco di fabbriche pugliesi chiuse negli ultimi anni. Ancora più lungo quello degli operai licenziati.
Ogni fabbrica ha una storia originale, ma in fondo simile a quella delle altre. I padroni hanno prima riempito le proprie tasche di denaro pubblico, poi hanno chiuso e delocalizzato dove era possibile sfruttare di più altri operai e magari usufruire di altro denaro pubblico.
Che fine hanno fatto gli operai di quelle fabbriche? I 220 dell’Om, i 70 della Franzoni, i 700 dell’Adelchi e gli altri ancora? E, uscendo dalla Puglia, gli operai della Irisbus di Avellino, della Goodyear di Cisterna di Latina e di tante altre fabbriche chiuse negli ultimi anni?
Dal punto di vista economico buttati in mezzo alla strada, ad arrangiarsi per sopravvivere, pressoché alla fame. Alcuni sopravvivono a stento con la cassa integrazione, per lo più in deroga, altri con i quattro euro della mobilità, quasi tutti con la rete degli aiuti familiari. Chi è emigrato, chi si arrabatta come può, chi nel frattempo si è ammalato o è morto per malattie contratte in fabbrica.
Dal punto di vista sociale sono quasi tutti isolati: persi l’identità e il legame che dà la fabbrica, è facile perdere l’unità, anche quella costruita in un presidio.
E gli altri attori di queste vicende? I padroni continuano a fare profitti, non in Puglia, ma all’estero, in Albania, in Etiopia, in Bangladesh, in Cina, altrove, dovunque sia possibile estorcere maggiore profitto dagli operai. Certo, essi non muoiono di fame. Anzi!
I politici, i preti, i giornalisti, i cantanti, gli attori, tutti coloro che hanno espresso a parole solidarietà con gli operai a turno in lotta, continuano a fare tranquilli la propria vita. Certo, neanche essi muoiono di fame.
I sindacalisti, quelli che a parole hanno “difeso” gli operai facendo loro avere gli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità) presentandoli come una grande conquista, anche essi proseguono la loro vita e la loro attività sindacale. E a percepire il loro stipendio a fine mese. Certo, neanche essi muoiono di fame.
Questa premessa per rispondere a un operaio Om che, malgrado la fine del presidio lo scorso dicembre e il licenziamento di fatto di tutti gli operai, ancora ritiene che almeno un sindacalista, il coordinatore regionale della Uilm Franco Busto, abbia fatto tutto il possibile a fianco degli operai e che quindi meriti il suo stipendio. Ma, nello stesso tempo, per rispondere anche a tutti gli operai che hanno ancora fiducia nel “lavoro” dei sindacalisti di mestiere.
Caro Roberto, sgombriamo subito il campo da alcune ipotesi errate. Non abbiamo nulla di personale verso Franco Busto, quasi non lo conosciamo, se non di vista: ci interessano solo le posizioni sindacali, sue e degli altri sindacalisti, nient’altro. Nessuno ci ha passato informazioni o altro materiale, tutto ciò che sappiamo degli operai Om lo abbiamo appreso direttamente da voi operai, tutte le volte che siamo venuti al presidio a solidarizzare e condividere la vostra lotta, sia durante il primo presidio (luglio-agosto del 2011), sia durante il secondo (aprile-dicembre del 2013). E su Operai Contro telematico abbiamo dato conto costantemente della vostra lotta (la foto del calendario Uil è stata scattata dentro il gazebo del presidio).
Abbiamo apprezzato e aiutato come abbiamo potuto la lotta degli operai Om perché avete resistito per mesi, pressoché da soli e in condizioni difficilissime, contro un esercito di nemici e falsi amici, che hanno impiegato la violenza, i ricatti e le belle parole per isolarvi, dividervi, stancarvi, demolirvi. Erano anni che la zona industriale di Bari non viveva una lotta operaia come la vostra: addirittura dal 1977, quando gli operai della Hettemarks di Modugno insorsero contro i padroni svedesi che ne avevano decretato la chiusura ma furono letteralmente scaricati, lasciati soli – già allora, ma non c’era e non c’è da meravigliarsi – dai sindacalisti locali, provinciali, regionali e nazionali di Cgil, Cisl e Uil.
Caro Roberto, credi davvero che Franco Busto e la Uilm abbiano fatto tutto il possibile per sostenere la lotta degli operai Om?
Anche un altro operaio Om (Rsu Cgil) ha sostenuto più volte al presidio che i sindacati, tutti, non avrebbero potuto fare di più. Ma altri operai Om, tuoi compagni di lotta, pensavano il contrario e sicuramente lo pensano tuttora: e lo hanno detto a chiare lettere nei discorsi fatti insieme, più volte, e anche in un’intervista pubblicata su Operai Contro, che alleghiamo. E ti ricordiamo che il 31 ottobre scorso molti operai Om hanno organizzato una manifestazione con corteo per le vie di Bari al di fuori di Cgil, Cisl, Uil e altri sindacati, senza essi e anzi contro essi, proprio perché giudicati latitanti, lontani, estranei alla lotta degli operai.
Perciò ti poniamo alcune domande. E le poniamo a tutti gli operai che in qualche modo ripongono ancora fiducia nei sindacalisti di mestiere.
Gli operai hanno veramente bisogno dei sindacalisti che ci tengono la mano mentre ci portano all’estrema unzione della cassa integrazione e ci asciugano le lacrime e ci danno una pacca sulle spalle davanti alla prospettiva della fame, per noi e i nostri figli? Che ce ne facciamo di questi sindacalisti? A che cosa ci servono?
Agli operai Om hanno portato solidarietà singoli operai di altre fabbriche della zona industriale di Bari, ma poi questi hanno dovuto desistere e allontanarsi per il ricatto dei propri padroni e dei loro sgherri, che, passando davanti al presidio, li avevano riconosciuti dalle tute. La Uilm (e così la Fiom e la Fim) perché non ha organizzato scioperi nelle fabbriche della zona industriale di Bari-Modugno a sostegno della lotta degli operai Om? Ciò che ieri è accaduto agli operai Om domani non può capitare anche agli operai della Bridgestone, della Bosch, della Getrag, dell’Osram o di altre fabbriche baresi? Vincere all’Om non sarebbe stato un ottimo esempio per tutti gli operai della zona industriale di Bari-Modugno e di altre fabbriche in Italia?
Che cosa ha fatto la Uilm per tenere uniti gli operai Om ed evitarne la disgregazione? E che cosa ha fatto per unire a essi gli operai di altre fabbriche? Che cosa ha fatto per evitare che gli operai rimanessero a “marcire”, isolati da tutti, al presidio e per portate la loro lotta in città?
Bene, a queste domande bisogna dare risposta. Noi diciamo: un bel niente! E anche molti operai Om la pensano così.
La realtà è che padroni, sindacalisti e politicanti hanno abituato noi operai a perdere, all’Om come dovunque.Il copione è sempre lo stesso, in tutte le fabbriche, a Bari e altrove, dovunque.
Il padrone dichiara la crisi dell’azienda o decide di chiuderla subito. Il costo ricade su noi operai: cassintegrati o licenziati, alla fame.
I sindacalisti chiedono tavoli di confronto, organizzano qualche viaggio a Roma o processione di protesta, ci invitano a stare buoni, poi firmano un accordo di ristrutturazione o messa in cassa integrazione, presentandocelo come una conquista.
Anche i politicanti ci ammoniscono a stare buoni e invocano gli ammortizzatori sociali, il governo, lo stato, ci mette qualche euro e finisce là.
Se la fabbrica chiude, andiamo tutti in mezzo alla strada. Se la fabbrica non chiude, una parte di noi va comunque in mezzo alla strada e quelli che rimangono lavorano il doppio per gli stessi soldi e con meno diritti di prima.
A Bari è accaduto esattamente questo. Alla Om Carrelli gli operai sono andati tutti in mezzo alla strada. Alla Bridgestone una parte sta andando fuori e chi rimane lavora più di prima. I sindacalisti hanno brigato con le buone e con le cattive per fare un mazzo così agli operai baresi e guadagnarsi il loro stipendio: se lo meritano, quindi, il loro stipendio, come no, ma questo, caro Roberto, cari operai, lasciamolo dire ai padroni, visto che i sindacalisti lavorano, di fatto, per loro. Noi siamo operai!
SALUTI OPERAI DALLA PUGLIA
la tua analisi è assolutamente condivisibile, gli operai ma anche tutte le altre categorie lavorative, devono prendere coscienza della loro forza e non delegarla a loschi figuri, falsi amici ed opportunisti.