Redazione di Operai Contro,
i capitalisti italiani sono tra i principali responsabili della fame in Africa.
I capitalisti italiani sono gli stragisti del mediterraneo
Vi invio un articolo
Un senegalese
L’Eni è indagata per corruzione internazionale per l’acquisizione nel 2011 di un giacimento petrolifero al largo della Nigeria del valore di un miliardo e 300 milioni di dollari. Mercoledì 11 giugno i finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Milano su mandato dei pm Fabio De Pasquale eSergio Spadaro, della Procura di Milano, sono entrati nella sede della società energetica quotata in borsa e controllata dal ministero dell’economia per notificare due atti. Il primo era un avviso di garanzia per responsabilità di tipo amministrativo secondo il decreto legislativo 231 del 2001 nei confronti della società. L’ipotesi contestata è la corruzione internazionale e l’Eni è stata iscritta nel registro degli indagati perché la legge del 2001 estende alle persone giuridiche la responsabilità per reati commessi in Italia e all’estero da persone fisiche che operano per la società.
Il secondo atto notificato all’Eni è una richiesta di acquisizione di una lunga serie di documenti riguardanti l’accordo stipulato nell’aprile del 2011 con il governo nigeriano e anche le trattative intervenute nel 2009-2010 con la società Malabu. Risulta indagato Gianluca Di Nardo, l’imprenditore legato da un lato all’uomo di affari che faceva da interfaccia con i nigeriani, Ebeka Obi e dall’altro a Luigi Bisignani, che garantiva un canale preferenziale grazie al suo amico: l’allora amministratore dell’Eni, Paolo Scaroni. L’indagine dei pm De Pasquale e Spadaro coinvolge anche l’ex amministratore dell’Eni e Bisignani, che è stato già sentito dai pm a Milano nei mesi scorsi. Nel doppio avviso all’Eni la Procura non scopre le sue carte. Tutto parte dai numerosi esposti dell’associazione Re:common. L’indagine ha però preso vigore quando sono state acquisite dai pm milanesi le intercettazioni dell’indagine del 2010 sulla cosiddetta P4 di Henry John Woodcock e Francesco Curcio.
In quelle intercettazioni emerge chiaramente l’intervento di Bisignani, attivato dal suo amico Di Nardo, su vertici dell’Eni di allora. Bisignani, che poi ha patteggiato nell’indagine P4 una pena di 19 mesi per associazione a delinquere e rivelazione di segreto, parlava al telefono con il suo compagno di partite a tennis Scaroni e anche con Claudio Descalzi. L’attuale amministratore delegato dell’Eni agiva su indicazione del suo capo di allora ma ha partecipato a numerosi incontri con il mediatore Obi e anche a una cena all’hotel Principe Savoia di Milano con l’ex ministro nigeriano Dan Etete, personaggio chiave del caso. Etete deteneva la concessione OPL 245 dal 1998 quando, poco prima di lasciare il posto di ministro dell’energia nel Governo nigeriano delgenerale Abacha, la assegnò alla società Malabu, riferibile tramite prestanomi, a lui stesso e al generale Abacha. La posta in gioco è enorme. OPL 245 è un giacimento immenso così descritto dal bilancio dell’Eni: “L’area comprende il maggiore potenziale minerario non sviluppato dell’offshore profondo del Paese. Le riserve scoperte sono stimate in circa 500 milioni di boe”, cioè barili di petrolio equivalente.
Scaroni l’8 marzo 2011 dichiarava al pm Woodcock: “Tale trattativa (con Malabu di Etete, ndr) non è andata a buon fine”. Invece con uno schema diverso rispetto a quello descritto nelle telefonateScaroni-Bisignani del novembre 2010, l’affare da 1,3 miliardi è andato in porto con il Governo ma sempre a beneficio di Etete, che alla fine ha incassato un miliardo e 92 milioni di dollari, due mesi dopo, alla fine di aprile 2011. La concessione è stata per anni contesa e quando Etete nel 2009 ha deciso di venderla è entrato in campo il mediatore Obi e il suo referente italiano, Gianluca Di Nardo. Questi ha messo in pista Luigi Bisignani che ha contattato Paolo Scaroni. Per un lungo periodo fino al novembre del 2010 le trattative sono andate avanti tra Etete e l’Eni atraverso i due mediatori: il russo Ednan Agaev e il nigeriano Obi. L’affare alla fine però si è concluso con un altro schema. La concessione è stata ceduta a Eni non da Etete, che era accusato di averla ‘rubata’ al suo Governo, ma dal Governo Nigeriano stesso. Prima la Nigeria ha firmato una transazione con Etete per riprendersi la concessione e contestualmente l’ha girata all’ENI. La società italiana ha pagato esattamente la stessa cifra pattuita con la Malabu di Etete, a seguito delle trattative con la cordata Obi-Di Nardo-Bisignani: un miliardo e 92 milioni di dollari.
Il Governo nigeriano in più ha avuto dall’altra società petrolifera interessata all’affare con ENI, l’olandese Shell, un bonus di circa 200 milioni di dollari. Tutti questi particolari sull’affare sono divenuti di dominio pubblico grazie a una causa civile a Londra tra Malabu e le società dei suoi mediatori. Obi e Agaev hanno trascinato Malabu in giudizio rispettivamente a New York e Londra perché sono stati fatti fuori dall’affare. L’ex ministro Etete, ceduta la concessione e incassato il miliardo, non ha pagato i 200 milioni di dollari promessi ai due mediatori. Obi ha vinto la causa a luglio del 2013 davanti alla High Court londinese ottenendo il riconoscimento del diritto ad avere il 7,5 per cento dell’affare: 110,5 milioni. Le carte londinesi sono finite nel fascicolo dei pm De Pasquale e Spadaro. La sentenza descrive la trattativa Etete-Eni e il ruolo dell’allora direttore generale Eni Claudio Descalzi. In particolare il 4 febbraio 2010 all’hotel Principe di Savoia di Milano Descalzi partecipa a un incontro con Etete, Obi e Agaev, nella fase in cui Eni trattava ancora con Malabu.
Ovviamente De Scalzi non risulta indagato anche se è stato intercettato dalla Procura di Napolimentre parlava di questo affare con Luigi Bisignani il 14 ottobre del 2010. “Eni ha ricevuto notizia – spiega al Fatto la società – dell’apertura di un’indagine da parte della Procura di Milano riguardo all’acquisizione del blocco OPL 245 in Nigeria da parte di Eni e Shell; la Procura ha richiesto la trasmissione di alcuni documenti. Eni dichiara la totale correttezza del proprio operato nella transazione in questione e assicurerà alla magistratura italiana la massima collaborazione. Eni ricorda che la concessione in questione denominata OPL 245 è stata assegnata a Eni e Shell dal Governo Nigeriano nel corso del 2011. I relativi accordi sono stati conclusi da Eni, senza l’ausilio di alcun intermediario ed unicamente con il governo Federale e Shell. Il pagamento del prezzo concordato è stato effettuato all’assegnazione del Blocco su un conto corrente vincolato a nome delGoverno Nigeriano presso una banca internazionale. Nessun accordo commerciale è stato raggiunto da Eni con la società Malabu”.
Da Il Fatto Quotidiano del 4 luglio 2014
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