Dal 13 luglio l’aeroporto internazionale di Tripoli è stato al centro di una furiosa battaglia ad intermittenza per il controllo delle sue piste. Ieri sera il Ministero della Sanità di Tripoli ha comunicato alla France Presse che i morti in sette giorni sarebbero stati almeno 47. Ma non sono state contate le vittime dei violentissimi scontri di ieri, domenica. Per una settimana si sono affrontate le milizie di Zintan, che da 3 anni controllano l’aeroporto, e un gruppo di armati sostenuti dalla città di Misurata, miliziani classificati come “islamisti” anche se in Libia classificazioni del genere ormai sono sempre più complicate.
Al telefono da Tripoli un imprenditore libico spiega che la maggior parte delle vittime non sono miliziani di Misurata o Zintan: “Gli scontri hanno fatto soprattutto vittime civili nel quartiere di Qasr Ben Ghachir: questi combattenti rispondono con un lancio di missili a una raffica di kalashnikov, e i razzi sono stati diretti anche sulle case oltre che sulle piste dell’aeroporto e contro gli aerei parcheggiati”.
L’obiettivo dell’assalto della milizia di Misurata all’aeroporto era quello di estromettere la milizia di Zintan che lo controlla dal 2011; per questo Misurata (o i gruppi che si ricollegano a quella città) hanno adoperato carri armati e tiri di cannone, ma non sono riusciti a far altro che devastare l’aeroporto: Gli uomini di Zintan rimangono in controllo dell’aerea e hanno risposto anche loro con armi pesanti. A questo punto però Misurata ha l’unico aeroporto internazionale funzionante in tutta la Libia. Chiusi Tripoli e Bengasi, rimane attivo il piccolo scalo di Labraq, vicino Beida, in Cirenaica. Ma quella è una zona da cui non si può raggiungere la Tripolitania per motivi di sicurezza.
Secondo la France Presse a Tripoli gli aerei bruciati sarebbero due, ma un esame delle foto scattate da private e giornalisti mostra danni seri anche ad altri aerei, per esempio un Airbus della Libyan Airwais. In ogni caso la torre di controllo è stata danneggiata e le piste sono impercorribili.
Lo scontro attorno all’aeroporto ha segnato il raggiungimento di un altro livello nella caotica transizione libica: le milizie libiche, dopo essersi affrontate periodicamente in scaramucce più o meno casuali, per la prima volta sono entrate in battaglia apertamente e per un periodo di tempo abbastanza prolungato. Nonostante l’uso massiccio di armi, lo stallo sembra indurre le due parti per il momento a tornare alla possibilità di un negoziato, anche se come dice una fonte diplomatica a Tripoli “in queste ore i moderati in tutti i campi sembrano aver perso un ruolo”.
Nella decisione di attaccare presa da Misurata (o del gruppo che si è portato dietro il nome della città) c’è da una parte l’intenzione di strappare a Zintan il controllo dell’aeroporto, con tutto quello che significa in termini di traffici economici e di contrabbando. Ma di sicuro c’è anche la delicatezza del momento politico in Libia. Oggi, lunedì, la Commissione elettorale dovrebbe annunciare i risultati del voto politico del 25 giugno. Tutte le voci di Tripoli parlano di una vittoria del campo cosiddetto “liberale” contrapposto a quello degli integralisti islamici. Misurata, città di commercianti perfettamente laici e aperti, si è trovata a sposare una alleanza con i gruppi militari e politici integralisti contro altre città e tribù che sommariamente vengono classificate laiche. Tutto sarà in rapida evoluzione, e il confronto (o lo scontro) seguirà soprattutto linee politiche ed economiche piuttosto che ideologiche.
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