Redazione di Operai Contro,
Nella notte un razzo ha colpito un serbatoio di carburante a 10 miglia da Tripoli causando un gravissimo incendio che rischia di provocare una “catastrofe”, riferisce il portavoce della società petrolifera Noc spiegando che i vigili del fuoco non sono riusciti a circoscrivere le fiamme e sono stati costretti ad abbandonare il luogo dove ora si teme un’esplosione, con effetti fino a un raggio di 3-5 km. I residenti sono stati invitati ad abbandonare la zona, teatro negli ultimi giorni di scontri tra milizie rivali.
Gli italiani che hanno voluto lasciare la Libia sull’orlo di una nuova guerra civile, hanno potuto farlo “sotto protezione”. E sono più di 100, ha reso noto la Farnesina, quelli trasferiti fuori dal Paese negli ultimi giorni.
Dopo l’evacuazione di ieri dell’ambasciata americana a Tripoli, oggi infatti sono stati alcuni Paesi Ue – Gran Bretagna, Germania, Olanda e Francia – a chiedere ai propri connazionali di lasciare il Paese al più presto.
Il sito della Farnesina “Viaggiare sicuri” sconsiglia “tassativamente” di recarsi a Bengasi o in Cirenaica e invita “i connazionali ad evitare temporaneamente viaggi anche nella capitale”.
Dal canto suo, l’Eni ha infatti reso noto che “le attività proseguono regolarmente”, pur monitorando “con attenzione l’evolversi della situazione”.
Un lettore
È guerra a Tripoli, quasi cento morti in due settimane di scontri
di Laurence Figà-Talamanca –
E’ guerra a Tripoli. Quasi 100 morti e 400 feriti è il nuovo bilancio di due settimane di scontri nella sola capitale, dove le diverse milizie si contendono il controllo dell’aeroporto internazionale, in una prova di forza che non è solo territoriale e che si dimostra sempre più violenta. Anche a Bengasi, in Cirenaica, si contano solo oggi almeno 38 morti in scontri tra forze speciali libiche e gruppi armati islamici. L’allarme è sempre più alto, tanto che dopo gli Stati Uniti, che ieri hanno evacuato tutto il personale dell’ambasciata, oggi anche Gran Bretagna, Germania, Olanda e Francia hanno invitato i propri concittadini a lasciare la Libia. L’ambasciata italiana resta “aperta e operativa”, ma il governo ha disposto “da giorni un piano di tutela dei connazionali nelle zone più a rischio”: oltre 100 italiani che ne hanno fatto richiesta sono stati trasferiti fuori dal Paese, ha riferito la Farnesina. Dal canto suo l’Eni ha reso noto che “le attività proseguono regolarmente” ma che “l’evolversi della situazione nel Paese viene monitorata con attenzione”. Ieri a Tripoli un razzo sparato dalle milizie ha colpito un edificio che ospitava operai egiziani uccidendone 23, ha reso noto l’agenzia egiziana Mena. Non è chiaro se queste vittime siano incluse nel nuovo bilancio fornito dal ministero della Salute libico di 97 morti dal 13 luglio. Il dato – è stato precisato – si basa sui rapporti di 8 ospedali pubblici della capitale e della periferia, ma non tiene conto di vittime arrivate negli ospedali di campagna o di altre città. Intanto continuano i combattimenti attorno allo scalo tra gli ex ribelli di Misurata e quelli di Zintan, che ne detengono il controllo dalla caduta del regime nel 2011. Parallelo al lancio di razzi, alle esplosioni, agli attacchi, sopravvive tuttavia il tentativo di dare istituzioni democratiche al Paese. Una cinquantina di membri della nuova Camera dei rappresentanti, eletta il 25 giugno, provenienti dall’ovest, dal centro e dal sud della Libia, si è riunita a Tripoli, riferisce il Libya Herald, per preparare il passaggio di poteri dal Congresso nazionale uscente previsto il 4 agosto a Bengasi. Ma la presenza di gruppi islamici e dei jihadisti di Ansar al Sharia rendono la città orientale instabile e insicura quanto e più di Tripoli. In quella che fu la culla della rivoluzione contro Muammar Gheddafi, continua inoltre l’operazione “Dignità” del generale dissidente Khalifa Haftar – accusato di colpo di Stato e di aver assunto un’autorità che non gli compete – che da maggio scorso tenta di ‘ripulire’ la città dell’est dai fondamentalisti.
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