Redazione di Operai Contro,
Dalla guerra commerciale alla guerra militare il passo non è tanto lungo. A volte dalle “scaramucce” militari si passa alle sanzioni commerciali, poi la guerra commerciale inasprisce quella militare e così via. La storia insegna e spiega quello che sta accadendo nel conflitto civile ucraino.
Nella guerra civile fra potere centrale ucraino e indipendentisti sud-orientali, a fianco dei quali opera in maniera più o meno scoperta la Russia, la guerra militare sta favorendo quella commerciale. E l’inasprimento di questa non potrà non esacerbare quella militare.
Sia pure controvoglia, per i grossi interessi economici che hanno in Russia, Ue, Usa e altri paesi hanno imposto una serie di sanzioni al governo russo. Il quale non ha fatto attendere la sua risposta. Infatti ha immediatamente pubblicato il decreto richiesto dal presidente Putin, volto a limitare le importazioni di prodotti agroalimentari dai paesi che hanno imposto sanzioni contro Mosca.
Sono finiti i tempi in cui la borghesia europea declamava i suoi orizzonti imperialistici “dall’Atlantico agli Urali”. Il tentativo c’è stato: erano gli anni ’80 del secolo scorso, i tempi di Gorbaciov e di papa Woitiła, della perestrojka e della caduta del capitalismo di stato dell’Europa orientale e dei resti del socialimperialismo sovietico. L’unità dell’intera Europa era un’ipotesi percorribile per la borghesia euro-occidentale, già unita nella Cee (Comunità economica europea), e auspicata da quella euro-orientale, che cercava di darsi un futuro e una ricollocazione geopolitica dopo la caduta del muro di Berlino.
Il “sogno” imperialista europeo è riuscito in parte. È giunto fino ai confini con la Russia, poi si è fermato, almeno per il momento. In Russia una frazione importante della borghesia non ne ha voluto sapere di adeguarsi e sottomettersi ai dettami di Bruxelles, Strasburgo, Maastricht. La Russia rappresentata prima da Eltsin e poi da Putin ha deciso di “giocare” da sola sullo scacchiere economico e politico internazionale e di far sentire in ogni momento il peso della propria forza autonoma. Appena l’Ucraina ha fatto gli occhi dolci all’Unione europea e la frazione di borghesia ucraina che vede la realizzazione dei propri interessi nell’adesione all’Ue ha cacciato, facendo leva sul malcontento popolare, il presidente Yanukovich, il massimo rappresentante della frazione della borghesia ucraina vicina a Putin, ecco che la Russia è intervenuta solleticando lo spirito indipendentista di parte del popolo ucraino e aizzando la guerra civile per allontanare l’Ucraina da Bruxelles. L’Ue, ben conscia dei grossi interessi che ha sia in Ucraina sia in Russia, sta cercando di tenere due piedi in una scarpa. E per “calmare” la borghesia russa ha messo in atto, a più riprese, una serie di sanzioni commerciali. Tra le misure annunciate a fine luglio: le restrizioni all’accesso delle banche pubbliche russe ai mercati finanziari europei, primo tra tutti Londra, che aumenterà il costo di raccolta del denaro e comprometterà la loro capacità di contribuire alla crescita russa; il divieto per i cittadini e le società Ue di comprare o vendere obbligazioni di nuova emissione o altri strumenti di debito con scadenza superiore ai 90 giorni emesse dalle banche russe; il divieto di vendita alla Russia di beni a doppio uso, civile e militare, oltre che di tecnologie sensibili in campo petrolifero, ma non in quello del gas, dove Mosca fornisce un terzo del fabbisogno europeo.
Quando si comincia a correre sulla china della guerra commerciale la corsa diventa sempre più veloce. Così la Russia ha risposto colpo su colpo. Così dal 7 agosto e per la durata di un anno, la Russia ha limitato o bloccato con decreto le importazioni agricole dai paesi che hanno adottato sanzioni contro Mosca in risposta al conflitto in Ucraina, e cioè Ue, Usa, Norvegia, Australia e Canada. Ma è l’Ue, molto più degli altri quattro sanzionati, a soffrire per tali sanzioni, perché è soprattutto essa ad aver alimentato finora le importazioni agricole russe.
La lista dei prodotti soggetti a embargo comprende carne di manzo e maiale, pollo, pesce e frutti di mare, latte e latticini, frutta e verdura, con l’esclusione di alcolici e di prodotti per bambini. E subito i padroni agricoli europei hanno chiesto perentoriamente all’Ue di fare la voce grossa contro Mosca. Per Mario Guidi, presidente di Confagricoltura, “sono a rischio miliardi di euro in beni che ogni anno l’Europa commercializza in Russia. La bilancia commerciale agroalimentare Ue-Russia è largamente in attivo e nel 2013 ha superato la soglia dei 10 miliardi di euro. È urgente che l’Europa faccia sentire con forza la sua voce”. In particolare Confagricoltura fa presente che “tra i principali prodotti esportati dall’Europa verso Mosca c’è l’ortofrutta (prima voce dell’export europeo, con quasi due miliardi di euro esportati); seguono, subito dopo, carni, bevande (tra cui il vino, che comunque non è oggetto dell’embargo) e prodotti lattiero-caseari. Tutti comparti essenziali, nei quali l’Italia è leader e anche protagonista delle esportazioni”.
La guerra commerciale è partita. Gli amici di ieri diventano i nemici commerciali di oggi, saranno gli avversari militari di domani. Le borghesie sono pronte a dividersi affari e bottini. Ma per poterlo fare hanno bisogno di chiamare sotto le bandiere dei propri nascosti interessi operai e proletari e di mandarli a scannarsi gli uni con gli altri. Esattamente come sta già accadendo, in piccolo, in Ucraina.
Operai, dividiamo i nostri interessi da quelli della borghesia del nostro paese, e uniamoli a quelli degli altri operai, dovunque essi siano, di tutto il mondo. Noi non abbiamo patria, non abbiamo interessi di bottega da difendere, non abbiamo guerre da fare, se non la guerra ai nostri padroni, a tutti i padroni.
SPARTACUS
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