Redazione di Operai Contro,
Taranto è una camera a gas grazie all’ILVA, ma con Tempa Rossa dell’ENI diventerà un campo di sterminio.
Operai e le loro famiglie moriranno a migliaia
Tempo addietro avevate pubblicato delle corrispondenze sugli operai dell’ILVA che non volevano lavorare con la morte sulle spalle.
Qualche giorno addietro si è svolta una manifestazione della Confindustria a cui hanno partecipato un centinaio di operai venduti
Mi dispiace che qualche ” avvocatuculo d’ufficio” ha voluto giustificare questi venduti spiegandoci che hanno bisogno di lavorare.
Cazzate di questo lavoro salariato noi operai faremmo felicemente a meno.
Vi invio un articolo del fattoquotidiano
Un operaio dell’ILVA
Il progetto Tempa Rossa dell’Eni s’ha da fare. A Taranto, la città avvelenata dall’Ilva che, evidentemente, non ha dato abbastanza sul piano industriale al Paese. L’ufficialità è giunta il 17 luglio scorso, quando la conferenza dei Servizi a cui hanno preso parte i ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo Economico e la Regione Puglia, ha di fatto dato il via libera al progetto in barba al “no” espresso dal consiglio comunale il 14 luglio, solo tre giorni prima. Il divieto dell’assise cittadina, evidentemente, non è piaciuto a Roma: il Comune di Taranto, infatti, non è stato nemmeno convocato. Era stato convocato invece il ministero della Salute che, però, non ha inviato al tavolo nessun rappresentante. Ma che cosa è e cosa comporta il progetto Tempa Rossa?
IL PROGETTO – Nel documento presentato dall’Eni a gennaio 2011 si legge che il progetto prevede il “potenziamento” della Raffineria di Taranto “per lo stoccaggio e la spedizione del greggio” estratto dal campo di Tempa Rossa, in Basilicata. Il potenziamento prevede interventi sia in ambiente marino, come il prolungamento del pontile già in uso all’Eni di Taranto e l’adeguamento dei servizi ausiliari asserviti al pontile, sia su terra come la costruzione di due nuovi mega serbatoi, costruzione nuova linea di trasferimento del greggio dai nuovi serbatoi al nuovo pontile, costruzione di un nuovo impianto pre-raffreddamento e la fabbricazione di due nuovi impianti di recupero vapori. Un progetto che, inoltre, servirà a garantire il miglioramento della gestione dello stoccaggio del greggio estratto in Val D’agri che già da tempo viene movimentato a Taranto.
RISVOLTI OCCUPAZIONALI – Nel documento si legge chiaramente che “l’adeguamento della Raffineria non prevede un incremento dellacapacità di lavorazione attuale, ma solo un aumento della capacità di movimentazione greggio Tempa Rossa, destinato esclusivamente all’export via mare”. Insomma non ci sono prospettive occupazionali per i tarantini. Le uniche unità lavorative da impiegare servirebbero per la realizzazionedei nuovi impianti. “La durata della fase di cantiere di costruzione dei nuovi impianti è stata stimata su base statistica in circa 24 mesi, comprensiva della fase di realizzazione delle opere civili e della fase dei montaggi elettromeccanici delle varie componenti del progetto. Il cantiere impiegherà circa 53 operatori, tra lavori civili, meccanici ed elettrici”. Insomma 53 lavoratori per 24 mesi e l’aumento del traffico navalemercantile in cambio di un impianto industriale che si aggiungerebbe a quelli già esistenti: su tuttiIlva e Cementir del Gruppo Caltagirone.
OBIETTIVI – Gli obiettivi del progetto, del resto, sono messi nero su bianco nei documenti presentati dall’Eni. “L’intervento di adeguamento delle strutture della Raffineria di Taranto – si legge nelle carte – si inserisce nei più ampi progetti petroliferi Val d’Agri e Tempa Rossa” che comportano la produzione di 600 milioni di barili di petrolio delle riserve della Val d’Agri (Potenza) e 420 milioni di barili di greggio dal giacimento Tempa Rossa che contribuirà ad aumentare in maniera significativa la produzione nazionale di petrolio, contribuendo così alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici del Paese”. Il contributo offerto dal progetto Tempa Rossa, ovviamente, contribuirà a ridurre, seppure sensibilmente, “la bolletta petrolifera italiana”. Non solo. “Il buon esito di questo piano di sviluppo, di cui gli interventi presso la Raffineria di Taranto rappresentano una parte essenziale, è dal punto di vista economico assai rilevante sia a livello nazionale che locale e costituisce un tassello importante nell’ambito delle opere strategiche previste dal piano degli interventi nel comparto energetico”.
I RISVOLTI AMBIENTALI – Il potenziamento degli impianti dell’Eni, che oggi contano già ben 133serbatoi, contribuiranno anche all’incremento delle emissioni industriali nell’aria di Taranto. Le emissioni diffuse (cioè quelle che vengono emesse in modo incontrollato dallo stabilimento), secondo il colosso italiano del petrolio, aumenteranno del 11-12%. “Tale incremento è determinato – si legge ancora tra i documenti – principalmente dalla superficie dei nuovi serbatoi, di dimensione atta a contenere il quantitativo di greggio movimentato”. Cresce il numero dei serbatoi e quindi anche il livello nell’aria dei composti organici che periodicamente costringono i tarantini a chiudersi in casa per non respirare “la puzza di gas” che avvolge la città. Un fenomeno sul quale anche la procura di Taranto sta indagando da mesi. Ma per l’Eni, ed evidentemente anche per i ministeri e per la Regione guidata da Nichi Vendola, quell’aumento è da considerarsi “trascurabile”.
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