Egregio Direttore,
il giornalista de “il sole 24 ore” scopre la baraccopoli per caso, “messa su nell’inverno 2012 dal ministero dell’Interno”, come retrovia per il bivacco notturno dei lavoratori stagionali. “Tra un mese diventeranno migliaia”. Il sindaco contribuisce a tenerli sotto ricatto, concedendo permessi di soggiorno col contagocce e chiedendo lo sgombero dell’area. Per i padroni è una manna, possono impiegare in condizioni di super sfruttamento gli africani nella raccolta della frutta, degli ortaggi, dei lavori nei campi, secondo le esigenze della stagione. Allego un estratto dell’articolo.
Saluti Oxervator
GIOIA TAURO (RC) Tutto puoi aspettarti tranne che un’area industriale ingoi, al suo interno, anche una baraccopoli di africani disperati. Oggi una quarantina di persone. Tra un mese diventeranno migliaia. Accade a San Ferdinando, nella piana calabrese di Gioia Tauro (Rc). Quando entriamo nel campo attrezzato alla meglio, soprattutto grazie alla solidarietà di cittadini, Chiesa, associazioni e sindacati, è pieno agosto
La baraccopoli messa su nell’inverno 2012 dal ministero dell’Interno con circa 80 tende è ben presto diventata una calamita per disperati in cerca di lavoro, con centinaia di tende fatte di teli di plastica e lamiera.
Gli sbarchi di questi giorni lungo le coste calabresi porteranno diversi “transfughi” anche qui ma il grosso del flusso arriva autonomamente da altre regioni, anche settentrionali, per la raccolta di mandarini e arance nella zona di Rosarno, per poi spostarsi in primavera in Campania, Puglia e Sicilia. Molti di loro sono in Italia da anni, grazie a questo pendolarismo geografico. «Seguono il ciclo delle terra» spiega Celeste Logiacco, segretario generale Flai-Cgil Piana di Gioia Tauro, che presta un’assistenza continua. «Tra qualche giorno sarà l’inferno nel Commissariato di Gioia Tauro – spiega Logiacco – perché chi rinnova il permesso di soggiorno, e quasi tutti lo hanno per motivi umanitari, ha bisogno della residenza ma il sindaco di San Ferdinando non è in grado di garantire chi risiede o meno e ha ragioni da vendere nel sentirsi abbandonato dallo Stato». Chi può biasimare, dunque, il sindaco Domenico Madafferi, se continua a chiedere lo sgombro dell’area?
Anthony è pronto, tra una settimana, a curare la terra e poi a raccogliere mandarini e arance per 3 o 4 euro al giorno, per 10, 12 ore di fatica. Tolte le spese per il cibo, l’alcol e gli “sfizi”, non rimangono che pochi spicci con i quali tirare avanti. E poco o nulla fa, per molti di loro, che i “caporali” rosicchino altre risorse. «I proprietari terrieri – dice in un italiano stentato, dopo tre anni di permanenza – ci aiutano. Grazie. Grazie Italia». Lo ripete due volte e a poco vale ricordargli che nel dicembre 2010 centinaia di africani come lui si ribellarono ad alcuni di questi “generosi” proprietari, rispondendo con violenza alla violenza. Gli sbarchi continuano, l’area industriale 2 di San Ferdinando si gonfierà di regolari, irregolari e richiedenti asilo, pronti a restare qui fino ad aprile per poi ripartire e infine ritornare nelle stesse condizioni di precarietà e sopravvivenza a stenti. La sensazione è che i 5 euro allungati ad Anthony sulla soglia del campo a poco o a nulla servano se non a lavarsi, ipocritamente e per 5 minuti, la coscienza cristiana.
Compagne/i mi permetto di dire che il titolo dell’articolo sul Jobs Act rispetto al suo contenuto mi sembra “tirato per le orecchie” e spiego perché. Certamente la riforma renziana nel suo complesso mira allo scardinamento dei diritti elementari di chi lavora, sostituirà il contratto a tempo indeterminato con una miriade di t.d. , porterà soldi sollo alle imprese ecc e questo dovrà passare obbligatoriamente per lo stravolgimento dello Statuto dei lavoratori e non solo dell’art.18 già abbondantemente indebolito dalla Fornero. E fin qui l’analisi sicuramente porta a individuare una precarizzazione diffusa e pessime condizioni di lavoro, pseudo-lavoro future. Quello che non colgo ma anzi ritengo fuorviante è il senso del titolo con quello di cui si racconta, sono situazioni sostanzialmente e nettamente differenti, un lavoratore immigrato è oggettivamente in una condizione completamente diversa da uno “locale”, qualche malpensante potrebbe addirittura pensare che siano situazioni simili per come è fatto l’articolo e ciò andrebbe a discapito addirittura dei più deboli fra i deboli, cioè gli immigrati stessi, assimilati per motivi incomprensibili a chi, italiano, si dovrà districare tra 6 contrattini a t.d. e il colpo di fortuna di un’assunzione piena. Per chi viene da altri Paesi del sud del mondo NON è cosi. Un g/rosso saluto.