Redazione di Operai Contro,
fuori dai salamelecchi fintodemocratici tipici di padroni, politici e sindacalisti nelle interviste in televisione o a mezzo stampa, davanti alle fabbriche e nei cortei cadono sempre più apertamente tutte le loro ipocrisie.
Le dure manganellate agli operai dell’Ast di Terni, le patetiche richieste di spiegazioni, chiarimenti e scuse invocate da Landini, Camusso e soci, le ipocrite assicurazioni di adeguati provvedimenti da parte del primo ministro Renzi e del ministro per lo sviluppo economico Guidi, la proposta della Guidi verso i sindacati Ast a scendere dai 550 esuberi previsti a un massimo di 290 per dividere e scompigliare l’unità degli operai, la disponibilità dei sindacati a riaprire il tavolo della trattativa ventilando fumosamente un eventuale sciopero generale a novembre, illustrano in maniera esemplare come la borghesia, nelle sue diverse “competenze”, organizza la lotta di classe contro gli operai.
Gli operai si trovano, pressoché soli, di fronte a un accerchiamento completo. Come all’Ast di Terni, così altrove, così dovunque. È però proprio riconoscendo questo dato di fatto che gli operai devono partire per organizzare la propria lotta: rinsaldando l’unità fra gli operai in fabbrica, come ferma risposta ai piani volti a dividerli e scompaginarli; appoggiando concretamente le lotte degli operai di altre fabbriche, a partire da quelle più vicine; scavalcando le resistenze e le cialtronerie dei sindacalisti di mestiere, tutti inesorabilmente dalla parte dei padroni.
La lotta degli operai dell’Ast e le risposte di padroni e governo sono emblematiche, ma in fondo percorrono lo stesso cammino tracciato dalle lotte alla Jabil, all’Om Carrelli elevatori, alla Dielle, altrove. Dovunque la storia si ripete uguale negli aspetti fondamentali.
Perciò non si può più convivere, in nessuna fabbrica, con le illusioni che il padrone diventi più remissivo, che il politico conceda qualcosa, che il sindacalista batta i pugni e urli con voce sincera.
Le ormai numerose negative esperienze di fabbriche chiuse e di centinaia di operai buttati in mezzo alla strada tolgono di mezzo le chiacchiere: o si lotta, uniti e determinati, e ci si coordina per costruire l’organizzazione politica degli operai, il partito operaio, oppure si è sconfitti in partenza.
Con una raccomandazione: nei cortei e nei presidi davanti alle fabbriche gli operai indossino la tuta da lavoro (perché non sono cittadini genericamente arrabbiati, come altri, ma operai in lotta e la tuta simboleggia tale specificità sociale), e, all’occorrenza, anche il casco come strumento di difesa. La lotta di classe diventa sempre più dura, ce lo dicono con i manganelli. Perciò guai a chi si sottomette! E guai ai vinti!
SPARTACUS
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