I Kurdi dopo aver mangiato le polpette avvelenate della grande coalizione di Obama.
I kurdi combattono al servizio di Obama e inventano storie
Un lettore
Chi è l’angelo di Kobane e i dubbi sulla sua storia
In rete circola la leggenda di Rehana, combattente curda che sarebbe morta decapitata da Isis. Ma molto probabilmente si tratta di propaganda e di superficialità dei media
Sui social è l’Angelo di Kobane, per molti è una leggenda. Per altri è solo strumento di propaganda. Bella, con lo sguardo fiero, in tuta mimetica. In una foto condivisa migliaia di volte fa il segno di vittoria diventando il simbolo della resistenza al femminile delle combattenti curde alla minaccia jihadista di Isis e viene presentata come colei che ha ucciso centinaia di jihadisti.
Una studentessa siriana
La sua storia però potrebbe essere molto diversa. Rehana – sempre che questo sia il suo vero nome – secondo quanto riporta la Bbc, è stata fotografata il 22 agosto a Kobane, mesi prima che la sua immagine iniziasse a circolare in rete. L’occasione era una cerimonia di volontari curdi arruolati per combattere contro Isis. Per il giornalista svedese Carl Drott, ai tempi unico reporter presente nell’enclave curda che ha scambiato qualche parola con lei, non si tratta di una combattente impegnata al fronte ma di volontaria della guardia curda. La ragazza, studentessa di legge ad Aleppo si sarebbe unita alle milizie curde dopo che suo padre è stato ucciso da Isis.
Donne e peshmerga, i curdi che lottano contro Isis
Nei giorni successivi all’adunata la sua immagine è stata pubblicata su un blog, Bijikurdistan, di propaganda filo curda. Ma è solo il mese dopo che la foto viene postata su Twitter da un giornale curdo in lingua inglese, lo Slemani Times. In ottobre sempre sui social inizia a circolare in rete la notizia che una donna curda è stata decapitata da Isis. L’immagine della sua testa in mano a un jihadista viene postata di fianco all’altra in cui Rehane sorride fiera all’obiettivo. In molti ipotizzano che la combattente morta sia lei. Il tweet viene condiviso 5.500 volte. Tra chi lo riprende c’è anche l’account ufficiale @KurdistanArmy. Ed è a quel punto che nasce la leggenda dell’angelo di Kobane. Ma è difficile stabilire quale sia la verità, potrebbe trattarsi di propaganda curda. Oltre a combattere sul campo di battaglia, anche Pkk e Ypg infatti usano i social network per cercare di contrastare la potente comunicazione di Isis e insistono molto sulla componente femminile dei propri battaglioni in funzione anti jihadista (per un soldato di Isis essere ucciso da una donna è la morte peggiore che si possa immaginare, è l’idea). E, c’è chi Dilar Dirik, attivista curda e PhdD all’Università di Cambridge, stigmatizza questa scelta, che verrebbe fatta per solleticare l’attenzione dei media occidentali, superficiali e più interessanti all’aspetto morboso della vicenda che alla verità storica. «Le donne combattenti curde ci sono sempre state, non sono certo una novità», scrive Dirik. Che sottolinea anche come la YPJ (le unità femminili di difesa curda) combattano Isis da due anni e che le storie di donne come Rehana, sempre ammesso che questo sia davvero il suo vero nome, non sono certo una novità.
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