Redazione,
il secondo atto della commedia JOBS ACT è iniziato
Il parlamento da carta bianca al gangster Renzi per modificare come vuole Lo Statuto dei lavoratori.
Gli affiliati della banda del Pd sono d’accordo ( maggioranza e minoranza)
Le passeggiate di Landini non erano che processioni.
Il secondo atto si chiude
Fuori continuano i licenziamenti in massa, Continua la cassa integrazione, le fabbriche chiudono
Gli operai perdono i padroni vincono, i politici brindano
Noi operai non cvi aspettiamo niente dalla democrazia borghese
La lotta sarà durissima.
Un operaio Fiom di Milano
Cronaca ANSA
Alla fine, dopo un lungo tira e molla nella maggioranza di governo, cambia l’articolo 18. Si dicono soddisfatti Pd e Ncd, mentre il premier Matteo Renzi insiste sul fatto che, messo da parte il “dibattito ideologico”, il Jobs Act “non toglie diritti, ma toglie solo alibi, ai sindacati, alle imprese, ai politici”. Con le novità della delega, si fissa il solo indennizzo economico “certo e crescente” con l’anzianità di servizio per i licenziamenti economici, mentre il reintegro sul posto di lavoro resta per i licenziamenti discriminatori (mai stati in discussione) e viene limitato a “specifiche fattispecie” di licenziamento disciplinare ingiustificato, che verranno dettagliate nei decreti legislativi che arriveranno dopo l’ok definitivo al ddl delega sul lavoro. Decreti che saranno operativi, come nelle intenzioni del governo, già a inizio gennaio.
L’emendamento presentato dal governo sull’articolo 18 (una riformulazione dell’emendamento a prima firma della deputata del Pd Marialuisa Gnecchi) è stato approvato dalla commissione Lavoro della Camera, anche se le opposizioni – M5s, Sel, Fi, Lega e Fdi – hanno votato contro e subito dopo abbandonato i lavori, in segno di protesta, contro “l’autodelega Renzi-Sacconi”, come sostenuto da Sel, contro “il teatrino” messo in scena, come affermato invece dal Movimento 5 stelle. Nelle file del Pd si è invece astenuta dal voto in commissione la deputata Monica Gregori, esponente della minoranza. “Sono molto soddisfatto della riformulazione” sull’articolo 18, dice il presidente della Commissione Lavoro della Camera e relatore del Jobs act, Cesare Damiano (Pd), che sottolinea come “confermi i contenuti dell’accordo che abbiamo sottoscritto con il governo”. Damiano in particolare evidenzia che si “ricalca puntualmente il testo della Direzione del Pd”. E che si era “partiti dall’idea di mantenere la tutela per i soli licenziamenti discriminatori, come sostenevano taluni esponenti del governo, e siamo arrivati ad includere anche i licenziamenti disciplinari. Non era scontato”. A esprimere la soddisfazione anche di Ncd, il presidente della commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, che insiste sui tempi: “Ora facciamo presto”. Ad accelerare sui tempi è lo stesso governo che ha presentato un emendamento aggiuntivo al Jobs act, per cui la delega ed i successivi decreti legislativi entreranno in vigore il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale, superando così la vacatio legis dei 15 giorni (questo emendamento sarà votato domani). Per qualcuno, nella partita sul Jobs act ed in particolare sull’articolo 18, “ha vinto Sacconi”. Ribatte il presidente del Pd, Matteo Orfini, sottolineando che l’ex ministro “non voleva cambiare il testo del Senato. E’ abbastanza evidente l’esito”. Nel testo approvato in prima lettura a Palazzo Madama si faceva riferimento soltanto alla previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all’anzianità di servizio. Lo stesso Sacconi afferma che “hanno vinto i riformisti di destra e di sinistra”. Esprime “soddisfazione” per il percorso che “ha portato ad una mediazione positiva, che chiarisce ulteriormente i contorni della delega nel capitolo delicato delle tutele”, il sottosegretario al Lavoro, Teresa Bellanova, in commissione per i lavori: “Avanti dunque con un’opera impegnativa e complessa di riforma, per dare al più presto risposte alle persone in carne ed ossa che fuori da qui aspettano un segnale concreto di cambiamento”.
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