L’altra faccia del mazzettificio  

Caro Operai Contro,

dopo aver letto ieri quanto scrivevi sui mazzettifici, mi permetto di segnalare un articolo del “Giorno della Martesana” che si potrebbe collocare come un aspetto dell’altra faccia del mazzettificio.

Saluti da un lettore

Lavoro, l’effetto Expo è un flop: gli assunti per la kermesse a Milano sono solo l’1%. Studio Cgil: previsioni faraoniche, esito deludente. E la città torna ai livelli dell’inizio del Novecento. Milano, 5 dicembre 2014 – Non pervenuto. In provincia di Milano l’effetto Expo sul lavoro non si sente. Studi della Cgil metropolitana dimostrano che finora la manifestazione del 2015 non ha generato i posti di lavoro promessi. Dal 2012 alla fine di ottobre di quest’anno, le assunzioni «per attività finalizzata alla realizzazione di Expo» a Milano e provincia sono state 4.185 da parte di 1.733 aziende. L’anno scorso, di questi tempi, ne erano già state concluse 2.400, come dichiarava l’assessore provinciale all’industria, Paolo Del Nero, e da maggio a ottobre 2014, da quando è iniziato il conto alla rovescia finale verso l’inaugurazione dell’evento, sono state 700. «Un contributo deludente – taglia corto il segretario della Camera del lavoro di Milano, Graziano Gorla –. Noi avevamo presentato un pamphlet in cui sostenevamo che l’evento non avrebbe portato grandi numeri, ma siamo lontani anche dai novemila avviamenti al lavoro che calcolavamo». Per la Cgil ci si fermerà a settemila assunzioni. «Bisogna anche considerare lo stock – incalza il responsabile mercato del lavoro di Cgil Milano, Antonio Verona –. Tra cinque-sei mesi, a costruzioni finite, i mille addetti dell’edilizia escono». Un dato a cui aggiungere il rapporto tra gli avviamenti al lavoro per Expo e quelli complessivi, «260mila in provincia di Milano», precisa Canova: i primi sono l’1,6% del totale. Ma chi assume per attività legate all’evento, che figure cerca? Un quarto dei contratti sono nell’edilizia. Poi vengono gli addetti al turismo e quelli della ristorazione: camerieri, cuochi e baristi. E ancora: centralinisti per i call center, addetti alle pulizie, magazzinieri, cameraman. Neanche Expo né i faraonici numeri previsti nell’indotto (l’università Bocconi stimava 191mila assunzioni tra il 2012 e il 2020 in tutta Italia) riescono a trainare l’economia milanese fuori dalla palude. Parlano i dati raccolti dalla Cgil: dieci milioni di ore di cassa integrazione richieste nel mese di ottobre, di cui la metà nel metalmeccanico (vedi i casi di Agile, Arcovent, Power Solution e Tecnoimpianti); disoccupazione all’8,2%, cresciuta di un punto percentuale in un anno e «sempre più vicina al dato nazionale – commenta Gorla – quando Milano storicamente si colloca a un terzo del tasso dell’Italia»; «4,2 in media i dipendenti per azienda – aggiunge Verona –. Siamo tornati ai livelli dell’inizio del secolo scorso». Milano diventa così impermeabile all’ingresso nel mondo del lavoro dei laureati: in tre anni, dal 2010 al 2013, gli avviamenti sono scesi da 30mila a 27mila e 500. Di questi, l’anno scorso, 6.400 erano tempi determinati (-1,7% tra 2010 e 2013) e altri seimila gli stage (+6,8%), quasi sempre sotto i 400 euro al mese. «Serve una strategia per Milano – attacca Gorla –, che deve diventare la città europea leader nell’agricoltura e nel benessere. E nell’area di Rho-Pero, dopo il 2015, facciamo un chilometro Expo, un’area di ricerca e innovazione».

Luca Zorloni Il Giorno della Martesana