Redazione di Operai,
Renzi è incazzato.
Una banda rivale si è fregato le tangenti di Carminati, Buffi e soci
Renzi è incazzato
La giustizia faccia il suo corso
Un lettore
ANSA
Per Matteo Renzi non fa differenza se dalla “terra di mezzo” emergerà un sistema criminale di “tangentisti all’amatriciana” o di mafiosi”. L’urgenza del premier è duplice: da un lato che la giustizia “faccia rapidamente i processi e chi è colpevole paghi fino all’ultimo centesimo e all’ultimo giorno”. Dall’altro che il Pd, facendo “pulizia”, dimostri la sua differenza rispetto agli partiti. “Non lasceremo Roma in mano ai ladri”, assicura il premier davanti ad una platea di giovani dem scossi dall’inchiesta capitolina. E’ difficile per il leader Pd chiamare, proprio a Roma, al senso alto della politica in un momento in cui monta lo sdegno tra militanti ed elettori.
Il premier non edulcora le colpe di dirigenti romani finiti nell’inchiesta, ma può dimostrare, dal commissariamento del Mose alle scelte sull’Expo, che il Pd è tempestivo nell’eliminare le mele marce. Nella capitale la pulizia è affidata a Matteo Orfini, che passerà al setaccio il partito, e al sindaco Ignazio Marino, che oggi, alla “Leopoldina” dei giovani Pd, Renzi non nomina, ma gli ha dato la piena fiducia nell’andare avanti e far rialzare la testa a Roma. “Non consentiremo a nessuno nel Pd – sostiene il premier – di mettere in discussione ciò che siamo e quanto abbiamo fatto. Teniamo pulito perché Roma è troppo grande e bella per lasciarla a gentaccia là fuori”.
Essere garantisti per il presidente del Consiglio vuol dire questo: chi ha sbagliato “paghi”, ma al tempo stesso non si può confondere una tangente, “la cosa peggiore per un politico”, con un selfie, come la fotografia che ritrae il ministro Giuliano Poletti a cena con Salvatore Buzzi. Non fare di tutta l’erba un fascio è l’unico modo per evitare che alla fine nessuno paghi. Ma per far tornare Roma “grande e bella”, Renzi chiama i dirigenti, a partire dai giovani, a credere nella politica sana, quella che prende di petto i “temi grandi e veri” senza guardare a interessi di parte o di corrente.
“Chi se ne frega – incita – se uno è renziano, civatiano o cuperliano, usiamo il partito per affrontare questioni importanti e non per prendere uno strapuntino e diventare consigliere di quartiere e via più su. La politica o è passione o è tristezza”. Così come il premier respinge la “demagogia” di Matteo Salvini. “Noi abbiamo smantellato i campi rom e ora diamo 200 milioni alle periferie, i problemi si risolvono con il pragmatismo di chi da 20 anni ti rappresenta, ma non è stato in grado di risolvere problemi”. E considera archiviata l’anti-politica M5S: “Grazie a noi Grillo è tornato a fare i tour” cosa di cui “non dico la cultura, ma lo spettacolo si gioverà…”.
Renzi, dopo un anno alla guida del Pd e dieci mesi al governo, crede ancora che politica significhi “cambiare le cose” e che il Pd sia “l’unico in grado” di rialzare l’Italia. Il premier elenca le principali riforme del suo governo, dal jobs act alla legge elettorale fino alla scuola per la quale “ora faremo sul serio senza ammuine”. Un’agenda di riforme che per il premier certifica l’impegno del governo a cambiare l’Italia e anche l’Europa. “Andiamo a testa alta – è l’altolà ad Angela Merkel – e senza chiedere scusa se esisto. L’Ue non è solo un insieme di vincoli e spread, un accordo notarile, ma prima di tutto una comunità”.
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