Caro Operai Contro,
penso che una risposta all’articolo di Dario Di Vico sul Corriere, stia nella lettera di un disoccupato che hai pubblicato ieri. Proporrei di ripubblicarla.
A Dario Di Vico evidentemente, fa comodo pensare che dietro la parola “antagonisti” si celino marziani, e non “umani”, ribelli alla subalternità sociale che impone questo sistema.
Di Vico è infastidito che: senza casa, sfrattati, precari, licenziati, studenti, disoccupati e sottoccupati, partecipino ai cortei dove vi sono anche operai.
Saluti operai.
Allego l’articolo di Di Vico.
La verità, non da ieri purtroppo, è che i cosiddetti antagonisti sono ormai diventati un prolungamento dei cortei sindacali, sono cadute le barriere di una volta e i fedelissimi del caos servono comunque a fare massa critica. In prima battuta per ampliare il numero dei partecipanti ai cortei necessario per influenzare la comunicazione e i titoli dei telegiornali. E subito dopo per dare il segno più tangibile dell’emergenza sociale in nome di un vecchio luogo comune della sinistra che ama misurare la profondità del malessere di un Paese con l’intensità degli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Nella contaminazione tra pacifica protesta sindacale e sovversivismo degli antagonisti, interessati per altro solo a devastare i centri urbani, si possono rintracciare assieme vecchi e nuovi vizi. Si ripropone l’antica propensione dei gruppi dirigenti a non farsi nemici a sinistra e si aggiunge il riflesso della feroce battaglia politica che tre organizzazioni sindacali (Cgil, Fiom e Uil) hanno dichiarato contro il governo e il tiranno Renzi.
È ovvio che quando si tratta di combattere un piccolo Thatcher non si può andare troppo per il sottile, se si deve abbattere una dittatura il fine è così nobile che oscura i mezzi. Le maggiori responsabilità di questa contaminazione le porta la Fiom che nel suo disegno di costruire una forza politico-sindacale di vera opposizione ha sviluppato nel tempo un capillare network di relazioni con i Cobas e i centri sociali. Il guaio è che la Cgil, nel momento del suo massimo sforzo organizzativo antigoverno, ha immagazzinato queste relazioni e se ne è dissociata solo a posteriori. Quando cioè undici poliziotti a Milano e due a Torino erano già stati feriti dai manifestanti. Fortunatamente non è successo nulla di irreparabile e di conseguenza c’è tutto il tempo per rinsavire. I funzionari di polizia chiedono nuove misure repressive come l’estensione del Daspo già utilizzato contro gli ultras ma forse i primi ad usare il cartellino rosso contro i violenti dovrebbero essere proprio la Cgil e il neopartigiano Barbagallo.
Lettera di un disoccupato
Un punto di riflessione sulla violenza che non si dice
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