17 ottobre 1961, la strage dimenticata Quarant’anni dopo la Francia alza il velo sul massacro di 200 manifestanti algerini a Parigi
di Leonardo Casalino
La sera di martedì 17 Ottobre 1961 a Parigi, mentre la guerra di Algeria si avviava verso la sua conclusione, migliaia di manifestanti algerini manifestarono contro le misure di copri-fuoco che erano state imposte da dieci giorni. La manifestazione venne duramente repressa dalla polizia per ordine del prefetto Maurice Papon. I poliziotti spararono contro il corteo lungo il Boulevard Bonne-Nouvelle e gettarono nella Senna i corpi degli uccisi. Si sono dovuti attendere 30 anni per conoscere il bilancio della strage : 200 morti e migliaia di feriti . Quella sera la televisione francese non diede notizia del fatto e d’altro canto non avrebbe potuto farlo essendo diventata, durante la guerra di Algeria, la portavoce ufficiale di De Gaulle. Si é dovuto attendere l’ultimo decennio perchè questo terribile episodio della storia francese tornasse alla luce. Un così lungo oblio è stato spiegato dallo storico Pierre Vidal-Naquet con il carattere «stupefacente» ed eccezionale dell’accaduto. Un oblio che è stato interrotto dalla lunga ed appassionata battaglia condotta da alcuni ricercatori, primo fra tutti Jean-Luc Einaudi, che dopo lunghi anni di ricerche negli archivi pubblici e della polizia ha pubblicato nel 2001 per i tipi di Fayard Octobre 1961. Un massacre a Paris in cui ha ricostruito il panorama sconcertante delle aggressioni a cui furono sottoposti gli algerini nei giorni precedenti la manifestazione. Il lavoro di Einaudi e di altri ricercatori, la loro battaglia per la ricostruzione della memoria, costituiscono un prezioso contributo per la crescita civile della Francia : pagina dopo pagina vengono svelate le menzogne della polizia, le risposte fuorvianti alle domande di chiarezza della stampa e dell’opinione pubblica, l’ostruzionismo contro la creazione di una commissione parlamentare, la sistematica campagna di diffamazione contro libri o film che cercassero di far luce sui fatti di quella sera. L’interesse verso questa campagna di difesa e ricostruzione della memoria è testimoniato dalle numerose iniziative che si svolgeranno a Parigi durante questa settimana : dibattiti, proiezioni di film, opere teatrali. Particolarmente interessante si preannuncia la mostra fotografica di Elie Kagan al Forum des Images a Les Halles. Kagan fu il solo a scattare fotografie la notte del 17 Ottobre. Le sue immagini sono state raccolte in un volume sobriamente intitolato 17 octobre 1961 e costituiscono uno strumento preziosissimo per potere veramente ricostruire quello che accadde durante la manifestazione e per poter scriverne la storia. Ciascuna delle sue fotografie costituisce un documento di una realtà che le autorità pubbliche hanno cercato di occultare per cosi lungo tempo. La più conosciuta, quella di un uomo seduto sul sedile posteriore di un’automobile con il volto e i vestiti ricoperti di sangue, fu scattata da Kagan a Nanterre mentre lo stava accompagnando in ospedale. Molti anni dopo un algerino ha rivelato a Einaudi che quell’uomo era suo zio, anch’egli scomparso nella notte del 17 Ottobre. Cosa era accaduto quando Kagan lo aveva lasciato perchè fosse curato? Non lo si potrà mai sapere, ma Einaudi é convinto che la polizia venne a cercare gli algerinii feriti anche dentro gli ospedali. Questa mattina il sindaco di Parigi Delanoë deporrà una targa di commemorativa della tragedia sul ponte Saint-Michel, una scelta contestata dall’opposizione di destra , che ha abbandonato la sala del Consiglio Nazionale quando un consigliere verde ha evocato le responsabiltà di De Gaulle. Segno che la guerra di Algeria rimane una ferita ancora aperta nella società francese. Certo, in questi ultimi anni, sono stati compiuti dei grandi passi in avanti. Pochi giorni fa la stampa ha dato un ampio risalto al venir meno di un altro tabù legato a quella vicenda : quello sulle violenze sessuali subite dalle donne algerine tra il 1954 e il 1962, nelle città ma soprattutto nelle campagne. Si tratta di un processo di ricostruzione della verità particolarmente importante in questo momento. Dopo gli attentati dell’11 Settembre negli Stati Uniti e dopo l’inizio dei bombardamenti anglo-statunitensi l’attenzione generale era rivolta verso le reazioni della comunità islamica che abita in Francia. Nel 1991, durante la guerra del Golfo e gli attacchi aerei contro l’Irak, nelle periferie delle grandi città erano apparse scritte che inneggiavano a Saddam. Qualche anno prima la comparsa di studentesse con lo chador nelle scuole e nelle Università aveva rivelato la formazione di gruppi fondamentalisti, particolarmente attivi soprattutto tra i giovani emigrati di seconda o terza generazione. Per il momento però non si sono registrati dei fatti di questa natura. I fischi alla Marsigliese e l’invasione di campo durante il secondo tempo dell’incontro di calcio tra Francia e Algeria sono riconducibili più al malessere generale delle bande giovanili che a una protesta di carattere politico. Comunque le associazioni , che da anni operano nelle periferie, hanno deciso di organizzare ovunque degli incontri per discutere di quello che é accaduto, incontri che sono sempre preceduti dal canto dell’inno francese. Dali Boubakeur, il Rettore della moschea di Parigi, ha dichiarato che gli appelli alla guerra santa non hanno alcuna possibilità di essere ascoltati in Francia, pur riconoscendo la frattura esistente nel mondo islamico tra chi si riconosce in un Islam tollerante, che invita i suoi fedeli ad accettare l’epoca in cui vivono e a giungere ad una aperta laicità e chi invece crede in un Islam politico, frutto a suo modo di vedere di una regressione culturale ed ideologica. Un Islam politico che ha approfittato dei nuovi mezzi di comunicazione per raggiungere ed influenzare i fedeli al di fuori dei canali tradizionali di diffusione della religione. Per Boubakeur é necessario combattere questa deriva ideologica dell’Islam, valorizzando la sua natura umanistica, senza però cadere nella trappola della violenza voluta dai terroristi. In Francia la pratica religiosa musulmana é in crescita e nel paese vi sono 1500 luoghi di culto tra moschee e sale di preghiera. Le ultime inchieste rivelano che questa pratica é generalmente ben accettata dalla società francese , tanto che che un numero crescente di musulmani ritiene che la laicità dello Stato consente a tutte le religioni di potersi esprimere liberamente. In questi ultimi mesi si sta anche accellerando il progetto legislativo per arrivare all’elezione di un Consiglio del culto musulmano, che consenta alla comunità islamica di poter nominare i propri rappresentanti e di potersi esprimere con una sola voce. Uno strumento che in molti ritengono utile per poter consolidare i processi di integrazione. Gli sviluppi della situazione internazionale permetteranno di comprendere se questa situazione di calma durerà o se ci saranno sviluppi negativi. Per il momento la battaglia per la ricostruzione della memoria storica e l’impegno per favorire la convivenza tra le diverse comunità costituiscono gli strumenti con cui in Francia si sta combattendo la lotta contro quel fronte interno nelle nostre società che i terroristi vorrebbero aprire .
17 October 2001pubblicato nell’edizione Nazionale (pagina 28) nella sezione “Cultura“
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