dalla gazzetta del mezzogiorno
TARANTO – Le voci che circolano fanno riferimento a cifre choc: 5mila dipendenti dell’Ilva, quasi il 50 per cento dell’intera forza-lavoro nello stabilimento di Taranto, potrebbero essere collocati in cassa integrazione a rotazione. Si tratta del numero massimo che l’azienda avrebbe già indicato alle organizzazioni sindacali e che sarà oggetto di trattativa al Ministero dello Sviluppo Economico a partire da martedì prossimo.
Si parla di cassa integrazione e non più del ricorso ai contratti di solidarietà che per due anni avevano interessato un numero massimo di 3.553 lavoratori. Il meno doloroso degli ammortizzatori sociali era stato accolto come un paracadute nel periodo in cui lo Stato studiava i vari decreti per salvare il Siderurgico, ma non era ancora balenata l’idea dell’intervento pubblico. Ora l’Ilva entra in Amministrazione controllata, eppure la situazione resta esplosiva. Lo stesso commissario straordinario Piero Gnudi non ha nascosto le preoccupazioni per la crisi di liquidità e in fabbrica le tensioni rischiano di acuirsi. Da lunedì scorso è deflagrata la protesta da un lato dei lavoratori dell’indotto che hanno manifestato con cortei e blocchi stradali, dall’altro degli autotrasportatori che hanno sospeso i servizi per l’approvvigionamento delle materie prime.
L’Unione sindacale di base (Usb) ha proclamato lo sciopero ad oltranza dei lavoratori dell’Ilva a partire dalle 7 di mercoledì prossimo con presidio permanente davanti a tutte le portinerie. L’iniziativa, spiegano, viene assunta «vista la gravissima situazione dell’indotto Ilva e vista l’assenza di risposte concrete ai problemi di migliaia di lavoratori e delle loro famiglie» e «a sostegno della protesta degli stessi». Resta l’occupazione simbolica dell’aula consiliare del Municipio dopo che lo stesso sindaco di Taranto Ippazio Stefàno, che nei giorni scorsi ha scritto due lettere a Renzi accennando anche a «possibili problemi di ordine pubblico», ha consegnato agli operai le chiavi della sala in cui si celebrano le sedute del Consiglio comunale. Ma c’è solo una tregua apparente. I lavoratori, molti dei quali non percepiscono lo stipendio da 6-7 mesi, sono disperati e pronti a tutto. La mobilitazione dell’indotto proseguirà, ma ora non sono escluse iniziative anche da parte dei dipendenti diretti dell’Ilva, che devono fare i conti con lo spauracchio della cassa integrazione e i timori di un possibile ridimensionamento dello stabilimento siderurgico.
Non mancano le frizioni tra i sindacati. La Fiom Cgil ha chiesto la conferma dei contratti di solidarietà sollecitando un confronto con l’azienda, ma la Fim Cisl fa rilevare che proprio la Fiom un anno fa si rifiutò di fermare la proroga dello stesso contratto e che la sua presa di posizione in questo momento è da considerare «solo un appello di facciata a scapito dei lavoratori». La Uilm invoca «strumenti di sostegno di integrazione al reddito, a prescindere dal tipo di ammortizzatore sociale che verrà adottato» e la Cgil di Taranto propone di «ricorrere al fondo Fintecna (150 milioni), anche attraverso l’anticipazione dal fondo strategico, per pagare i crediti delle imprese dell’indotto». L’Ilva pubblica, insomma, è già una polveriera.
Fim Cisl: la Fiom confonde idee sui contratti di solidarietà – “Con quale coraggio la Fiom chiede oggi i Contratti di solidarietà per i lavoratori dell’Ilva? La Fiom nel febbraio 2014, contrariamente all’anno precedente, non ha voluto firmare il rinnovo dei Contratti di solidarietà a Taranto – scaduti ieri – che avrebbero potuto interessare fino ad un massimo di 3.553 lavoratori (la media degli interessata è stata di 1.500 unità)”. Lo afferma il segretario generale della Fim Cisl di Taranto e Brindisi, Mimmo Panarelli, replicando a una nota diffusa ieri dalla Fiom sulla questione. “La Fim – aggiunge – ha sempre sostenuto i Contratti di solidarietà. Lo fa anche adesso che l’Ilva è in regime di Amministrazione straordinaria, purchè, in questa fase di Amministrazione straordinaria, ci siano le condizioni tecniche per ricorrere a questa formula importante di ammortizzatore sociale.
Non capiamo come mai la Fiom ieri definiva i contratti di solidarietà come una trasgressione, una formula sbagliata, una svenduta per gli operai, oggi li invoca”. I sindacati sono stati convocati per martedì al Mise per avviare la trattativa sulla cassa integrazione. “In un clima di forte incertezza, con l’esasperazione di molti lavoratori ormai alle stelle, continuare a confondere le idee – obietta Panarelli – non serve. In questa delicata fase per il futuro occupazionale dell’area ionica, è quanto mai fondamentale percorrere la via della chiarezza. Basta con la propaganda politica, ai lavoratori va detta tutta la verità”.
Protesta indotto, presidio dinanzi al municipio di Taranto – Nuovo presidio dei lavoratori dell’indotto Ilva oggi davanti al municipio di Taranto, che si aggiunge all’occupazione permanente dell’aula consiliare iniziata un paio di giorni fa. Con le iniziative di mobilitazione adottate in accordo con i sindacati metalmeccanici, i lavoratori intendono fare pressione sul governo per ottenere garanzie sui crediti vantati da imprese e dipendenti nei confronti dell’Ilva e rassicurazioni sul futuro occupazionale. Ieri gli operai avevano anche attuato due blocchi stradali sulla statale 106 e sulla statale Taranto-Bari. Lunedì mattina saranno decise altre forme di mobilitazione.
«La protesta si sposti in fabbrica» – “Invitiamo tutti i lavoratori dell’indotto a proclamare uno sciopero e ad andare ad occupare la fabbrica. Saremo al loro fianco”. Lo scrivono in una nota gli attivisti del comitato ‘Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensantì, di cui fanno parte numerosi lavoratori dell’Ilva, rivolgendosi agli operai dell’appalto che per quattro giorni hanno manifestato a Taranto, anche con blocchi stradali, chiedendo garanzie sul loro futuro occupazionale. “Non si facciano più strumentalizzare – aggiungono i ‘Liberi e Pensantì – dai sindacati, dai politici e dagli imprenditori che vogliono solo manipolarli affinchè l’Ilva continui a produrre senza alcuna solida prospettiva economica e sostenibilità ambientale. Siamo solidali con i lavoratori, che da mesi non percepiscono stipendio, ma non possiamo permettere che vengano bloccate le arterie principali della città”.
Il comitato chiede “le dimissioni del sindaco per incompetenza amministrativa. E’ gravissimo – aggiunge – che abbia consegnato le chiavi della città a pseudo lavoratori di cui invitiamo a verificare la reale operatività aziendale. Non è stato proclamato lo sciopero ma i lavoratori sono stati messi in libertà. Contemporaneamente, le aziende indispensabili all’attività dell’Ilva non si sono fermate un giorno, dai trasporti al servizio mensa”. E’ lo stesso “ricatto – osservano i ‘Liberi e Pensantì – di tre anni fa con la città presa in ostaggio. Il comitato nei prossimi giorni consegnerà provocatoriamente al primo cittadino un mazzo di chiavi, simbolicamente di un monastero, un pacco di buste per lettere e una penna. Il nostro – concludono – sarà un esplicito invito al sindaco a dimettersi immediatamente e andarsi a chiudere laddove non possa più nuocere a nessuno”.
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