Redazione di Operai Contro,
ti invio un articolo del Messagero.it (sezione Motori)
Il giornalista parla di Rivoluzione a Melfi
L’unica rivoluzione è quella di vedere noi operai completamente sottoposti al padrone.
Sbattuti via quando il padrone non ha richiesta di macchine, costretti a lavorare più degli schiavi quando il padrone ha richiesta di macchine.
Noi operai abbiamo protestato contro l’accordo che Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione Quadri hanno firmato.
Ma oggi la semplice protesta non basta più.
O noi operai siamo in grado di organizzare il nostro partito che ci guidi nella guerra contro il padrone, o noi saremo sconfitti. Non riusciamo neanche a ribellarci, protestiamo, fischiamo, ma quella contro il padrone è una guerra. Come tutte le guerre abbiamo bisogno di formare un esercito con comandanti esperti e che ci sappiano organizzare. Oggi la lotta più grande che dobbiamo fare è quella di imparare a fare la guerra al padrone.
Un operaio della FIAT Sata
Articolo di Diodato Pirone sul Messagero
MELFI – La rivoluzione di Melfi, la fabbrica lucana della Fiat per la quale Sergio Marchionne annunciò a gennaio mille assunzioni, potrebbe portare fra qualche giorno ad un ulteriore aumento dei nuovi posti di lavoro e all’aumento dei salari dei 7.000 dipendenti dello stabilimento.
Per le 10 di giovedì è fissato a Potenza l’incontro fra la Fiat e i sindacati firmatari del contratto aziendale (Fim, Uilm, Fismic, Ugl e Associazione Quadri) per stabilire una sorta di “nuovo contratto di stabilimento” articolato su tre pilastri: più produttività; più posti di lavoro; salari più alti.
“Siamo alla scrittura di un capitolo nuovo per il mondo del lavoro e dell’auto italiana, non solo della Basilicata – spiega Marco Lomio, segretario della Uilm lucana e dipendente Fiat – ma è prematuro andare al di là della data di convocazione dell’incontro. Giovedì si apre una trattativa serrata. Poi faremo le assemblee in fabbrica. Ci auguriamo un accordo in tempi rapidissimi, nell’interesse dei lavoratori”. Dichiarazioni prudenti. Che riflettono la cautela inevitabile di fronte alla portata della posta in gioco a Melfi, ovvero la nascita in Italia – per la prima volta – di una fabbrica d’auto a ciclo continuo, sempre aperta, come le acciaierie
E dunque una fabbrica ad altissima produttività, forse persino superiore a quelle tedesche, obiettivo fino a poco tempo fa fuori dai radar dopo cinque anni scanditi dalla cassa integrazione. Uno scenario aperto dall’avvio della produzione di due suv, Jeep Renegade e Fiat 500X, destinati a 100 mercati nel mondo.
Secondo le voci che si rincorrono nello stabilimento, giovedì si inizierà a discutere di un pacchetto articolato su quattro pilastri. Primo: aumento delle assunzioni di giovani, oltre le mille già annunciate a gennaio. Secondo: lavoro anche di domenica. Terzo: possibili aumenti salariali oltre le maggiorazioni già previste per i notturni e gli straordinari. Quarto: superamento dell’attuale contratto Fiat (diverso da quello di Confindustria) che prevede il lavoro spalmato al massimo su 17 turni settimanali (dunque solo sabato compreso) e suddiviso per tre squadre, con la nascita sperimentale di una quarta squadra di dipendenti con l’obiettivo di far lavorare le linee di montaggio su 18, 19 o 20 turni.
Al di là dei tecnicismi, a Melfi si discuterà della possibilità di fermare le linee di montaggio solo per 8 o 16 ore nell’arco delle 168 ore che compongono la settimana. Se sarà così, per via della combinazione di assegni familiari, straordinari, turni notturni e turni dominicali le retribuzioni medie degli operai lucani potrebbero avvicinarsi ai 2.000 euro netti mensili.
Ma qual è la molla che sta facendo esplodere la fabbrica lucana? Dal punto di vista aziendale, Fiat incassa i primi dividendi in Italia della sua trasformazione in azienda globale e deve produrre quante più vetture possibile per via della fortissima domanda che la Jeep Renegade sta registrando negli Stati Uniti (la scorsa settimana è partita da Civitavecchia la prima nave con 3.000 vetture destinate al mercato americano) mentre l’altro modello prodotto a Melfi, la Fiat 500X, sta sbarcando su tutti i mercati europei. Sul fronte del lavoro, i sindacati intendono ottenere il maggior numero possibile di assunzioni e salari più adeguati all’impegno dei dipendenti (a Melfi c’è chi percorre 150 km al giorno per arrivare in fabbrica) e alla qualità del prodotto da loro garantita.
Una classica partita win win. Che piomba su una fabbrica che già viaggia a tutto vapore. Da dicembre si sono susseguiti i sabati in straordinario (ognuno procura circa 100 euro ai lavoratori). Poi ci sono state le votazioni per i delegati che hanno visto votare il 93% dei dipendenti ad elezioni dalle quali era esclusa la Fiom e dunque con un evidente alto livello di adesione alle politica pro-Marchionne dei sindacati firmatari.
Per completare il quadro è utile sottolineare che il “caso Melfi” esplode a poche settimane dall’avvio delle trattative per il nuovo contratto dei 62.000 dipendenti italiani di Fiat e CnhI (camion e trattori) che dovrebbe varare un modello di aumenti salariali legati all’aumento dell’efficienza delle fabbriche misurato con il sistema produttivo WCM (World Class Manufacturing). La rivoluzione delle fabbriche Fiat non sembra destinata a fermarsi a Melfi.
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