La storia
Tutto è accaduto perché nel 2008 i ricorsi sono stati presentati in nome del «principio di decadenza», la cui funzione sostanziale, si legge nelle motivazioni della Cassazione, è di «tutelare la certezza delle determinazioni sulle erogazioni di spesa gravanti sui bilanci degli enti pubblici». In pratica «non ci sono più soldi per gli ex operai delle vetrerie. — spiega Paolo Grasso dell’Inca — e la Cassazione ha condannato 9 persone a restituire i soldi percepiti oltre ad aver tolto pure la pensione a uno di loro». In base a questa sentenza anche le altre richieste di pensioni che il sindacato stava aspettando per gli ultimi 14 operai saranno negative. In totale gli ex vetrai dovranno risarcire allo Stato una cifra intorno al milione di euro, perché nel frattempo 55 di loro si sono arresi e hanno già iniziato a (ri)pagare. «Siamo riusciti a ottenere una rateizzazione decennale dei debiti e il ripristino della pensione tolta — spiega Grasso — ma è una sconfitta politica se lo Stato non riesce a trovare i soldi per chi è stato esposto per anni ai danni dell’amianto a sua insaputa».
«Circondati dal veleno e non lo sapevamo»
Romano Filippetti, uno dei «condannati», dovrà restituire 37 mila euro. Racconta che in vetreria si mangiava dove capitava, vicino ai forni costruiti in amianto:«Eravamo circondati dal veleno e non lo sapevamo». Oggi non esiste più questa disinformazione: «Adesso collaboriamo tra enti, infatti — conclude Grasso — Asl 11, Cgil e Inps hanno organizzato proprio ieri un convegno a Empoli sulle malattie professionali e la prevenzione». Ma per gli 80 ex vetrai il danno e la beffa sono ormai definitivi.
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