Per un 1° maggio anticapitalista – lotta di classe!Questo appello nasce da un confronto interno al movimento di lotta politico-sindacale dei lavoratori delle cooperative, delegati e iscritti al S.I. Cobas e delle strutture politiche territoriali che l’hanno sostenuto, con il proposito di estendere il ragionamento, anche oltre il settore della logistica, ai numerosi altri fronti presenti e attivi a livello nazionale sul terreno del conflitto capitale/lavoro e a chiunque si voglia schierare su un piano concreto di lotta da un punto di vista anticapitalista.
Un appello con il quale vogliamo lanciare una proposta politica che si misuri necessariamente sul terreno concreto del conflitto, che sappia prescindere e superare le logiche tutte occasionali e di inseguimento una tantum dell’agenda dettata dal nemico di classe riducendo la pratica del conflitto alla sterile dicotomia dell’“evento” e di organizzazione di un correlato “contro-evento”. Al di la del possibile coinvolgimento di tante realtà operaie, sociali e politiche in questa manifestazione del 1° maggio che guardiamo con interesse, ci sembra dal dibattito fin’ora emerso, però, episodicamente non superata, complessivamente nel movimento, l’onda lunga di riflusso e di azzeramento della proposta politica che è seguita a Genova 2001 (e ai successivi contro-vertici in giro per l’Europa) e valutiamo negativamente, quale “bolla” vuota di contenuti, la riproposizione pedissequa della ritualità di zone rosse da violare, dell’indignazione del 99 %, di qualcosa insomma più simile e funzionale al solito “teatrino mediatico”, attento alle forme più o meno radicali che la piazza assume, piuttosto che alla sedimentazione e crescita di una coscienza ed un conflitto di classe reale.
Riteniamo questo “primo maggio-No Expo” una giornata potenzialmente importante quale primo passaggio per coniugare la denuncia contro Expo, senza sottovalutare l’incidenza che l’esposizione universale ha avuto nel favorire la speculazione e la distruzione di territorio, quale elemento paradigmatico e apripista per condizioni di lavoro sempre più precarie e flessibili a un ragionamento più complessivo sulle misure del governo Renzi (legge Poletti e Jobs Act su tutte) e la guerra al lavoro da questi intrapresa.
Regole al ribasso, ribadiamo, che il non più locale “grande evento del 2015” ha contribuito con decisione a dettare, avallate poi dalla consueta complicità e subordinazione di CGIL, CISL e UIL nell’accordo del 2013, preludio alla complessiva ristrutturazione per l’abbattimento dei salari e la riduzione dell’intero mondo del lavoro, a una condizione di flessibilità pressoché completa e di frammentazione assoluta. Una condizione operaia subordinata agli esclusivi interessi del padronato nell’impossibilità concreta di una propria rappresentazione autonoma e di classe e costretta all’accettazione passiva di qualsivoglia condizione lavorativa proposta pena la disoccupazione.
Una giornata di mobilitazione che rappresenti l’occasione per rafforzare quell’unità di classe per cui ci battiamo nella logistica e di possibile ricomposizione dei diversi settori di lotta: lavoro, casa, scuola, sanità, salario (anche indiretto), tutela dell’ambiente, antimperialismo, antifascismo, antirazzismo e antisessismo senza “unitarismi” di maniera o tra ceti politici e sindacali ma da verificare poi sul terreno concreto del conflitto e dell‘opposizione reale alle politiche governative e ai piani europei di cui sono diretta conseguenza.
Dopo il propedeutico passaggio operato con la definitiva liberalizzazione del già favorevole ricorso al contratto a termine, ora il governo ha impresso una decisa accelerazione alla completa riorganizzazione del mondo del lavoro in supino adempimento alle riforme strutturali imposte dalle istanze economico-finanziarie comunitarie. Una ristrutturazione che, accompagnata dai feroci tagli alla spesa sociale previsti dalla legge di stabilità 2015, si è tradotta in un affondo portato a quel poco che ancora residuava in termini di garanzie per il singolo lavoratore e tutele collettive per la classe (art. 18 dello Statuto dei Lavoratori su tutto).
Con il rigetto persino della concertazione, tanto cara ai sindacati confederali, si sta completando la demolizione sistematica di ogni diritto per l’imposizione di un’idea di rapporti sociali viene sempre meno contemplata la figura del lavoratore come portatore di diritti, ma esclusivamente quale “bene intermedio” strumentale al raggiungimento di profitti, da pagare lo stretto necessario e da utilizzare il mero tempo utile, semplice pezzo inerte della macchina produttiva capitalista e costo da calcolare (e ridurre) per la sua incidenza sulla quotazione finale del prodotto finito (poco importa che fuoriesca da una fabbrica, da un call center, da un magazzino della logistica, da una scuola ecc.).
Un mercato del lavoro che già da tempo metaforicamente immaginavamo come un soffietto che si espande e si restringe scandendo i tempi di lavoro e di vita di ognuno di noi, trasformando al contempo i lavoratori in merce da comprare a costi minimi (in offerta) sugli scaffali del “grande ipermercato globalizzato”. Attualmente la costruzione ideologica di questa idea di lavoro e di società è fondata sulla presunta oggettività del mercato, sull’esaltazione di un disvalore quale la meritocrazia, l’arroganza del potere in poche mani, la volgarità del privilegio, contrapposti con sfregio alle necessità minime del sopravvivere dei lavoratori, al valore sostanziale dell’uguaglianza e della solidarietà tra gli uomini che fanno parte della stessa classe. Il consumismo e l’esaltazione della merce (includendovi marxianamente anche la forza-lavoro) non per il suo valore d’uso ma in virtù del suo valore di scambio.
Il lavoro trasformato in privilegio da accettare ringraziando e cedendo in cambio diritti e garanzie per non essere assorbiti da un esercito industriale di riserva sempre più vasto da utilizzarsi nelle fasi espansive di mercato.
E’ un’idea complessiva e generale di società che sta cambiando sotto i colpi sferrati da un governo che, al netto della retorica, ha quale fine esplicito il ridefinire completamente gli assetti e le relazioni sociali, demolendo i contratti collettivi nazionali, per disegnare un futuro di precarietà costante e individualizzata che subordini sempre più ogni lavoratore e lavoratrice alle esigenze del mercato.
Ciò in un contesto di consolidamento di un modello di democrazia che accantona gli stessi principi classici della divisione dei ruoli e dei poteri del diritto borghese nel quale le istanze dei lavoratori e dei propri riferimenti politici e sociali vengono progressivamente marginalizzate e oggetto di repressione sempre più violenta.
Una deriva autoritaria complessiva nel quale lo stesso parlamento viene denudato dal ruolo estetico decisionale del potere e dove l’esecutivo si blinda per assumere il ruolo di sancire decisioni assunte a livello governativo con decretazione d’urgenza e d’emergenza, in una più diretta rappresentazione di un comitato d’affari e di un’oligarchia tecnocratica e finanziaria sovranazionale i cui dettati di politica economica sono funzionali alla sopravvivenza del modo di produzione capitalista.
Diciamo questo solo per chi crede ancora, o per calcolo opportunistico che negli ambiti istituzionali ci siano margini per una trasformazione “democratica” della società.
Conseguentemente crediamo non vi siano più spazi né condizioni politiche per alcuna novella “coalizione sociale” che pensi di interloquire condizionando gli attuali “manovratori” in senso più favorevole per le classi subalterne o di qualsivoglia altra illusione riformista che, anche volendo porsi quale obiettivo il perseguimento di politiche redistributive, social-keynesiane o di temperamento degli effetti più nefasti connaturati al capitalismo, preveda il posizionarsi all’interno delle strette maglie della compatibilità sistemica e quindi di subordinazione agli interessi di classe del padronato.
Al contrario siamo convinti che ci sia un ampio spazio oggettivo per un movimento di classe che si ponga, al di là delle necessarie tattiche contingenti, l’obiettivo di una battaglia radicale di classe contro il sistema economico capitalista.
Un dato oggettivo che ha bisogno di uno sforzo soggettivo e questo appello, questa proposta, nascono anche dall’idea e dalla volontà di generalizzare un’esperienza reale di conflitto.
Nel settore della logistica abbiamo praticato e stiamo tutt’ora sperimentando, al di là dell’ovvia e necessaria vertenzialità in grado di avvicinare e accomunare diverse idee di sindacato, un metodo di lotta che, al netto delle sconfitte pur presenti, sta consolidando processi collettivi di presa di coscienza e consapevolezza sulla propria forza e sull’appartenenza alla medesima classe.
Un metodo che, partendo dalla concretezza materiale della lotta davanti ai cancelli, tenta di costruire un’unità e una solidarietà di classe reale, prova a dotarsi di riferimenti teorici anche aggiornando chiavi interpretative e di analisi, a consolidare un percorso di prassi-teoria-prassi in grado di dare vita a una soggettività plurale composta da un effettivo pezzo di classe (organizzato sindacalmente nel S.I. Cobas) e da militanti di collettivi territoriali e studenteschi.
Una soggettività che persegua nella quotidianità della singola lotta l’idea di una società assolutamente antagonista all’attuale e cioè provare, tra mille difficoltà, a far sedimentare un immaginario di liberazione dal lavoro salariato e di società senza più classi misurando nel conflitto sconfitte o vittorie per superare economicismo o estremismo parolaio, con umiltà con coscienza, responsabilità, e organizzazione.
Per generalizzare queste riflessioni proponiamo questo appello a chiunque si voglia confrontare con un processo di lotta reale e per il primo maggio voglia caratterizzare la propria presenza alla manifestazione dal punto di vista del conflitto capitale/lavoro.Per questo proponiamo un momento assembleare di confronto :
domenica 19 aprile ore 14,00 c/o il Csa Vittoria
via Friuli angolo via Muratori Milano
inviare adesioni a : [email protected] + [email protected] + [email protected]
prime adesioni :
Sicobas
Csa Vittoria Milano
Clash City Worker
Laboratorio Iskra Napoli
Comunisti per l’organizzazione di classe
La Sciloria Rho |
Sicobas, Csa Vittoria Milano, Clash City Worker, Laboratorio Iskra Napoli, Comunisti per l’organizzazione di classe, La Sciloria Rho, ci presentano il solito minestrone. Giudicano la protesta del G8 di Genova nel 2001 “un teatrino” multimediale, ma in nome di cosa? Delle solite cazzate che le organizzazioni piccole borghesi, rovesciano da anni sulla testa degli operai.