Redazione di Operai Contro,
ormai la sanità pubblica non esiste più
Se paghi hai delle cure, altrimenti crepa
Saranno fatti altri 2,3 miliardi di tagli alla sanità previsti dalla legge di Stabilità 2015
Il gangster Renzi ci rompe i coglioni con l’Italicum
Vi invio un articolo
Un pensionato
Stavolta a far slittare la firma sono stati gli impegni parlamentari del sottosegretario Gianclaudio Bressa, impegnato alla Camera nel voto sull’Italicum. Così è stata rinviata di un’altra settimana la chiusura dell’intesa tra governo e Regioni sulla ripartizione dei 2,3 miliardi di tagli alla sanità previsti dalla legge di Stabilità 2015 come mancato aumento del fondo sanitario, a cui si somma una riduzione di 285 milioni dei trasferimenti per l’edilizia di settore. Ma la conferenza Stato-Regioni, che tenta di trovare la quadra dal mese di febbraio, ha ormai raggiunto un accordo. La bozza di documento messo a punto dai tecnici alla luce della manovra e del Patto per la salute 2014-2016 ha come pilastro la cosiddetta appropriatezza delle cure. Definizione che si traduce in un principio assai poco piacevole per il malato: le prestazioni specialistiche e riabilitative prescritte da un medico ma ritenute non necessarie saranno totalmente a suo carico. E nei confronti dei medici che le prescrivono dovranno essere presi provvedimenti, compresa la riduzione della parte variabile dello stipendio. Scure anche sui ricoveri per la riabilitazione, che dovranno essere limitati a quelli strettamente necessari. Entro fine giugno l’Aifa dovrà poi rivedere il prontuario farmaceutico introducendo i “prezzi di riferimento”, con il risultato che il Servizio sanitario nazionale rimborserà solo quella cifra e il resto, ancora una volta, dovrà mettercelo il cittadino. Via libera, poi, alla rinegoziazione dei contratti di acquisto di beni, servizi e dispositivi con l’obiettivo di raggiungere uno sconto medio del 4% e risparmiare ben 1,5 miliardi.
Meno soldi in busta paga per i medici che prescrivono trattamenti inutili. Ma a pagare è il malato – Sarà un decreto a individuare, entro 30 giorni, le “condizioni di erogabilità” e le indicazioni per la prescrizione delle prestazioni specialistiche ambulatoriali “ad alto rischio di inappropriatezza“. Il medico, quando fa la ricetta, dovrà riportare l’indicazione della condizione di erogabilità. Le visite e i trattamenti che esulano da quei paletti saranno a totale carico dell’assistito. Ma a farne le spese – non per niente la categoria è già sul piede di guerra – sarà anche il dottore: se risulterà che ha prescritto una prestazione senza che fosse necessario, l’Asl o l’azienda ospedaliera gliene chiederanno conto e potranno applicargli “una riduzione del trattamento economico accessorio”, cioè della parte variabile della busta paga, se si tratta di un dipendente, o “degli incentivi legati al raggiungimento degli obiettivi di qualificazione e appropriatezza” se è un medico convenzionato. Le Regioni dovranno poi ridefinire i tetti di spesa dei privati accreditati per fornire visite ambulatoriali assicurando un abbattimento medio dell’1% del valore dei contratti. Il risparmio previsto, nel complesso, è di 106 milioni.
Tagliati anche i ricoveri in riabilitazione – Le sforbiciate statali riguarderanno anche i ricoveri di riabilitazione “ad alto rischio di inappropriatezza”: un altro decreto, sempre entro due mesi dall’intesa, dovrà individuare i criteri con cui valutarla facendo riferimento “alla correlazione clinica del ricovero con la tipologia di evento acuto, alla distanza temporale tra il ricovero e l’evento acuto e, nei ricoveri non conseguenti ad evento acuto, alla tipologia di casistica potenzialmente inappropriata”. Per i ricoveri clinicamente inappropriati è previsto un taglio del 50% della tariffa fissata dalla Regione o l’applicazione della tariffa media fissata per i ricoveri di questo tipo presso strutture riabilitative extraospedaliere. Tariffe giù anche per i ricoveri “oltre soglia”, cioè più lunghi di quanto in teoria opportuno. Per effetto di questi interventi le Regioni dovrebbero risparmiare 89 milioni.
I contratti di acquisto di beni e servizi saranno rinegoziati per risparmiare – Un’altra colonna portante è il rinnovo dei contratti di fornitura di beni e servizi, il cui valore per il 2014 è stimato in circa 16,3 miliardi, per abbatterne il costo in media del 4%, pari a 652 milioni. Lo stesso vale per i dispositivi medici, per i quali non è indicata una percentuale media di sconto. I calcoli dei tecnici di regioni e governo stimano però che l’ammontare del risparmio sarà di 845 milioni di euro, calcolati come differenza tra la spesa attuale e il valore del tetto fissato dal decreto del 2012 sulla spending review, in base al quale i governatori non possono spendere per i dispositivi più del 4,4% del Fondo sanitario regionale. A partire dall’anno prossimo, poi, le aziende produttrici dovranno concorrere, in proporzione all’incidenza del proprio fatturato sul totale della spesa, al ripiano dell’eventualesfondamento del tetto: saranno chiamate a rifondere il 30% del rosso nel 2016, il 40% nel 2017 e il 50% nel 2018. Contro quello che in gergo si chiama payback è già in rivolta Assobiomedica, che definisce queste misure “inique e contrarie ai principi dell’Ue e a quelli sostanziali del diritto nazionale”.
Entro giugno il nuovo prontuario dei farmaci con i prezzi massimi di rimborso – Quanto al costo dei farmaci, l’introduzione entro il 30 giugno dell’elenco dei prezzi di riferimento, previa “ridefinizione straordinaria” del prontuario da parte dell’Aifa, dovrebbe consentire di risparmiare 200 milioni nella seconda parte del 2014 e 400 a regime su base annua. L’agenzia fisserà il prezzo massimo di rimborso da parte del Ssn in corrispondenza della confezione con il costo al pubblico più basso. E il resto lo pagherà l’assistito. Aifa avrà anche il potere di rinegoziare con le aziende farmaceutiche il prezzo dei medicinali biotecnologici all’indomani della scadenza del brevetto o del certificato di protezione. Qui il risparmio stimato è di 105 milioni l’anno a regime e 35 nel 2015.
Infine dovrebbero derivare riduzioni delle uscite per 10 milioni dall’azzeramento dei ricoveri in strutture convenzionate conmeno di 40 posti letto, destinate alla chiusura in base ai nuovi standard. E altri 68 milioni è previsto che restino in cassa grazie a tagli a reparti e, di conseguenza, posti da primario. Non quantificato il risparmio dalla riduzione del numero delle Centrali operative del 118.
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