Licenziati e riassunti, in Polesine i “furbetti” del Jobs act sono un caso
ROVIGO – Alcune aziende medio-alto polesane del settore tessile e di quello calzaturiero sono sotto la lente di ingrandimento. Almeno tre sarebbero gli imprenditori che avrebbero cercato di dribblare il Jobs act per avere importanti sgravi contributivi.
Più nel dettaglio, le ditte si troverebbero a Lusia, San Bellino e Villanova del Ghebbo. Le aziende coinvolte operano nel settore artigiano e non arrivano al tetto dei 15 dipendenti.
Nei giorni scorsi i consulenti aziendali hanno cercato un accordo con i sindacati, ricevendo però un due di picche. Nonostante l’esito negativo della trattativa, la Cgil ha denunciato ugualmente la situazione all’Inps e alla Prefettura. Gli imprenditori, di fatto, imporrebbero ai propri dipendenti le dimissioni, per poi procedere con delle riassunzioni che portano a degli incentivi statali legati ai nuovi contratti.
«Stiamo raccogliendo segnalazioni e testimonianze – spiega il segretario generale della Cgil, Fulvio Dal Zio – i primi casi li abbiamo registrati e le presunte irregolarità sono state notate da nostri militanti o ci sono state indicate dai lavoratori che le hanno subite. È un fatto inaccettabile e che intendiamo contrastare con ogni mezzo consentito». Più nel dettaglio, sono state alcune lavoratrici delle aziende in questione a denunciare il raggiro. Il meccanismo imposto sarebbe ben studiato. Gli imprenditori, confidando anche in un legame quasi familiare o amichevole, chiederebbero ai propri assunti, anche a tempo indeterminato, di licenziarsi. La seconda tappa consisterebbe nel piazzare in produzione le stesse persone, spesso con le stesse mansioni e nello stesso stabilimento per almeno sei mesi attraverso contratti di somministrazione lavoro, da stipulare con agenzie interinali. Passato il periodo-finestra, questi lavoratori verrebbero riassunti con il nuovo contratto decontribuito, che porterebbe all’impresa vantaggi per 24mila euro: ottomila euro l’anno nel triennio.
Dal Gazzettino di Rovigo.
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