Lunga e calda s’annuncia l’estate della Cgil a Milano. Dopo aver «visitato» la Camera del Lavoro, gli ispettori da Roma sono tornati in città, questa volta per verificare la contabilità dello Spi, il sindacato pensionati. Perché? La versione ufficiale è contenuta in una nota diramata dalla segreteria nazionale dieci giorni fa, alla quale (interpellati) non aggiungono nulla: è routine, nessun evento straordinario. «Da sempre la Cgil tutela e vigila su trasparenza e corretta gestione amministrativa delle proprie strutture (…) grazie ad una attività ispettiva che si svolge regolarmente». L’appunto poi spiega che nel caso in cui vengano riscontrati errori «scatta la prescrizione a correggere»; se nel rapporto conclusivo si evidenziassero invece «comportamenti di carattere doloso, i responsabili incorrono senza eccezione alcuna nelle sanzioni disciplinari». È un testo anodino, ma proprio per questo appare severo o quanto meno poco empatico con i dirigenti milanesi. Con i quali non c’è mai stata sintonia.
Non è un mistero, anzi è uno scontro decennale e aperto. Tra la segreteria nazionale e regionale da una parte e quella cittadina dall’altra, c’è tradizionalmente una divergenza. Innanzitutto politica, col tempo anche personale. Ora che il segretario generale è Susanna Camusso, già alla guida della Cgil Lombardia, dicono alla Camera del Lavoro che il conflitto si è allargato anche sull’asse Roma-Milano.
Dicono, da più parti, anche altre cose, non facilmente verificabili. Per esempio che ci sia stata una «soffiata» con la denuncia di presunti ammanchi di cassa tanto alla Camera del Lavoro quanto allo Spi. Dicono che questi buchi siano stati giustificati con finanziamenti, si suppone non trasparenti, alle campagne elettorali dei dirigenti locali che hanno fatto (anche in questo caso secondo tradizione) il salto dal sindacato alla politica. E in questi anni sono stati tanti, da Antonio Panzeri, europarlamentare, a Giorgio Roilo, senatore, a Onorio Rosati, consigliere regionale.
Tutto da dimostrare. Nell’attesa della relazione degli ispettori sale, però, una temperatura da ebollizione, e aleggia un’aria da resa dei conti con possibili capitomboli e uscite di scena.
Il segretario generale della Camera del Lavoro, Graziano Gorla, è come sempre cordiale, ma non nasconde un certo nervosismo per le chiacchiere che girano attorno alla cassa: «Tante illazioni per normali ispezioni da Statuto. Ammanchi non ce ne sono», scandisce. Vero è che il responsabile dell’amministrazione (il tesoriere, ndr ) proprio di recente è stato sospeso: «Ho dato l’incarico a un’altra persona – spiega Gorla – con l’idea di promuovere il cambiamento». Brutto segno anche che alla Conferenza di organizzazione oggi a Milano arrivi un «emissario» della segreteria nazionale. Non è un ortodosso camussiano, ma qualcuno lo interpreta come un segnale verso il «commissariamento». Potrebbe intervenire direttamente Camusso in questa disputa. Non lo farebbe, dicono ancora, perché non è nel ruolo del segretario generale delegittimare la propria stessa struttura. Da Roma, allora, la linea è il silenzio e la parola (scritta) agli ispettori. Pessimo clima, però. Che dà occasioni a dispute personali, a ricatti, a tentativi di infangare nemici. Di qui a vent’anni fa, perché i controllori stanno sfogliano i libri indietro fino al ‘94.
Onorio Rosati, già segretario della Camera del Lavoro dal 2006 al 2013 e oggiconsigliere regionale pd, s’è sentito chiamato in causa sui giornali e «smentisco categoricamente ogni illazione». Del resto, fa notare, «se fossero state avviate indagini amministrative su di me, sarei stato chiamato». Così non è stato. A coinvolgerlo sono state solo non meglio identificate «voci», forse «sassolini nelle scarpe che qualcuno ha voluto togliersi…». Sembra che ai dubbi amministrativi si sia sommata una vecchia questione politica. «La sede per discutere non è l’ispezione – risponde – ma il direttivo nazionale». Rosati chiede allora che «quando ci sarà il verbale degli ispettori, venga reso pubblico». E si diradi questa cappa di sospetti.
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