Redazione di operai contro,
1914/1918 lo scontro tra gli imperialismi europei arriva all’apice, la brama di conquista di nuovi territori da assoggettare, il tentativo di avere il predominio sulle altre borghesie sforzandosi di uscire dalla crisi economica che la svalorizzazione del capitale aveva prodotto, finisce con l’inizio della prima guerra mondiale.
Milioni di uomini, per lo più contadini e disoccupati espulsi dal ciclo produttivo a causa della crisi, vennero chiamati alle armi e inviati al fronte, milioni di operai vennero impiegati nelle fabbriche per sostenere con cicli di lavoro massacranti lo sforzo bellico dei propri capitalisti.
Milioni di proletari su fronti contrapposti si spararono addosso in nome e per conto delle proprie borghesie, milioni di proletari accettarono supinamente di essere mandati al massacro senza reagire, a differenza della Russia dove grazie alla propaganda antimperialista del partito bolscevico, i soldati impegnati al fronte si rifiutarono di continuare la guerra e rivolsero le armi contro la propria borghesia, nel resto d’Europa il massacro di milioni di individui continuò tranquillamente.
Solo pochi coraggiosi ebbero l’audacia di disertare e di ribellarsi alla gerarchia militare, rifiutandosi di continuare a combattere o cercando di abbandonare l’esercito per tentare di tornare alle proprie case. Mettendo così in discussione uno dei principali cardini della borghesia, il sacro valore della difesa della patria che la propaganda nazionalista provava a inculcare nella testa degli Italiani .
Durante la prima guerra mondiale, davanti ai tribunali militari comparvero 262.481 imputati in divisa. Le condanne dei tribunali militari interessarono il 60 per cento dei processi. 4.028 dibattimenti si conclusero con la pena capitale (2.967 con gli imputati contumaci).
Le sentenze di morte eseguite superarono di gran lunga i mille condannati.
Furono decine i combattenti che si ribellarono, come nel caso della brigata Catanzaro i cui militari si rifiutarono di tornare in prima linea e scelsero di rivoltarsi ai comandi militari, impossessandosi delle armi e sparando su ufficiali e truppa rimaste fedeli ai graduati, per questo furono fucilati sul posto dai carabinieri.
A distanza di cento anni il parlamento Italiano ha deciso di approvare una legge che riabilita i disertori finiti davanti al plotone di esecuzione per essersi ribellati ai comandi militari sia individualmente che collettivamente.
Canaglie per i comandi militari e per la borghesia dell’epoca carica di retorica patriottica che condannò alla pena capitale i ribelli e i disertori , eroi per gli operai, preferendo un atto coraggioso di disobbedienza alla vigliaccheria di sparare contro proletari dell’altro fronte, coscienti con questo atto di andare di fronte al plotone d’esecuzione.
Ora tale legge è un tentativo dei borghesi di lavarsi la coscienza, addossando la responsabilità delle fucilazioni, delle decimazioni e delle esecuzioni sommarie ai comandi militari, come se l’esercito e i comandi militari fossero un corpo estraneo alla struttura borghese dello stato.
Nella realtà questa legge viene emanata in tempo di pace, l’esercito di leva, attualmente, è stato sostituito da quello volontario, ma se le condizioni attuali dovessero cambiare e ci trovassimo nuovamente di fronte ad una situazione di guerra dichiarata, la borghesia non impiegherebbe nemmeno un secondo a giustificare l’introduzione di apparati repressivi come i tribunali militari per mantenere l’ordine nell’esercito ed evitare che casi di ribellione e di diserzione si propagassero.
A distanza di cento anni per noi operai questi sono i veri eroi, all’opposto di chi si fece mandare al macello per gli interessi dei padroni e dei borghesi.
Eroi che ribellandosi alle gerarchie militari misero in discussione la guerra dei padroni.
D.C. operaio di Milano
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