Redazione,
“L’idea che la Cina … possa collassare trascinando le economie di mezzo mondo fa davvero paura, al G-20 in corso ad Ankara è tutto un voler rassicurare gli animi e soprattutto gli operatori. Dal ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble …, alla fiducia manifestata dal ministro delle finanze cinese Lou Jiwei al collega sudcoreano Choi Kyung-hwan durante i loro colloqui. La Corea del Sud è il primo esportatore verso la Cina, i timori non sono affatto infondati. Comunque nessuno sa come le autorità cinesi riusciranno a placare le forze del mercato che rischiano di scatenarsi nuovamente”. “Si è rotto il vaso di Pandora, un sottile equilibrio su cui si sono retti artificialmente i mercati negli ultimi mesi”.
Le sottolineature sono nostre, ma le due frasi preoccupate sono prese dal sole24 ore di oggi che aspetta con trepidazione, come il resto degli “esperti” economici, la riapertura delle borse cinesi, domani mattina, lunedì 7 settembre.
Continuerà la discesa negli abissi che ha portato l’indice della Borsa di Shanghai dal massimo di 5.178 a giugno fino a scendere a 2.926 il 27 agosto? Oppure i massicci interventi della Banca centrale cinese e del governo fermeranno almeno la massiccia svalutazione azionaria? Nessuno, ormai, si scandalizza che i “comunisti” cinesi aiutino così spudoratamente il mercato: sono arrivati ad ordinare alle grandi aziende di Stato di comprare azioni. Anzi lo richiedono. D’altra parte tutte le banche centrali nel mondo, senza vergogna intellettuale rispetto alle teorizzazioni passate, hanno fatto la stessa cosa durante tutta la Grande Crisi. Semmai ora, la preoccupazione si sposta sull’eventuale cambio di rotta della Fed, la banca centrale Usa. Se decidesse di rialzare i tassi di interesse, in controtendenza alle politiche monetarie del resto del mondo che lei stessa ha inaugurato, verrebbero scombussolati ulteriormente i fragili equilibri tra le grandi potenze e con i paesi emergenti che ne pagherebbero le conseguenze maggiori. La decisione è attesa per metà settembre e si vedrà.
In ogni caso, è abbastanza chiaro che con la crisi della Cina dell’agosto 2015, in cui la caduta della borsa di Shanghai, come al solito nella storia, è solo il campanello di allarme della fine di un ciclo, si è ritornati alla casella del Via della Grande Crisi. Anche l’illusione dello sviluppo della Cina, del suo mercato da milioni di consumatori, della sua crescita impetuosa al 7% annuo del Pil è già bella che svanita. Così come è svanita quella dei paesi come India, Brasile, Turchia, ecc., i cosiddetti emergenti. Tutti paesi in cui le multinazionali europee ed Usa, automobilistiche ma non solo, vi avevano insediato le proprie fabbriche alla ricerca di nuovi mercati. Ma in cui anche medi e piccoli industriali riponevano le loro speranze per ricaduta commerciale.
R.P.
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