dal Fatto quotidiano
Il campo di battaglia è diventato sempre più affollato. I soldati inviati da Mosca, gli aerei francesi, i droni Usa e poi le milizie sciite inquadrate dagli iraniani L’immagine del dittatore non è cambiata, ma ora è un interlocutore
I SIRIANI fuggono dalla patria in guerra, e gli stranieri si impegnano sempre più numerosi nel cielo e sulle pianure della Siria in guerra. Mentre migliaia di profughi provenienti dalla valle del Tigri e dell’Eufrate cercano rifugio in Europa, il campo di battaglia in quella regione è sempre più affollato. Ultimi arrivati, con una forza aerea, sono i francesi finora impegnati soltanto in Iraq. I russi sono da tempo sul posto con le loro armi, di cui è dotato l’alleato regime di Damasco. Ma di recente si è scoperto che Vladimir Putin manda anche soldati di terra che si battono indossando le divise dell’esercito di Bashar Al Assad.
Francesi e russi si aggiungono a decine di combattenti di altre nazionalità: dagli americani che intervengono dal cielo con droni o apparecchi pilotati, alle milizie sciite inquadrate spesso da iraniani; dai paesi arabi che si limitano a vaghi interventi aerei e si guardano bene dall’impegnare truppe a terra, perché troppo rischioso e troppo difficile riconoscere i veri alleati dai veri nemici, ai paesi occidentali i cui aerei fanno poco più di un atto di presenza, a fianco degli Stati Uniti. In quanto ai miliziani dei gruppi jihadisti, provengono da decine di contrade diverse: probabilmente, almeno qualcuno, dalla Brianza, come dal Pashmir.
La mischia ha alle sue origini la lotta contro la dittatura di Bashar Al Assad, del quale si è pensato spesso che fosse sul punto di perdere il posto. Si pensava che la sua destituzione fosse la soluzione del dramma. Ha usato impunemente i gas, superando la “linea rossa” tracciata da Barack
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