CALL-CENTER: LAVORARE DA SCHIAVI IN PUGLIA

Redazione di operai Contro, raccontano la balla della diminuizione della disoccupazione. Non è vero Noi giovani disoccupati in Puglia aumentiamo. Quando lavoriamo ci pagano 3 euro lordi l’ora Vi invio un articolo Un lavoratore dei Call-Center di Laura Bonani   Lavorare nei call center come schiavi. In Puglia, nello Jonico, per molti ragazzi e ragazze è il solo modo per avere ‘un impiego’, un reddito minimo. La disoccupazione giovanile che a livello nazionale segna il 42%, da quelle parti supera il 58%. Qualche mese fa, la Slc Cgil ha denunciato un nome che reclutava giovani per corsi ‘di formazione’…e poi […]
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Redazione di operai Contro,

raccontano la balla della diminuizione della disoccupazione. Non è vero

Noi giovani disoccupati in Puglia aumentiamo. Quando lavoriamo ci pagano 3 euro lordi l’ora

Vi invio un articolo

Un lavoratore dei Call-Center

di Laura Bonani  

Lavorare nei call center come schiavi. In Puglia, nello Jonico, per molti ragazzi e ragazze è il solo modo per avere ‘un impiego’, un reddito minimo. La disoccupazione giovanile che a livello nazionale segna il 42%, da quelle parti supera il 58%. Qualche mese fa, la Slc Cgil ha denunciato un nome che reclutava giovani per corsi ‘di formazione’…e poi li mandava via senza nemmeno un euro.

Benché l’attività di vendita telefonica per un committente del settore energia fosse stata regolarmente svolta. Ma lo scandalo in Puglia è senza fine. In maggio, è emerso il caso dei 100 ragazzi pagati 3, euro lordi l’ora. E ai più bravi, 0,60 centesimi di premio.

Anche il segretario Slc Cgil di Taranto, Andrea Lumino, ha commentato che “…per un call center situato in centro e che lavora esclusivamente per un colosso della telefonia, questo è un disonore al 100%”. Qualche giorno fa (invece), è stato Mario a raccontare in tv il suo trantràn in un call center pugliese. L’ha fatto su Rai 1, a ’La vita in diretta’.

Siamo macchine che devono riuscire a vendere quel prodotto – ha detto – e a chi non fa un tot di telefonate con successo viene subito rinfacciato. Spesso, viene negato di andare in bagno. E da un mese all’altro, non si sa mai se si tornerà in quella sala. Ogni giorno, poi, cambia la postazione.

Perché la logica è quella di sviare da qualsiasi abitudine, da possibili amicizie, da forme di comunicazione col vicino…che è sempre diverso. Molte ore davanti allo schermo – aggiunge – fanno venire male agli occhi: sì, mi sento uno schiavo perché non ho neanche un contratto. E non ho nessuna alternativa.

Posti di lavoro come il mio, sono alienanti, frustranti, ripetitivi come una catena di montaggio all’infinito. Ripetitivi nell’ approccio alla persona, nell’essere mandati a quel paese, nel non riuscire spesso a concludere una telefonata in modo positivo. La mia autostima – sottolinea – oggi, è ai minimi”.

Paolo Vinci, avvocato del lavoro ha replicato che “…sul fenomeno, oltre ai risvolti penali sui giovani, ci sono numeri pesantissimi: il Pil è dell’1,5% per 42 miliardi all’anno di lavoro nero sommerso. In 4-5 regioni del Mezzogiorno, la disoccupazione giovanile e il lavoro senza contratto sono i più alti d’Europa: i controlli, il rispetto e l’applicazione della legge non esistono”.

La ‘questione meridionale’ non si è mai chiusa?

twitter@laurabonani

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