Redazione di Operai contro,
Il 10 novembre è avvenuto a Nola presso il tribunale un episodio che è importante per capire il clima che si sta creando intorno agli operai e che già comincia a coinvolgere l’intera società.
Il 10 era in discussione la sentenza di primo grado che ha confermato il licenziamento di cinque operai FIAT di Pomigliano per l’episodio del finto suicidio di Marchionne.
Intorno al tribunale già c’era un nutrito gruppo di “forze dell’ordine” di vari corpi. Ma anche altre zone di Nola erano presidiate. Una pattuglia di vigili urbani ha bloccato, lontano dal tribunale l’autovettura su cui viaggiava Mimmo Mignano, uno dei cinque licenziati, mentre si recava al tribunale. I vigili per un semplice controllo hanno bloccato Mignano per circa due ore. Anche quando è giunta una pattuglia dei carabinieri, la situazione non si è sbloccata nonostante il transito nella carreggiata fosse ormai ostacolato dalla presenza di giornalisti, curiosi, e persone solidali. Molti sono stati identificati e dopo aver fatto l’ennesima multa a Mignano, due ore dopo vigili e carabinieri lo hanno lasciato andare. Nel frattempo però il tribunale di Nola aveva già comunicato l’ennesimo rinvio della causa al 10 di aprile prossimo.
Stessa intimidazione al tribunale. Le “forza dell’ordine” fermavano e identificavano tutti quelli presenti nel piazzale fuori al tribunale. Perfino Pino Marziale, avvocato difensore dei cinque licenziati e conosciutissimo al tribunale di Nola, è stato identificato da un gruppo di agenti delle guardie penitenziarie.
Mentre a Nola con accanimento continua l’azione di annientamento di un gruppo di operai combattivi intorno ai quali si vuole creare il vuoto, a Pomigliano la FIOM denuncia il “furto” di una manciata di secondi dalle pause che agli operai in un anno farà produrre 120 auto in più.
Le due cose sono collegate.
I cinque licenziati di Pomigliano sono un esempio per gli altri che lavorano.
La FIAT sta mettendo in campo tutto il suo potere per stravincere contro questi cinque operai ribelli perché deve controllare gli operai interni, deve ribadire loro che se non si piegano ai suoi ricatti faranno la fine di Mignano e degli altri quattro.
Ricordiamo che i cinque licenziati sono stati buttati fuori per una iniziativa ironica fuori ai cancelli del reparto di Nola per protestare contro i suicidi di due loro compagni schiantati da anni di cassa integrazione e miseria. Fu inscenato un suicidio di Marchionne che preso dai rimorsi, prima di togliersi la vita, si scusava per le tragedie causate.
Ricordiamo che questi operai sono stati licenziati perché secondo l’azienda, e confermato dai giudici, era venuto a mancare l’atteggiamento di “fedeltà” che deve sussistere sempre nei confronti dell’azienda.
Gli operai devono essere fedeli e non possono esprimere critiche, altrimenti c’è il licenziamento, questa è la regola della nuova società capitalistica “riformata”.
Sottolineiamo che le folle oceaniche di intellettuali e “democratici” sempre pronti a criticare le limitazioni alla libertà di espressione negli altri paesi non dicono completamente nulla sulle limitazioni in casa nostra. Tutt’al più possono lamentarsi se qualche loro collega intellettuale viene incriminato e processato, ma quando la persecuzione colpisce gli operai questi signori restano completamente indifferenti.
Un compagno di Napoli
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