Cara Redazione,
negli Usa una delle conseguenze della “crescente disuguaglianza” miete 47mila vittime l’anno: un record della grande crisi.
Saluti da una lettrice.
L’articolo del Sole 24 ore
NEW YORK – È la nuova pandemia. Il nuovo esercito silenzioso di vittime che si è trascinato dalla grande crisi a una ripresa debole e che ancora lascia ferite aperte nella società americana. Ne ha parlato con toni allarmati Barack Obama nel Discorso sullo Stato dell’Unione. La riconoscono a denti stretti anche numerosi leader repubblicani. È la strage per overdose di farmaci o droghe, legali e illegali, da potenti antidolorifici e oppiacei quali l’eroina. Oltre 47.000 vittime l’anno, un record che viaggia a una media di 125 al giorno.
Un dramma che sta falciando oggi soprattutto i giovani bianchi, su scala nazionale e con punte nel Sudovest e nell’Appalachia, le regioni meno ricche e con meno assistenza.
La sua diffusione è stata così rapida da essere paragonata, appunto, a una nuova malattia infettiva. Tra i più giovani in cinque anni il passaggio è stato da sei decessi a 30 ogni centomila per avvelenamento accidentale, anzitutto overdosi, mentre i suicidi per droga sono aumentati a 19,5 da 15 ogni centomila. È complice un’industria farmaceutica che per anni ha spinto farmaci oppiacei come sicuri e con meno rischi di assuefazione, moltiplicandone le prescrizioni. Al varo poi di norme più severe molti sono passati all’eroina, le cui vittime sono triplicate dal 2010 a oggi.
Un’inchiesta del New York Times, che ha preso le mosse da uno studio-shock pubblicato da economisti di Princeton, ha rivelato le dimensioni del fenomeno: l’esame di 60 milioni di certificati di decessi ha mostrato come la generazione tra i 25 e i 34 anni sia diventata la prima dalla guerra del Vietnam negli anni Sessanta non solo ad essere meno fortunata economicamente ma a morire più facilmente dei propri genitori. I casi di overdose qui sono quintuplicati dal 1999 e triplicati anche nella fascia di età successiva, tra i 35 e i 44 anni. La crescita è particolarmente forte, del 23% negli ultimi cinque anni, tra i meno istruiti, con la sola maturità di scuola superiore, a ulteriore prova del legame con la crescente diseguaglianza.
Risultato è che anche la differenza tra la mortalità dei giovani bianchi e afroamericani si è ridotta di due terzi, ai minimi da oltre un secolo. Paradossalmente, la discriminazione razziale potrebbe aver involontariamente frenato le vittime tra gli afroamericani: i medici sono parsi molto meno disposti a prescrivere loro i farmaci sotto accusa, per il sospetto che poi li rivendessero o distribuissero.
Uno degli esperti interpellati dal Times, il docente californiano Eileen Crummins, ha commentato lapidario le radici del fenomeno, il minimo comun denominatore tra molte vittime di situazioni sociali, lavorative, personali e familiari precarie e spesso peggiorate in questi anni. «La loro vita – ha detto – è talmente difficile che si spezza».
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