Giovedì scorso 25 febbraio è stato approvato in referendum l’ipotesi di accordo del nostro contratto integrativo alla Marcegaglia di Forlì con 207 voti favorevoli e 120 contrari.
Cercherò di motivare in breve il perché, come delegato Fiom-Cgil (unico delegato contrario a questa ipotesi su otto delegati in stabilimento, 4 FIOM, 3 UILM e 1 FIM), abbia rinunciato a mettere la mia firma sull’accordo.
Innanzitutto va ricordato che in questa lunga trattativa (9 mesi!) la delegazione sindacale ha ripiegato ripetutamente ad ogni “niet” aziendale, con un conseguente ed inevitabile allontanamento dalle richieste avanzate dai lavoratori in piattaforma e per giunta senza colpo ferire: una “feroce lotta” sindacale con ginocchia sotto al tavolo, tante bottigliette di acqua per le troppe chiacchiere, diversi mal di pancia dovuti ai tanti rospi ingoiati…ma nulla di più. Si sono fatte tante discussioni spesso spiegate nelle assemblee come costruttive, ma di fatto illusorie. Assemblee dove in realtà si tendeva a “smontare” qualsiasi forma di lotta alternativa e di contrasto.
È stato proposto/imposto un premio totalmente variabile, legato a parametri strettamente aziendali che vede la perdita di un minimo di consolidato vero e che lascia un carico spaventoso alla RSU su discussioni future della massima importanza come il microclima, la sicurezza, la commissione paritetica sul PDR. Si tratta di problematiche che di fatto difficilmente la RSU e/o i funzionari sindacali potranno spostare concretamente a posteriori in modo efficace. Vi sono dunque tanti motivi più che validi per avere dubbi sul firmare un accordo con questi criteri che mettono il premio in forse, nonostante da anni si stia lavorando nel nostro stabilimento a ritmi sostenuti incrementando di anno in anno la produzione.
Quello che però ritengo assolutamente inaccettabile è il parametro individuale (discusso e deciso) legato alla malattia di ogni lavoratore: questo è il motivo principale per cui non ho condiviso e firmato questo accordo.
Riconoscere un premio economico a scalare sui soli giorni di malattia (massimo 10 giorni nell’anno!) a prescindere da ciò che determina l’assenza dal lavoro credo sia uno sbaglio ingiustificabile, oltre ad essere una grande vittoria politica per l’azienda, soprattutto viste le gravi problematiche ambientali in cui siamo costretti ad agire e a lavorare.
Io credo che sia un grosso errore sindacale concedere alle aziende di poter discriminare in questo modo: con la scusa di abbassare l’assenteismo escludono di fatto i più deboli e i più sfortunati (sono comprese tutte le patologie, le invalidità, i recuperi post-intervento chirurgici, gli incidenti stradali, ecc…).
Il compromesso è frutto di una trattativa; spesso si cede qualcosa per averne altre in cambio. Ma in questo accordo abbiamo ceduto tanto e portato a casa poco o nulla. Ciò che più preoccupa, non solo per quello che si è visto in questa vertenza ma in generale, è che da tempo vediamo diventare accettabile e sostenibile ciò che all’inizio di ogni vertenza era assolutamente inaccettabile, per giunta riuscendo a motivarlo e a farlo accettare a molti lavoratori…”bravura” oratoria e malessere generale sindacale!
Personalmente credo che di accordi di questo tipo possiamo fare tranquillamente a meno perché per pochi denari si continua a peggiorare le condizioni di vita nelle nostre fabbriche. L’unitarietà sindacale al ribasso che da anni ci sta flagellando va rigettata per una vera e forte unità dei lavoratori.
I risultati di queste battaglie, che a volte possono rivelarsi demotivanti per noi, potrebbero e dovrebbero in realtà rappresentare una base da cui partire per rafforzarci.
Qui a Forlì, in quest’ultima vertenza, nonostante tutto, ci sono 120 lavoratori contrari a questa ipotesi (quasi il 40%!), che sono coscienti di dover lottare su altri terreni per cambiare le cose e possono dare input e motivazioni importanti da cogliere e da non sottovalutare assolutamente!
Gabriele Severi
RSU FIOM-CGIL Marcegaglia Forli
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