Per la discussione
Redazione di operai Contro,
avete fatto molto bene a pubblicare : ” Da “L’ «estremismo» malattia infantile del comunismo”, scritto da Lenin nell’aprile-maggio 1920 e pubblicato in opuscolo nel giugno 1920 a Pietrogrado. Opere Complete vol. XXXI, Editori Riuniti 1967, pp. 41-43].
Per noi che siamo d’accordo con lo scopo del giornale.” Se il padrone, nella grande crisi, non ha altra soluzione che licenziare una parte di noi mentre spinge per gli altri, oltre ogni limite lo sfruttamento, questo vuol dire che è arrivato il momento della resa dei conti: se per la società del capitale è diventato, in qualche modo inutilizzabile, anche il lavoro salariato è tempo che si attacchi l’utilità del padrone stesso e del suo sistema sociale. Il programma del giornale è solo questo”.
E’ importante conoscere la lotta che Lenin ha fatto.
Sono d’accordo con la prima affermazione di Lenin ” quel certo carattere reazionario dei sindacati si è manifestato, e doveva indubbiamente manifestarsi,”
e sono d’accordo con quanto affermato da Lenin subito dopo: ” I menscevichi russi hanno trovato (e in pochissimi sindacati trovano tuttora) l’appoggio dei sindacati a causa della grettezza corporativa, dell’egoismo e dell’opportunismo professionale. I menscevichi dell’Occidente «si sono annidati» molto più stabilmente nei sindacati; in Occidente si è delineato – con molta più forza che da noi – uno strato di «aristocrazia operaia» corporativistica, gretta, egoista, sordida, interessata, piccolo borghese, di mentalità imperialista, asservita e corrotta dall’imperialismo.
Mi sembra importante capire chi erano i menscevichi e perchè hanno trovato spazio nei sindacati. Da Wikipedia: “ Al secondo congresso del POSDR (30 luglio-23 agosto 1903), Lenin argomentò a favore di un partito che dirigesse la classe operaia nella sua lotta rivoluzionaria. A tale scopo potevano farne parte solo elementi coscienti, devoti e fidati, « senza concessioni alla borghesia a scapito degli interessi del proletariato ». Un tale partito avrebbe avuto un numero minore di militanti, ma sarebbe stato formato da rivoluzionari di professione e da operai fortemente politicizzati, con una rete di cellule legali e illegali nel territorio, evitando l’ingresso nel partito di possibili « avventurieri, intriganti, parolai e opportunisti ». La formulazione del 1° paragrafo dello statuto proposta da Lenin così recitava:
« Si considera membro del partito operaio e socialdemocratico russo chiunque ne accetti il programma e sostenga il partito stesso sia con mezzi materiali che partecipando personalmente a una delle sue organizzazioni » |
Martov era in disaccordo, ritenendo che fosse necessario ampliare il partito, rendendolo un’organizzazione di massa. La formulazione da lui proposta al paragrafo dello statuto sembrava sostanzialmente eguale:
« Si considera membro del partito operaio e socialdemocratico russo chiunque ne accetti il programma e sostenga il partito stesso sia con mezzi materiali che lavorando sotto il controllo e la direzione di una delle sue organizzazioni » |
ma rendeva facoltativa la partecipazione personale alla vita del partito. Aksel’rod, sostenitore della proposta di Martov, ammetteva l’iscrizione al partito di chiunque dichiarasse di volerne far parte, e Trockij, allora vicino a Martov, sosteneva che qualunque operaio in sciopero potesse essere considerato un membro del partito. Anche la recente corrente « economicista », che mirava a trasformare il partito in un’organizzazione sindacale, era favorevole alla tesi di Martov.[2]
I sostenitori di Martov erano in minoranza, quindi a questo si deve il nome di menscevichi che in russo significa “minoritari”, mentre i sostenitori di Lenin presero il nome bolscevichi, che significa “maggioritari”.
Lenin prosegue e sono d’accordo: ” Questa lotta deve essere condotta implacabilmente e, come noi abbiamo fatto, deve essere continuata sino a svergognare completamente e ad espellere dai sindacati tutti i capi incorreggibili dell’opportunismo e del socialsciovinismo. Non si può conquistare il potere politico (e non bisogna tentare di prenderlo) fino a che questa lotta non sia stata portata a un certo grado, e questo “certo grado” non sarà lo stesso nei diversi paesi e in circostanze diverse, e di esso sapranno tener conto giustamente in ogni singolo paese solo dei dirigenti politici del proletariato, che siano riflessivi, competenti ed esperti.
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Ma noi conduciamo la lotta contro l’ «aristocrazia operaia» in nome delle masse operaie e per attrarre queste masse dalla nostra parte; conduciamo la lotta contro i capi opportunisti e socialsciovinisti per attrarre dalla nostra parte la classe operaia. Sarebbe sciocco dimenticare questa verità del tutto elementare ed evidente. E proprio una simile sciocchezza commettono i comunisti tedeschi «di sinistra», quando dal carattere reazionario e controrivoluzionario dei vertici dei sindacati giungono alla conclusione che … bisogna uscire dai sindacati!! Rinunciare a lavorare in questi sindacati!! Creare nuove forme, inventate, di organizzazione operaia!! É questa una sciocchezza imperdonabile, è questo il maggior servigio che i comunisti possano rendere alla borghesia. I nostri menscevichi, come tutti i capi opportunisti, socialsciovinisti, kautskiani dei sindacati, altro non sono infatti che gli «agenti della borghesia nel movimento operaio», (come abbiamo sempre detto contro i nostri menscevichi), o i «commessi della classe capitalista nel campo operaio», secondo la bella e giustissima espressione dei seguaci di Daniel de Leon in America. Non lavorare all’interno dei sindacati reazionari significa abbandonare le masse operaie arretrate o non abbastanza evolute all’influenza dei capi reazionari, degli agenti della borghesia, dell’aristocrazia operaia, ossia degli «operai imborghesiti», (cfr. lettera di Engels a Marx del 1852 a proposito degli operai inglesi).
A mio parere è bene sviluppare la discussione
L.S.
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