Papua Nuova Guinea, polizia spara su studenti: manifestavano contro la corruzione

dalla Repubblica BANGKOK – Le autorità del remoto Stato di Papua Nuova Guinea hanno assicurato che sul loro territorio è tornata la calma: e che non saranno tollerate altre proteste nelle università come quelle divampate negli ultimi giorni. Ma un clima di paura sta paralizzando l’intera economia del Paese oceanico, uno dei più piccoli e – secondo il Transparency International Corruption Perceptions Index, l’indice della corruzione globale – uno dei più corrotti del mondo insieme a Eritrea e Paraguay. I trasporti bloccati e gli uffici pubblici, le imprese, le banche vuote dopo le sanguinose manifestazioni degli studenti, scesi in piazza […]
Condividi:

dalla Repubblica

BANGKOK – Le autorità del remoto Stato di Papua Nuova Guinea hanno assicurato che sul loro territorio è tornata la calma: e che non saranno tollerate altre proteste nelle università come quelle divampate negli ultimi giorni. Ma un clima di paura sta paralizzando l’intera economia del Paese oceanico, uno dei più piccoli e – secondo il Transparency International Corruption Perceptions Index, l’indice della corruzione globale – uno dei più corrotti del mondo insieme a Eritrea e Paraguay.

I trasporti bloccati e gli uffici pubblici, le imprese, le banche vuote dopo le sanguinose manifestazioni degli studenti, scesi in piazza nei giorni scorsi proprio per protestare contro la corruzione e il nepotismo del governo del premier Peter O’Neill.

Dopo un mese di proteste e scioperi e l’ingresso in più di un’occasione dei blindati di polizia nei campus, due giorni fa, infatti, gli oltre mille iscritti dell’università Waigani, nella capitale Port Moresby, hanno deciso di marciare verso il Parlamento. Ma dopo un tentativo di mediazione fallito sul nascere, la polizia ha ricevuto l’ordine di sparare ad altezza uomo e usare gas lacrimogeni.

“Ci hanno sparato addosso come criminali” ha detto uno dei leader della protesta. Agli attacchi gli studenti hanno risposto con lanci di sassi e hanno dato alle fiamme un veicolo (atto di cui si sono poi scusati) ed alcune stanze dei dormitori.

Degli otto feriti ricoverati d’urgenza la metà sono gravi, anche se non ci sarebbero state vittime come invece annunciato da molti media. Ma nel timore di nuovi disordini l’amministrazione dell’ateneo ha ottenuto ieri da un tribunale l’ingiunzione agli studenti di ritornare in classe e interrompere il lungo boicottaggio delle lezioni.

Nella sfida al governo dei giovani di Waigani sono però già coinvolti altri tre importanti atenei, l’Istituto di Tecnologia nella capitale, il campus dell’università nell’inaccessibile altipiano di Mt Hagen e quello di Lae, sulla costa nord, dove duemila studenti mercoledì sono stati assediati dentro e fuori le classi da un imponente schieramento di polizia.

Con loro solidarizzano non solo le opposizioni politiche, che hanno accusato il governo di aver usato senza necessità la forza bruta, ma anche una consistente fetta della popolazione. Cortei di donne – in prevalenza madri degli studenti – hanno marciato con le facce sporche di fango per protestare contro l’intervento armato di mercoledì, e i media non sono stati teneri verso gli autori della brutale rappresaglia.

La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso dei sospetti contro O’Neill e il suo ministro delle Finanze James Marape, riguarda l’autorizzazione di pagamenti per decine di milioni di dollari a studi legali e compagnie che non hanno nessun giustificativo.

Papua Nuova Guinea, polizia spara su studenti: manifestavano contro la corruzione

Il primo ministro di Papua Nuova Guinea, Peter O’Neill

Nel 2014 per uno dei reati era stato firmato anche un mandato di arresto contro il premier, ma per ritardare questa e altre indagini avviate da nuclei investigativi indipendenti dal potere esecutivo, O ‘Neill ha sciolto d’ufficio la task force anti-corruzione da lui stesso messa in piedi pochi anni prima.

Il premier, in carica dal 2012, ha anche silurato il Commissario capo della polizia e il Procuratore generale, associandoli al presunto “complotto politico” che secondo lui sarebbe stato orchestrato ai suoi danni dalle opposizioni. “Non è che un poliziotto si sveglia la mattina e decide di arrestare il primo ministro”, si giustificò allora.

Nonostante questo, sono stati incriminati diversi membri della sua amministrazione e perfino uno dei suoi legali. E gli investigatori esautorati sostengono di avere tutte le prove di almeno un pagamento, 30 milioni di dollari, versati per agevolare gli affari di una società finanziaria. Soldi che secondo l’accusa delle opposizioni sarebbero finiti nei numerosi conti segreti di O’ Neill in Australia. Senza dimenticare le irregolarità di bilancio, le clientele nella pubblica amministrazione e nelle forze armate e la fama di uomo d’affari senza scrupoli conquistata dal premier già prima di assumere l’incarico.

Samuel Apa, uno dei partecipanti alla rivolta studentesca, ha detto che molti studenti come lui sono “pronti a sacrificare la propria formazione, perché ad altri gruppi della società è stato impedito di esprimere la rabbia contro questo governo corrotto”. Aggiungendo: “Se non lo facciamo noi nessun altro sarà in grado”.

Bisognerà attendere ora la fine del lungo weekend, legato a una festa nazionale, per vedere se l’ingiunzione giudiziaria di riprendere le lezioni servirà a tenere buoni gli studenti ribelli. Molti scommettono di no, ma nel frattempo le misure di sicurezza stanno diventando ogni giorno più rigide.

Condividi:

Comments Closed

Comments are closed. You will not be able to post a comment in this post.